Essere ragazzi FtM per.. motivazioni che reali non sono


Articolo di: Massimo Tiberio B. e Silvia Selviero

Moltissime volte ci siamo ritrovati a leggere in tantissimi vostri messaggi privati delle frasi che vengono usate anche in maniera scoperta e davanti a tutti come “prova” di una quasi accertata (e autodiagnosticata) disforia di genere, e che vorremmo affrontare qui per evitare che alcune persone abbiano confusione riguardo al percorso di transizione, e a cosa significa essere persone disforiche.



  • Mi sento maschio
  • Da piccolo giocavo con i maschi
  • Mi sono sempre vestito da maschio e odio i vestitini
  • Non mi piace il mio corpo
  • Provo invidia per i ragazzi
Nel caso ci fossero persone nuove in ascolto: non siamo degli psicologi né abbiamo intenzione di sostituirci a degli psicologi, perché non è di nostra competenza, non abbiamo questa presunzione e non ci interessa attribuirci qualifiche non vere. Ma Massimo è un FtM, una persona transessuale e da molti anni siamo due attivisti (Nota: Silvia dice che potrebbero evitare di dire “pseudoattivisti” perché nonostante non abbiamo una sede fisica al di fuori del web lo siamo per davvero, e questa volta Massimo gliel’abbona) per i diritti delle persone transgender, e la nostra esperienza personale unita a quella della comunità FtM ci rendono informati a sufficienza sull’argomento da poterci permettere di soffiare via un po’ di polvere di ignoranza (non polvere di fata, purtroppo, miei cari unicorni queer!) dallo specchio di questa realtà (transessuale).

Ovviamente non abbiamo le risposte per tutti, neanche possiamo scrivere che queste frasi non abbiano importanza perché bisognerebbe anche metterle in un contesto specifico per ognun* di voi anziché prenderle alla leggera e dire che non c'entrino nulla con la disforia di genere.

Ma abbiate presente che dopo anni in cui le sentiamo ripetere ci piacerebbe poter aiutare chi di dovere a schiarirsi le idee, ad ascoltare e capire se stess* in maniera più autentica di prima che venisse da noi a fare domande, e che rimaniamo un po’ sconcertati che in sé per sé vengano viste come delle prove lampanti dell’essere ragazzi FtM.


Punto 1) “mi sento maschio” 

Cosa significa “maschio”? A Massimo la definizione di Wikipedia nella sua brevità non sembra errata:

(cit) [Dal punto di vista morfologico il maschio si differenzia per le caratteristiche tali da consentire lo scambio o la deposizione dei gameti.]

Nel nostro caso di carciofini sarebbe meglio dire “Uomo”

(cit) [La parola uomo deriva dal latino hŏmō, legato a hŭmus ‘terra', avente senso, quindi, di "terrestre"]

Tolta l’etimologia della parola, pensiamo più a fondo a cosa è e a cosa ci rende un Uomo.
Pensate di avere a disposizione dalla nascita una scatola; ad ogni azione che fate qualcuno metterà dentro la vostra scatola un biglietto con scritto M (maschio) e un altro F (femmina), ma su quali basi sceglieranno che biglietto mettere?
Basandosi su Ruoli e Stereotipi di Genere che altro non sono che “regole” imposte dalla società in cui la persona vive.

Esempio: Giochi con le macchinine= Maschio Metti la gonna= Femmina

Ma, appunto come abbiamo scritto prima, Maschio e Femmina sono solo parole che stanno a significare che una persona è nata con il pene e l'altra con la vagina, NON vanno a toccare l'identità di quella persona. Potrebbero combaciare, come nel caso delle persone cissessuali, ma non tutti i maschi si identificano come uomini e non tutte le femmine si identificano come donne, sennò i transessuali non esisterebbero.

Quindi riassumendo il tutto, dire “mi sento maschio” non è di certo la cosa più esatta che si possa dire, perché se c’è una cosa che il nostro percorso di vita dovrebbe insegnare è che l’identità non è solo quello che hai nelle mutande. E in quanto al “mi sento uomo perché mi rispecchio in norme sociali date ai nati col pene anche se io ho la vagina”, dato che non viviamo più nel Medioevo e che la società a passi piccoli cambia, non è voler fare il meccanico anziché l’infermiera a rendere tutte le persone vaginomunite dei potenziali FtM.

Domandatevi questo: Se foste cresciuti nella giungla da soli, in pieno isolamento avreste lo stesso problema?? Oppure, meglio: quando siete soli con voi stessi, nel vostro rapporto con voi stessi, nei momenti in cui nessun essere umano vi può guardare, il vostro malessere nel contemplare la vostra immagine c’è sempre o è minore, o addirittura scompare?? Quando non c’è nessuna persona lì a puntarvi il dito contro e a dirvi come dovreste essere e in che casella vi dovete rinchiudere (e spero che queste idee non vi stuprino la testa e da soli abbiate un po’ di relax, i condizionamenti del genere sarebbero da denunciare al tribunale di voi stessi), il disagio che provate se ne va o non avete la più pallida idea di chi sia la persona che guardate allo specchio, non vi riconoscete e continuate a identificarvi con quello che nella vostra esperienza combacia con la descrizione fisica, mentale e nell’anima di un uomo??



Punto2) “Da piccolo giocavo con i maschi”

Arya ne sa qualcosa
Su questo Massimo può dire una cosa con cognizione di causa: “Sono un operatore d'infanzia (non significa che sono laureato in pedagogia ma che in teoria sono l'aiuto pratico della maestra effettiva) Potevo anche non dirlo, ma, scusate, dopo mesi passati a studiare lo vorrei scrivere da qualche parte, è anche una piccola (e grande) fonte di orgoglio.

Mi voglio specializzare nel Metodo MONTESSORI, e anche se non mi voglio mettere qui a fare una lezione sul metodo Montessori perché a Natale starei ancora a scrivere, il punto è che la filosofia del METODO è quello di rendere i bambini autonomi fin da piccoli.
(cit) “Aiutami a fare da solo”

Ovviamente si parla di scuola dell’infanzia (al momento, perché il metodo può essere applicato fino alle scuole superiori). Questo metodo nato in Italia è stato oggetto di mille critiche, quindi le scuole attualmente in Italia che usano questo metodo sono pochissime, nel resto del mondo centinaia se non migliaia.

Voi vi chiederete, vabbé, ma che caspio centra?
C’entra perché ci capa!



Come il Metodo Montessori insegna i bambini non hanno né bisogno né voglia di giochi che rispecchino il loro sesso biologico e trovano più stimolante “imitare” gli adulti, di qualsiasi sesso siano, o usare materiali e oggetti di uso comune (date loro un telecomando e li renderete felici).

Dire che giocavate con i giochi “da maschio”, non è una cosa a mio avviso significativa, perché sono sempre i nostri odiati ruoli di genere a classificarli così, e se non esistessero i ruoli di genere, i giochi verrebbero visti tutti per quello che sono: neutri, innocenti e adatti a chiunque ci voglia giocare.

Il lego, il pongo, la pista delle macchinine (quella da assemblare), e tanti tanti altri indirizzati per lo più a maschietti, o quelli che sviluppano la manualità, sono irresistibili per molte bambine, ma se le bambine ci giocano sono più scoraggiate dei bambini.
Un bambino che gioca con le bambole può tranquillamente giocare a fare il papà, oppure imita la mamma, questo non lo renderà sicuramente una ragazza MtF.

(cit) Il Gioco è un’attività libera e volontaria, deve essere piacevole, deve avere spazi e tempi stabiliti, non deve avere delle regole, ma deve essere svolto liberamente. Il gioco è il patrimonio originario dei bambini, mediante il quale entrano in relazione con il mondo. Il gioco è la terra di mezzo fra il paese del immaginario e lo stato di realtà.

Io ve l'ho fatta molto semplice, ma il discorso sarebbe più complesso di cosi.

Per approfondire il discorso Leggete Qui!

Punto3) “Mi sono sempre vestito da maschio e odio i vestitini”
Massimo: "Personalmente, non l'ho mai vista come una cosa “strana” che una bambina rifiutasse il vestitino, i motivi sono tanti, dal voler giocare comodamente senza stare a preoccuparsi che si vedano le mutandine, al semplice gusto estetico. (i bambini cominciano ad avere preferenze già prima di compiere un anno)
La cosa può essere diversa per la reazione che la bambina ha dopo averlo messo, ma anche lì è un po' come un campo minato percepire un qualsiasi spettro di disforia, ed è un discorso molto più complesso che non sta a me spiegare.

Posso dirvi che non tutti gli FtM da piccoli odiavano i vestitini e le bambole."

Silvia: "E' un po' come i giocattoli: i bambini potenzialmente si possono vestire con tutto, sono i loro gusti personali che li influenzano, in base alla comodità, eventualmente a chi hanno deciso di interpretare quando giocano, all'estetica, e ogni tanto anche alle reazioni scandalizzate di adulti e coetanei con meno apertura mentale di loro.

Sono una ragazza cissessuale e da piccola imitare mia mamma e le sue amiche vestendomi con tacchi alti e dando la pappa alle bambole mi annoiava da morire, quasi da gridare al modo il mio disgusto. Per me non c'era avventura, non c'era un conflitto, non c'era una storia interessante da creare, solo una passiva imitazione di una realtà che non mi interessava -- e non mi interessa moltissimo neppure tuttora!

Non è che odiassi le Barbie: semplicemente, mi servivo di loro come delle marionette delle storie che inventavo, un po' fantasy, un po' ispirate agli anime che vedevo in tv, un po' ispirati a quello che vivevo ogni giorno. Un Carnevale, quando avevo quattro-cinque anni, ho anche puntato i piedi per poter evitare il classico vestitino da Fata Turchina e vestirmi come il mio amato Paperino di Walt Disney, mentre il Carnevale più tardi mi sono vestita da streghetta. Non esistono solo lo stereotipo del maschiaccio e della femmina omologata quando si è bambine, ma uno spettro quasi infinito di visioni del mondo e di attività divertenti, e odiare alcuni giochi e alcuni vestiti non è sufficiente in sé per sé a determinare di non essere donne."




Punto4) “Non mi piace il mio corpo” 

Vi sveliamo un segreto: a nessun* piace il proprio corpo, gli troviamo sempre mille difetti.
In verità la maggior parte delle volte non ci piacciamo perché agli altri non piacciamo, vogliamo essere belli per farci dire che siamo belli.

Oppure perché seguiamo i canoni di perfezione dettati da moda, società, cultura, ecc..ecc...
Oppure perché i nostri canoni di perfezione sono nati di riflesso e agli antipodi di moda, società, cultura ecc. ecc.
Oppure perché abbiamo i nostri personali canoni di perfezione svincolati da moda, società, cultura e anche non necessariamente opposti a moda, società, cultura, ecc. ecc.
E tutte queste cose, signor* nostr*, le provano anche le persone cissessuali.

La Disforia di Genere non è il dire: “le tette sono scomode”, perché l'80% buono di persone che le possiedono sa che le tette in alcune circostanze sono scomode, perché se non sono elastiche e sbattono sul petto danno dolore, perché quando corriamo stanno sempre in mezzo e ci fanno vergognare, perché scappano dal reggiseno, perché il cibo si può infilare nella scollatura, perché sono così sessualizzate che diventano un’ossessione per noi e per chi le guarda, perché hanno i capezzoli troppo lontani, perché sono piene di smagliature e non assomigliano a quelle delle modelle, ecc..ecc... alcune se le rifanno così non scendono, o perché le vogliono più grandi e sode ecc.. Insomma, Madre Natura è stata generosa solo con pochissimi esseri umani.

La Disforia di Genere è molto, molto, molto più complessa. Anche se la sofferenza che abbiamo descritto sopra è profonda e reale, chi la prova, quando si guarda allo specchio, si riconosce.
Anche quando non si ama, anche quando non si accetta, anche quando vorrebbe essere completamente differente.
E quando prende in mano la sua vita, deve solo migliorare ciò che già sentiva ci fosse, e accettare ciò che invece si può accettare facendo un lavoraccio infame sulla propria autostima e sul proprio sé.
Invece con la disforia di genere non è un “fastidio”, non è un “disagio”, è proprio RIFIUTO, DISGUSTO, ALIENAZIONE, SMARRIMENTO, è guardarsi allo specchio e dire “Che cavolo ci fanno ‘ste du cose qui sul mio petto??”

Non perché siano ingombranti, non perché siano antiestetiche, non perché gli altri ci fanno vergognare di misura, forme e dimensioni.
Ma perché, in fondo a noi stessi, sappiamo che non ci dovrebbero essere.

Punto5) Provo invidia per i ragazzi”

Come non averla?!
Se noi fermassimo venti donne per strada, diciotto ci direbbero che invidiano i ragazzi, è matematico in una società come la nostra “civilissima” società italiana, dove il genere maschile sembra tenere alta la bandiera di un cosiddetto orgoglio virile (e chi vuole capire capisca) e le donne hanno dovuto lottare e lottano tuttora per cercare di arrivare a una parità reale anziché di facciata.
Ci credo che li si invidia! Ai ragazzi è permesso avere molta più libertà di muoversi giorno e notte in giro per il mondo senza la stessa paura atavica delle donne di essere molestati e uccisi e se sopravvivono sentirsi dire dalle stesse persone che li dovrebbero proteggere che se la sono cercata, ai ragazzi è permesso avere una vita sessuale promiscua ed essere guardati meno male (se non guardati con ammirazione per i disvalori sulla virilità che ci sono in giro), ai ragazzi è permesso puntare più sulle proprie doti, sul proprio talento e sui propri meriti che sul proprio aspetto fisico senza che li si accusi di cercare di restare celibi a vita come se fosse una disgrazia, ai ragazzi è permesso non mettere il matrimonio e le altre persone in cima alle proprie priorità senza che si gridi allo scandalo e all’egoismo e alla perdita della loro umanità, e potremmo continuare..

Ma anche se un ragazzo FtM avesse sperimentato il sessismo che si butta addosso alle donne sulla propria pelle – e a molti è successo – e anche se può tirare un sospiro di sollievo quando se ne libera col percorso di transizione, non è per quello che vuole essere riconosciuto come ragazzo.

Vuole essere riconosciuto come un ragazzo perché è ciò che ha sempre sentito e saputo di essere.

Pure quando non c’è nessun’altra persona accanto a lui, nei momenti in cui è sotto la doccia a canticchiare stonato qualche motivetto, nei momenti in cui si concede piaceri solitari (e non fate quelle facce, ormai dovreste essere abituati alle porcaccionate del nostro blog), nei momenti in cui fa il divo davanti allo schermo del tablet per farsi selfie che non condividerà mai su Instagram perché sono troppo intimi e personali (non necessariamente sconci), lui vuole riappacificarsi con l’uomo che è portandolo alla luce. Dando all’uomo che è l’opportunità di brillare della sua luce.

E anche se la storia nella finzione e nella realtà ci insegna che eroine come Mulan, Lady Oscar, Papa Giovanna e altre donne per avere uno status sociale, essere riconosciute come persone e avere la libertà di esprimere se stesse si sono dovute travestire da uomo, quando sono sole con se stesse LA RECITA TERMINA. Per loro è una maschera, il prezzo da pagare per dimostrare il loro valore in un mondo maschilista. Per donne come loro significa ingarbugliarsi in più veli, mentre per un ragazzo FtM essere riconosciuto come un ragazzo significa togliersi veli e finzioni di dosso, camminare verso l’autenticità anziché allontanarcisi, scoprire il vero se stesso anziché reprimerlo per convenienza. Nessuna recita, anzi, la recita per un ragazzo FtM termina proprio facendo il percorso di transizione.
Quindi siate sincer* con voi stess* quando dite di essere quasi senza dubbio disforici: è davvero così o state scappando da un malessere differente cercando un senso di appartenenza a una comunità che non è proprio la vostra?? Dalla risposta può derivare anche la vostra felicità.

Commenti

  1. Ciao, Massimo!
    Innanzi tutto complimenti per il sito, il canale YouTube e la pagina Facebook!
    Credo che questo post sia sufficientemente provocatorio da spingere le persone ad approfondire i loro problemi meglio (magari con l'aiuto di professionisti qualificati), ma stai attento a non affossare le persone insicure.

    Tu non sai quante volte ho temuto di essere rifiutato dalla comunità trans (la gang del T?) una volta che avessero scoperto che mi piaceva fare le ruote con le gonne giganti, pasticciarmi la faccia coi trucchi, leggere Sabrina Vita da Strega e W.I.T.C.H. e portare i gatti nel passeggino. Non tutti capiscono che fare le ruote con le gonne giganti è divertente, l'amore per i maghi e le streghe non pregiudica la tua identità di genere, truccare le facce è come colorare su superfici diverse e portare i gatti nel passeggino è solo un modo per divertirsi anche coi regali della nonna non richiesti.

    Insomma stai attento. Le mie paure mi hanno fatto vivere anni e anni di solitudine e confusione, maschere, repressione di varie parti di me, quindi non instillarle nei tuoi lettori. Piuttosto di solo che queste domande sono un punto di partenza, ma che l'automedicazione è sempre sbagliata e che la disforia di genere è un problema complesso, porta a scelte molto difficili e c'è un motivo per cui la transizione prevede supporto psicologico prima, dopo e durante.

    Lo

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    1. Massimo non ha letto questo commento, ma so che quando lo farà ti ringrazierà moltissimo per i complimenti, come me :) Lo scopo per cui abbiamo scritto l'articolo è proprio quello che hai detto: cercare di indurre a riflettere chi si butta immediatamente in una determinata realtà, chi si fa autodiagnosi sulla base di stereotipi pur di cominciare il percorso di transizione, e chi si rifiuta di fermarsi a riflettere anche se a rimetterci potrebbe risultare lui/lei/loro.. Non vogliamo scoraggiare chi potrebbe avere un disagio, vuole farsi e fare domande e senza dubbio non ci vogliamo sostituire a due psicologi, ma sono anni (per Massimo più di me) che leggiamo alcune affermazioni che ci fanno rimanere esterrefatti, le stesse che abbiamo riportato nell'articolo, e se attraverso l'analisi di tutte queste cose c'è chi avrà una comprensione più profonda di sé, sarebbe una cosa eccellente.

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  2. ciao, posso chiederti una cosa? Sono una ragazza sulla ventina e da qualche anno mi è venuta una sorta di .. invidia del pene. Mi piace il mio corpo , pur odiandone alcuni difetti ne apprezzo la femminilità, tranne che per i genitali, appunto. Vorrei davvero poter scambiare solamente questo, vorrei avere un pene maschile e non una vagina, insomma. Avere un ruolo attivo sessualmente. E questo desiderio non mi è mai venuto prima di qualche anno fa (quando ho iniziato ad avere relazioni con uomini). Non ho idea del perché mi sia venuta questa "invidia". Ha a che fare con la transizione tra un sesso e un'altro? Scusa l'anonimità ma non saprei con chi parlarne.

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  3. Ciao! Da quello che scrivi non penso proprio che tu possa voler cambiare sesso, stai tranquilla :)
    Esistono moltissime ragazze cissessuali attratte dagli uomini che vorrebbero un ruolo più attivo sessualmente, ruolo che nella società in cui viviamo viene molto spesso ridotto a un fatto di genitali e di simboli dietro ai genitali -- "la donna lo prende, l'uomo lo dà, l'uomo ha il pene ed è dominante, la donna ha la vagina ed è sottomessa, l'uomo passa all'azione la donna subisce l'azione."
    Fermo restando che non è sempre vero, visto che esistono donne nate anatomicamente maschi e uomini nati anatomicamente femmine, e visto che non tutte le persone con una vagina sono sessualmente passive/riceventi e non tutte le persone con un pene sono sessualmente attive/dominanti, questo è valido anche quando una donna (transgender o cisgender) fa sesso con un uomo, cisgender o transgender che sia.
    Moltissimo deriva dalle tue esperienze soggettive, da come ti hanno fatto sentire gli uomini con cui hai avuto rapporti sessuali, da come ti hanno trattato e da quanto sentissi di avere voce in capitolo.
    Ho conosciuto una ragazza lesbica cisgender in un gruppo per FtM e MtF che diceva di odiare gli uomini e di sentirsi superiore a loro ma che a letto amava penetrare le sue partner (con sex toys) e immaginare di avere un pene. Questo non l'ha fatta sentire meno donna o meno convinta di voler essere attiva, ha solo liberato la sua immaginazione erotica.
    E ti dirò di più: io sono etero e cissessuale e gli uomini non mi creano nessun problema né mi sento superiore o inferiore a loro (posso invidiare alcuni privilegi che hanno in un mondo sessista ma è una cosa differente), eppure talvolta amo penetrare il mio ragazzo e avere un ruolo attivo senza che lui si senta minacciato nella sua identità di uomo né io nella mia identità di donna. Facciamo ciò che preferiamo consapevoli che siamo noi stessi.
    In fin dei conti sessualmente dovremmo fare ciò che ci fa sentire meglio, e mai classificare la sessualità come "anormale" e "normale", pochissime cose lo sono. Sessualmente tutto dovrebbe essere permesso, finché c'è consenso, ci sono precauzioni e non si calpestano i sentimenti di nessun*. Dovrebbe essere il mondo esterno a piegarsi alla tua immaginazione, non il contrario. Quindi sentiti libera di fare quello che preferisci, di immaginare quello che preferisci e di non sentirti sbagliata o meno donna, non sarà mai il modo in cui facciamo sesso, chi vogliamo essere e che pratiche amiamo o odiamo a definire la nostra identità di genere.
    Nel caso avessi altri dubbi scrivimi, sarei lieta di rispondere. :)

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