Traduzione: Silvia Selviero
Ricerca: Massimo Tiberio B.
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Eugenia
Falleni (25
luglio 1875 – 10 giugno 1938) (altrimenti noto come Eugene Falleni,
Harry Leo Crawford e Jean Ford) è stato un uomo transessuale FtM
colpevole di omicidio.
I
primi anni
Nato
nei pressi di Livorno, in Italia (stando al resoconto dei familiari),
o a Firenze, Falleni era il primogenito di 22 figli, dei quali
diciassette (dieci maschi e sette femmine) arrivati all’età
adulta. Falleni emigrò con la sua famiglia a Wellington, in Nuova
Zelanda, all’incirca nel 1877, all’età di due anni. Suo padre,
severo e inflessibile, lavorò come carrettiere e pescatore, tra le
altre occupazioni, ed Eugenia, dopo essersi travestito ripetutamente
da uomo per ottenere lavori in mattonifici e stalle durante
l’adolescenza, lasciò la casa paterna sotto le sembianze di un
mozzo e iniziò a farsi chiamare Eugene Falleni. La sua famiglia fece
tentativi miserrimi di rintracciarlo dopo anni di ostilità e
opposizione per il suo comportamento. Sembra che Falleni sia stato
sposato anche ad un certo Marcello Falleni prima di arrivare a
Sydney.
L’Australia
e il matrimonio
Dopo
qualche anno in mare aperto, secondo le sue stesse dichiarazioni il
suo sesso di nascita fu scoperto a bordo in seguito a una
conversazione da ubriaco con il capitano della nave. Stavano parlando
in italiano quando Falleni accidentalmente affermò che sua nonna si
rivolgeva a lui dicendogli “piccolina” [1]. Nonostante profusi
sforzi, Falleni non riuscì ad alleviare i sospetti del capitano sul
suo sesso di nascita. Si ritrovò presto ad essere ostracizzato dagli
altri membri dell’equipaggio e divenne vittima di ripetuti stupri
da parte del capitano. Dal momento che per tradizione avere una donna
a bordo era considerato di pessimo auspicio, fu riportato a terra
incinto e indigente nel 1898 al primo porto disponibile: Newcastle,
in Australia.
Lo
stesso anno a Sydney partorì una figlia, Josephine Crawford Falleni,
e la affidò alle cure di una donna di origine italiana, la signora
De Angeles, di Double Bay. Assunse presto l’identità maschile di
Harry Leo Crawford, di origini scozzesi, recandosi a far visita alla
figlia solo di rado. Josephine definiva la signora De Angeles
“nonnina” e dichiarò in seguito che la sua “nonnina” le
aveva raccontato che suo padre era un capitano di marina.
Dopo
una serie di lavori manuali in mattatoi, pub e fabbriche di caucciù,
nel 1912, Falleni fu assunto da un certo Dottor G. R. C. Clarke di
Wahroonga, a Nord di Sydney come tuttofare e guidatore di carri. Fu
lì che incontrò la bellissima domestica del dottor Clarke, Annie
Birkett, rimasta vedova anni prima e con un figlio tredicenne da
accudire. Per Annie, Crawford era un giovane affascinante che le
prestava moltissima attenzione, ignorando le profferte di altre
impiegate.
Annie
e suo figlio si trasferirono a Balmain, dove Annie usò alcuni dei
suoi risparmi per aprire una pasticceria. Falleni la seguì e si
lasciò coinvolgere nell’attività. Il 19 febbraio del 1913, dopo
un breve corteggiamento, Crawford celebrò un matrimonio con Annie in
una chiesa metodista nel cuore di Balmain. Poco dopo il matrimonio la
coppia si spostò a Drummoyne, dove Falleni lavorò in hotel,
fabbriche e altri luoghi. Diversi testimoni, Falleni incluso,
dichiararono che Annie non era a conoscenza del fatto che suo marito
non fosse un uomo cissessuale, e che non lo fu fino a pochissimo
tempo prima di morire.
La
morte della Birkett, il secondo matrimonio e l’arresto
Nel
1917 una vicina disse a Annie che Falleni era una donna. Lei affrontò
il marito per avere spiegazioni e lui si rifiutò di confermare il
suo sesso di nascita, temendo che Annie lo denunciasse alla polizia e
lo facesse arrestare. Sembra che non molto più tardi Annie avesse
preso la decisione di portare a termine il matrimonio, mentre Falleni
avrebbe voluto che continuasse.
Il
1° ottobre 1917 Annie gli suggerì di andare a fare un picnic nei
pressi del Lane Cover River. Secondo le dichiarazioni seguenti di
Falleni alla polizia, i due ebbero un litigio dopo che lei rivelò di
avere intenzione di lasciarlo, perché le era impossibile continuare
il matrimonio sapendo che suo marito “era una donna”. Nel
racconto di Falleni, a un certo punto durante la discussione Annie
scivolò e cadde all’indietro, batté la testa contro una roccia e
perse conoscenza. Malgrado gli sforzi di salvarla di lui, Annie morì
in pochi minuti e Falleni, distrutto, si mise a riflettere in preda
al panico riguardo a cosa fare del cadavere. Non ci furono testimoni
quando lei cadde. Falleni infine decise di liberarsi del corpo di
Annie bruciandolo, così da rendere impossibile il riconoscimento.
Temeva che identificare il cadavere avrebbe condotto al suo arresto e
alla scoperta del suo sesso di nascita.
Il
corpo di Annie fu ritrovato in una macchia fuori da Mowbray Road, a
Chatswood, nell’ottobre del 1917. L’ufficiale medico di governo,
il dottor Palmer, informò il medico legale della città che
“… il cadavere era quasi del tutto carbonizzato. Non sono state trovate tracce distinte di violenza, e lo stomaco conteneva molto cibo. Non c’era odore di alcol, e gli organi del corpo erano in ottima salute. La morte è avvenuta… probabilmente a causa del fuoco.”
Il
corpo di Annie non fu identificato. I giornali riportarono alla
svelta che la polizia avesse scartato l’ipotesi di omicidio e
credesse fosse un caso di suicidio basandosi sui racconti di una
donna vista di recente nella zona “le cui maniere sono state
considerate bizzarre” e sulla scoperta di una piccola bottiglia di
kerosene. Il verdetto fu dichiarato, l’inchiesta chiusa, e i resti
furono sepolti in una bara con la scritta “Corpo di una donna non
identificata” al Rookwood Cemetery.
Quando
il figlio di Annie fece domande riguardo all’assenza della madre,
Falleni rispose che era scappata con un altro uomo. Un testimone del
futuro processo affermò anche che Falleni avesse detto che Annie si
fosse “schiarita le idee”
Nel
1919 Falleni conobbe Elizabeth King Allison, nota come Lizzie, e si
innamorò malgrado la sua convinzione che non gli sarebbe mai più
successo. Si sposarono a Canterbury nel settembre del 1919, e Falleni
diede come nome Harry Leo Crawford, come luogo di nascita la Scozia,
e come professione l’ingegnere meccanico. Fu poi notato in
tribunale che Lizzie aveva più di cinquant’anni all’epoca.
Dopo
la scomparsa della madre, il figlio di Annie si trasferì a
Woolloomooloo. Nel 1920 si recò a far visita alla zia, dicendole
“cose che condussero a un’intervista con la polizia.” Fu poi
riportato che lui avesse detto che in seguito all’essere tornato da
un finesettimana di vacanza e all’aver trovato la madre scomparsa,
Falleni l’avesse portato a un noto luogo di suicidi chiamato The
Gap, dove aveva lanciato sassi oltre una scogliera. Una settimana più
tardi, di notte, Falleni l’aveva portato in un’area boschiva nei
pressi di Manning Road, a Double Day, e gli aveva chiesto di scavare
una buca. Il ragazzo l’aveva fatto ed erano ritornati in città.
Falleni
fu arrestato il 5 luglio 1920 ad un hotel all’angolo di Paramatta
Road e Johnston , ad Annadale. Al momento dell’arresto chiese di
essere messo nelle celle delle donne. Aveva vissuto con Lizzie in una
casa a Stanmore, ma chiese che a sua moglie non venisse rivelato che
lui non era un uomo. Tra i suoi abiti maschili in una valigetta di
cuoio sigillata la polizia collocò un “articolo”,
successivamente esposto in tribunale, fatto di legno e gomma e
avvolto con dei panni cosicché avesse la forma di un fallo o di un
dildo.
Quando
Falleni fu portato alla Central Police Court con l’accusa di
omicidio c’era una vasta folla ad assistere, e l’avvocato di
Falleni, Maddocks Cohen, non lo fece rilasciare su cauzione. Un
giornale descrisse l’accusato:
“La donna accusata è singolare. Aveva una straordinaria rassomiglianza con un uomo, poiché di viso è mascolina. Indossava abiti maschili. Al banco degli imputati è apparsa chiaramente nervosa. Porta un anello d’oro al dito, e giocherellava con il corrimano del banco degli imputati. Nella mano destra reggeva un cappello di feltro grigio. I suoi capelli sono quasi neri e tagliati corti. Sono stati spazzolati con cura e hanno la riga a sinistra. Il suo viso è significativamente piccolo, specialmente attorno alla bocca. Ha rughe considerevoli, e suggerisce che sia più vecchia dei suoi dichiarati quarantatré anni. L’abbigliamento consisteva in un ben portato completo grigio, una maglietta da tennis bianca, e una cravatta verde in stile Broadway ben stirata. I suoi stivali erano palesemente di cuoio ben conciato.”
Dopo
l’arresto di Falleni e dopo la custodia preventiva, l’8 luglio
1920, l’ispettore generale di polizia “compì i passi necessari
per quanto riguarda la riesumazione” dei resti di Annie Birkett. Il
figlio di Annie, che lavorava come sarto, collaborò ancora con la
polizia, che lo considerava “un ragazzo brillante e intelligente.”
Nel frattempo fu riportato che la moglie di Falleni, Lizzie, lo
considerava “un marito ideale” e che avessero “una vita
matrimoniale molto felice”, ma che dal momento dell’arresto lei
fosse stata “così tormentata da telefonate e indiscrezioni da
essere costretta a cambiare casa.”
A
metà luglio, la figlia di Falleni fu rintracciata e diede “una
testimonianza interessante” alla polizia, e fu rilasciato un
mandato per la riesumazione dei resti di Annie Birkett. La seconda
riesumazione fatta post mortem ai raggi X non rilevò alcuna
informazione di rilievo e i resti di Annie Birkett furono dati alla
sua famiglia perché fosse seppellita a Woronora il 24 luglio 1920.
Il
processo, gli ultimi anni e la morte
Al
processo dell’agosto 1920 furono ascoltati il dentista che aveva
fabbricato i denti finti ritrovati tra i resti di Annie Birkett e la
sorellastra di lei, Lillie Nugent, che identificò anche un anello
con una gemma come appartenente a lei. Il figlio di Annie portò come
prova a sostegno che la madre avesse sposato Falleni solo a causa
dell’ostinazione di lui, e che dopo “ci furono solo litigi e mai
felicità.” Menzionò che si fossero trasferiti da sua zia, e poi
in un’altra località, e quanto Falleni “preoccupasse” sua
madre, e un incidente in cui Falleni li trovò e “fece tutto a
pezzi.” Ampliò la sua storia fino alla sua gita con Falleni a The
Gap e disse che Falleni si era avvicinato al limite della scogliera e
che voleva che lui facesse altrettanto, ma che lui si fosse rifiutato
perché “aveva sempre pensato di non piacergli” e in
quell’occasione “i suoi modi erano più sgradevoli.” L’avvocato
di Falleni, Maddocks Cohen, sollevò un’obiezione alla prova che
l’avesse portato a scavare una buca, ma il magistrato la respinse
sostenendo che era indicativa dello stato mentale di Falleni.
L’ufficiale medico di governo, il dottor Palmer, ripeté la sua
testimonianza affermando che la vittima potesse essere morta a causa
del fuoco e che fosse ancora viva quando il fuoco era stato
appiccato, e a mano a mano che la pelle le si riempiva di vesciche,
ma non era in grado di stabilire se fosse cosciente. Sentenziò
inoltre che i piccoli buchi sul teschio avrebbero potuto essere i
risultati del fuoco, ma che ce ne fosse uno più importante che
avrebbe potuto essere dovuto a una violenza. Henrietta Schieblich,
che aveva affittato una stanza a Falleni dopo la morte di Annie,
disse che Falleni le aveva detto che sua moglie l’aveva lasciato e
che avesse aggiunto “abbiamo avuto una bella litigata, e io le ho
fatto un buco in testa, al che mi è sembrato che lei si fosse
schiarita le idee.” Disse inoltre che Falleni avesse detto che
aveva intenzione di uccidere il figlio di Annie la notte in cui
l’aveva portato a scavare una buca. Un altro testimone appoggiò la
prova del figlio di lei che Falleni, il quale non sapeva leggere né
scrivere, avesse chiesto ad altri di controllare sui giornali se
veniva fatta menzione di un omicidio nelle settimane seguenti alla
scomparsa di Annie.
L’accusa
ottenne il permesso di interrogare la figlia di Falleni Josephine
come una testimone ostile e presentò le sue dichiarazioni fatte
sotto giuramento alla polizia come prova:
“Il mio primo ricordo di mia madre risale a quando avevo circa sette anni. Indossava sempre abiti maschili, ed era conosciuta come Harry Crawford. Fui cresciuta a Double Bay dalla signora De Angeles, che io chiamavo “nonnina”. La nonnina mi disse che Harry Crawford era mia madre, e che mio padre era il capitano di una nave. Mia madre fu molto crudele con me quando ero bambina, spesso si dimenticava di me. La nonnina mi disse mia madre aveva tentato di soffocarmi quando ero infante. La signora De Angeles morì quando avevo circa dodici anni, e mia madre mi portò a una piccola pasticceria di Balmain, gestito da una certa signora Birkett, che aveva un figlio chiamato Harry. Mia madre mi disse che la signora Birkett aveva dei soldi, e aveva sempre pensato che mia madre fosse un uomo. Dissi a mia madre: ‘Ti scoprirà uno di questi giorni.’ E lei rispose: ‘Oh, ci starò attento. Preferisco farla fuori anziché lasciar scoprire qualcosa alla polizia su di me.’ Mia madre mi disse di chiamarla sempre ‘padre’, e di non far sapere né alla signora Birkett né a nessun altro che era una donna. Non sapevo che mia madre fosse sposata con la signora Birkett, ma condividevano la camera da letto. Seguì una lunga discussione, e mia madre disse spesso ‘Altre gatte da pelare per te. Non riesco a dormire.’ Io replicai e le mi rispose ‘Oh, che figlia adorabile che mi ritrovo.’ Io dissi: ‘Cosa ti aspetti? Io mi ritrovo una madre adorabile.’ Nel 1917 incontrai mia madre, che mi disse che tutto era sconvolto e sottosopra, perché la signora Birkett aveva scoperto che lei era una donna. Mia madre sembrava molto agitata ed era molto reticente su se stessa.”
Al
processo per omicidio di Falleni tenutosi al tribunale di Darlinghust
nell’ottobre del 1920, “il caso dell’Uomo-Donna” ebbe un eco
rilevante presso la stampa, con l’accusato che appariva al banco
degli imputati ora vestito da uomo ora vestito da donna. La corte
penale […], anche se l’accusa fu reticente quando c’era da
“riferirsi ai rapporti che intercorrevano tra l’accusata e la
defunta”, perché “c’erano delle questioni che non voleva
riportare in presenza di donne.” Fu rimproverata dal presidente
della corte suprema Sir William Cullen, il quale rispose che “se
delle donne venivano portate in tribunale per un crimine non andavano
considerate nemmeno per un momento.” L’avvocato dell’accusa
concluse quindi informando che l’accusata “era così abile
nell’inganno” da essere riuscita a convincere due donne “per
anni” che fosse un maschio. Descritto all’epoca solo come “un
articolo”, fu più in là riportato dai giornali che le ricerche
della polizia nella casa che Falleni aveva condiviso con Lizzie a
Stanmore avevano portato al ritrovamento di un dildo appartenente a
Falleni in una borsa. Lo scambio tra Falleni e la polizia fu
riportato in tribunale:
“[Falleni] disse: ‘Lì troverà qualcosa che ho usato.’Detective: ‘Cos’è, qualcosa di artificiale?’[Falleni] rispose: ‘Sì, non lasciate che lei lo veda.’Detective: ‘Intende dire che lei non sappia nulla di questo?’[Falleni] disse che neppure la sua prima moglie ne sapeva nulla, ‘non fino all’ultima parte del nostro matrimonio.’”
Le
prove riportate da altri testimoni non furono sempre supportate dalla
corte penale. Mentre si trovava sulla strada per andare al lavoro,
David Lowe vide una donna che si comportava “da stupida” con una
valigetta, la quale scomparve nella macchia a 182 metri dal punto in
cui vennero ritrovati i resti carbonizzati. E l’ispettore di
polizia Mayes era uno di quelli che suggerirono, alla prima indagine,
che il corpo avesse potuto appartenere ad una donna che si era data
fuoco per sbaglio.
Falleni
si professò non colpevole di omicidio, ma alla giuria servirono solo
due ore per pronunciare il verdetto, e lui fu giudicato colpevole e
condannato a morte. Quando il presidente della corte suprema gli
chiese se avesse qualcosa da dire, Falleni si consultò con
l’avvocato prima di dichiarare: “Ho passato tre mesi al carcere
di Long Bay. Sono prossimo a una crisi di nervi, e non sono
colpevole, vostro onore. Non ho nulla a che vedere con questi capi di
imputazione. È solo attraverso delle false prove che sono stato
incastrato.”
A
metà ottobre Falleni riuscì ad ottenere un appello, sostenendo che:
“… il verdetto emesso dalla giuria era contrario all’evidenza, e le prove portate alla corte sono state deboli e meramente circostanziali; che il caso d’accusa era stato distrutto dalla medesima rilevanza medica fornita alla corte; che l’identificazione della persona che sembrerebbe aver visto Falleni nei pressi di un luogo dove venne poi ritrovato il corpo carbonizzato era insoddisfacente, e che il protrarsi del processo aveva reso l’accusata nervosa e fisicamente incapace di rilasciare dichiarazioni sui fatti, fatti che avrebbero provato quanto fossero circostanziali le prove…”
La
corte d’appello criminale archiviò il caso sentenziando che la
giuria “era giunta alla conclusione che l’accusata fosse la
persona che avesse ucciso la donna, non importa con quale intenzione,
ed è stata giustificata ad emettere un verdetto di colpevolezza.”
La
condanna di Falleni fu commutata all’ergastolo, ma la sua
cosiddetta immoralità nello spacciarsi per un uomo ebbe grande
fortuna presso la stampa popolare, che lo dipinse come un mostro e un
pervertito.
Amici
di Falleni e “lavoratori in prigione” organizzarono petizioni “in
diverse occasioni” per il suo rilascio, e nel febbraio del 1931,
dopo una visita di un’ora con il prigioniero, il ministro della
giustizia, il signor Lamaro, gli concesse la libertà sostenendo che
avesse quasi sessant’anni e “non godesse di robusta salute.”
Dopo aver lasciato il carcere di Long Bay, Falleni fu portato in
macchina “verso una destinazione ignota”. All’interno
dell’Evening
News furono
sollevate di nuovo domande sul caso, come sul fatto che non ci fosse
certezza che il cadavere fosse quello della Birkett, sulle fratture
sul teschio e sugli effetti del fuoco, sulla possibilità di un
avvelenamento e sulla mancanza di “prove definitive che Falleni
avesse davvero preso la vita di quella donna.”
Nell’aprile
del 1935, quando l’ispettore Stuart Robson tenne un discorso
assumendo il ruolo di ufficiale in carico del distretto di polizia di
Broken Hill, rimarcò il suo coinvolgimento nel caso Falleni:
“Fui anche responsabile dell’arresto di Eugenia Falleni, il famoso uomo-donna. Era figlia di un capitano italiano e indossava abiti maschili e lavorava come mozzo. Seguitò a comportarsi da uomo, e ciò che questo comportò è ben noto. Fu accusata dell’omicidio di sua ‘moglie’, e fu condannata all’ergastolo. L’ho arrestata quando lavorava come un uomo, portava del rum nella cantina di un hotel di Sydney. Trascorsero tre anni dall’omicidio. Pensavo di aver arrestato un uomo, e non pensai ci fosse qualcosa di errato finché lei non si rifiutò di spogliarsi. Un dottore fece la scoperta. Successivamente è stata rilasciata ed è completamente scomparsa.”
Falleni
aveva assunto il nome di “Signora Jean Ford” ed era diventato il
proprietario di una pensione a Paddington, a Sydney. Il 9 giugno 1938
scivolò sul marciapiede di fronte a un’autovettura nelle vicinanze
di Oxford Street e fu investito, morendo il giorno seguente per le
sue ferite al Sydney Hospital. Fu identificato solo dalle impronte
digitali, e nella sua borsa furono ritrovati i 100 dollari che aveva
guadagnato vendendo la pensione subito prima dell’incidente.
L’indagine concluse si trattasse di una morte accidentale. Il
funerale di Falleni fu celebrato con l’ultimo nome che aveva
assunto e fu seppellito alla sezione della Chiesa di Inghilterra del
Rookwood Cemetery.
Eredità
Negli
anni intercorrenti, dopo la pubblicazione di un vasto ammontare di
speculazioni e varie contraddizioni sulla sua vita da parte della
stampa e dei giallisti popolari (alcune anche da parte di Falleni
stesso, che era cresciuto con la convinzione che travestirsi da uomo
fosse un crimine), il caso fu in larga parte dimenticato finché non
apparve una dettagliata biografia di Falleni di Suzanne Falkiner nel
1988, dopo la quale la sua storia fu riutilizzata da un vasto numero
di artisti, drammaturghi e registi di cortometraggi, curatori di
musei e fotografie, e accademici che si interessavano agli studi sul
genere. Nel 2012, Mark Tedeschi scrisse una biografia congetturale o
ampiamente romanzata di Falleni intitolata Eugenia
Falleni (Simon
and Schuster, 2012).
Un’opera
teatrale basata sulla vita di Eugenia della drammaturga neozelandese
Loray Parry ha avuto la sua premiere negli Stati Uniti alla State
University of New York at Neo Paltz il 1° marzo 2012.
Note:
[1]
In inglese a questo punto c’era una spiegazione sulla differenza
tra “piccolina” e “piccolino” e sul loro significato; ho
deciso di saltarla perché ho pensato non ci fosse bisogno di
riportarla ad un pubblico italiano.
Link
all’originale: http://en.wikipedia.org/wiki/Eugenia_Falleni
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