Transessualità a scuola: quello che si fa e quello che si potrebbe fare


Articolo di: Silvia Selviero

Come si è visto in altre occasioni, di recente la società sta cominciando a vedere in modo meno medievale la comunità LGBT, e l’effetto di questo spiraglio di nuova, rivoluzionaria apertura ricade anche sulle scuole. È senza ombra di dubbio un passo avanti che in molti licei si possa discutere con serenità di orientamento sessuale e identità di genere, che Vladimir Luxuria sia stata invitata al liceo Muratori di Modena dal corpo studentesco stesso per discutere di transessualità, e che nonostante le proteste (e addirittura la petizione) di alcuni genitori per fermare l’evento (le accuse sono sempre le stesse: “traviare i ragazzi”, “influenzarli profondamente”, “far loro ascoltare un unico punto di vista”, “fare proselitismo”) gli studenti abbiano reagito e l’assemblea ci sia stata, rivelandosi un successo.
È anche vero che ci sono molte resistenze da parte di genitori ignoranti, e per questo impauriti, e sono resistenze che hanno ripercussioni sui giovani. Alcuni genitori pensano che affrontare argomenti relativi alla sessualità con gli adolescenti sia deleterio; pensano che nascondere la faccenda e lavarsene le mani sia sufficiente per tenere i figli al sicuro “dai pericoli”. Tuttavia, è oggettivamente dimostrabile che in questo modo incoraggiano questi fantomatici “pericoli” anziché scongiurarli: incoraggiano i figli (che sono in pieno sviluppo anche sessuale) a cercare di informarsi da soli, e a volte le informazioni a cui hanno accesso sono frammentarie, sbagliate o inventate di sana pianta, così da trasformarli in irresponsabili e ignoranti allo stesso modo; incoraggiano i figli a parlare per sentito dire, a fingere di essere quelli che non sono, ad impoverirsi culturalmente, a soffrire se si accorgono di essere diversi dalla maggioranza, e a discriminare chi non corrisponde ad un ideale di maschile, femminile o comportamento sessuale in generale considerati come “accettabili”. E molto spesso, quando si menzionano persone omosessuali, pansessuali, bisessuali o transessuali, si dimentica del tutto la componente umana alla base di questi discorsi.
Ecco perché ci sono molti adolescenti convinti che chi è gay, lesbica, bisessuale o transgender sia una persona promiscua, fissata col sesso e definita solo dai propri atti sessuali. Ecco perché ci sono molti adolescenti che ancora confondono transessualità e omosessualità. Ecco perché ci sono molti adolescenti che danno per scontato che chi è transessuale abbia esperienza di prostituzione e illegalità. Ecco perché molti adolescenti (e come dicevamo prima, molti genitori) cascano dalle nuvole quando si vuole discutere di ragazze MtF e ragazzi FtM affrontando la scoperta di sé, il percorso interiore di ognun* di loro per arrivare all’accettazione di sé, le discriminazioni quotidiane di cui magari il resto del mondo non si accorge nemmeno perché considera tutto come implicitamente normale, il dolore ma anche la gioia che deriva dall’essere se stessi, liberi da qualsiasi etichetta. Semplicemente, non credono che parlare di transessualità in questi termini (in maniera intimista, introspettiva, delicata, rispettosa) sia possibile, e forse non gli è mai neppure venuto in mente.
E una cosa del genere deve finire.
Secondo la mia opinione, ci sono tantissime cose che si potrebbero fare per rendere più vivibili alle ragazze MtF e ai ragazzi FtM gli anni della scuola – anni in cui non di rado si riportano profonde ferite dovute proprio alla paura, all’odio, all’ignoranza e all’incomprensione degli altri. Sono cose che si possono e anzi si devono attuare alla svelta, e trattandosi di informazione conducono sempre ad una crescita personale, e mai a un impoverimento.
Cose che sarebbe necessario che la scuola facesse:
  1. Gli studenti italiani sono tra i primi in Europa per analfabetismo funzionale. Significa che, malgrado sappiano leggere, scrivere e far di conto, non dispongono delle competenze necessarie per orientarsi nel terzo millennio, che da un testo riescono ad estrapolare solo informazioni molto superficiali e che hanno una scarsissima preparazione per quanto riguarda l’utilizzo delle nuove tecnologie. Bisogna rendere consapevoli i ragazzi di questa realtà e fare in modo che reagiscano. Bisogna dare più importanza a materie che personalmente ho sentito spesso definire “secondarie” o “minori”, come l’informatica, l’educazione all’affettività, la psicologia, le lingue straniere, l’educazione civica, e favorire assolutamente la presenza di dibattiti in classe su temi di attualità. È inevitabile che da queste possibilità ad ampio raggio il tema della transessualità salti fuori, e c’è da ricordarsi che anche quello va incoraggiato. Imparare ad orientarsi nel terzo millennio significa conoscere anche la realtà transessuale, e disporre delle competenze per completare l’informazione anche per conto proprio – e soprattutto, per distinguere le fonti migliori per avere un’informazione di qualità, e non un’informazione macchiettistica e caricaturale. Se si parte dalle fondamenta per rendere i ragazzi in grado di apprendere, la via per discutere in maniera costruttiva di transessualità è tutta in salita.
  2. Rendere i ragazzi consapevoli della violenza che si può perpetrare nelle scuole. Vanno incoraggiati anche i dibattiti sul bullismo, che va prevenuto e conosciuto. Ed è inoltre fondamentale che i ragazzi capiscano che, malgrado la violenza sia inaccettabile in ogni caso, esistono vari tipi di bullismo, tra cui bullismo omofobico e transfobico. Cosa rende ai loro occhi una persona omosessuale o transessuale? Perché queste cose sono ai loro occhi sbagliate? Perché se vedono un ragazzo FtM o una ragazza MtF, un ragazzo gay o una ragazza lesbica vittime di angherie e insulti, molti si girano dall’altra parte? Perché alcuni studenti hanno più influenza di altri e per loro il regolamento non si applica in maniera altrettanto rigida? Qual è la differenza tra la lealtà verso i propri amici e la traduzione erronea di questa lealtà in “omertà quando i propri amici fanno i bulli verso altre persone”? Quando finisce lo scherzo e quando comincia la violenza, quanto è dannosa la violenza psicologica, e quanto queste cose sono influenzate dai propri pregiudizi personali e da un’informazione inaccurata su chi sia l’Altro? Non sarebbe meglio che tutti potessero studiare, relazionarsi e fare amicizia in un ambiente sicuro, accogliente e in cui sentirsi a proprio agio, liberi di esprimersi? Sono domande che i ragazzi devono porsi e sulle quali devono ragionare in molti modi. Più si arriva a comprendere cosa sperimentano gli altri, più si arriva all’empatia e alla conoscenza, e più i ragazzi FtM e le ragazze MtF che magari fino a poco prima tentavano di nascondersi e di reprimersi o soffrivano in silenzio avranno il coraggio di uscire allo scoperto e di venire appoggiati e accettati. E naturalmente, il discorso è valido anche per studenti che vengono discriminati in altri modi e per altri motivi.
  3. Organizzare più assemblee come quella condotta da Vladimir Luxuria, guardare più film, documentari e cortometraggi, proporre romanzi a tematica transessuale e sconfiggere il silenzio e i tabù di cui la scuola è impregnata. Le cose devono essere proposte dall’alto, dal corpo insegnanti, ma possono partire anche dal basso, dal corpo studentesco, o può esserci un misto delle due cose in cui si raccolgono suggerimenti da entrambe le parti. Più gli studenti si pronunciano interessati ad affrontare l’argomento in maniera sensibile, intelligente e per nulla voyeuristica, più ci sono possibilità che i loro desideri vengano presi sul serio, e che nessuno gridi alla “perdita di tempo” e alla “curiosità morbosa da scoraggiare”.
  4. Far sentire graditi, compresi e liberi gli studenti FtM e le studentesse MtF con tanti piccoli accorgimenti che dicano “Sappiamo che esistete anche voi e vogliamo rispettarvi come rispettiamo tutti gli altri.” Ora, ammetto che qui le mie conoscenze vacillano, perché da cissessuale non ho la verità in tasca sulle cose di cui gli adolescenti FtM e le adolescenti MtF abbiano bisogno a scuola, al di là di rendere nota la loro esistenza, ripulirla dalle etichette negative che altri ci hanno appiccicato, e partire ad informare dalle fondamenta per correggere l’ignoranza e la transfobia. Ma una cosa che di sicuro penso sarebbe gradita da molti è avere la possibilità di avere un bagno per sé a disposizione, così come uno spogliatoio per sé a disposizione, invece di costringerli a scegliere se affrontare di petto la situazione e andare nel bagno che sentono appropriato al loro genere col rischio di essere scoperti e puniti, o se reprimersi e affrontare l’umiliazione di adeguarsi al bagno per il proprio sesso fino alla fine del percorso di transizione. I piccoli dettagli sono fondamentali, e si accettano suggerimenti per migliorare ancora.
Cose che sarebbe necessario che i genitori ricordassero:
  1. Parlare di omosessualità e transessualità a scuola non condurrà i loro figli a diventare omosessuali e transessuali, perché queste, per dirla con Jacopo, sono cose che nascono con te, e nessuno può importele dall’esterno. Farà loro comprendere invece in che modo un’altra fetta di popolazione sperimenti il mondo, quante cose diano per scontate, li farà riflettere, e forse li trasformerà in persone più competenti, colte e percettive.
  2. Parlare di omosessualità e transessualità a scuola non significa descrivere graficamente i rapporti sessuali ai minorenni, perché essere gay, lesbiche, bisessuali e transgender è qualcosa di molto più complesso e sfaccettato, e che non può essere ridotto solo al sesso, nonostante quello che la tv si ostina a propinarci da tempo immemore. Significa rendere i giovani consapevoli del percorso di vita affrontato in media da una persona omosessuale, transessuale, pansessuale o bisessuale in una società che discrimina chi fa parte della sua categoria. Significa soprattutto rendere i giovani consapevoli che chi fa parte di queste categorie può essere altrettanto intelligente, sensibile, interessante, gentile, onest*, simpatic* e piacevole di chi non ne fa parte. Significa restituire tutte le sfaccettature che un essere umano può avere a chi viene quasi costantemente rappresentato come una macchietta a causa della disinformazione, dei pregiudizi e dei luoghi comuni.
  3. Consentire ai ragazzi FtM e alle ragazze MtF di frequentare la stessa scuola dei loro figli, lasciare che dichiarino apertamente quale sia la loro identità di genere e che chiedano il rispetto che meritano non toglie nulla ai loro figli, che possono continuare a studiare, relazionarsi con gli altri, intraprendere attività curricolari ed extracurricolari che li interessano e li soddisfano esattamente come prima. È un qualcosa “di più” e non un qualcosa “di meno”, e nessuno pretende che i loro figli debbano fare amicizia con i ragazzi e le ragazze in questione (anche se, nel caso in cui dovesse succedere, sarebbe quasi di sicuro una ricchezza e un affetto in più); si domanda soltanto di riconoscere e rispettare qualcosa di diverso da sé, e di ricordarsi che loro stessi sono diversi a proprio modo dagli altri, perché siamo tutti individui unici e irripetibili, con le nostre inclinazioni, le nostre ambizioni, le nostre esperienze, le nostre speranze, i nostri desideri e il nostro naturale modo di essere. E a dirla tutta, non bisogna mai dimenticare che, se si ha l’occasione di conoscerlo a fondo, questo “diverso da sé” potrebbe essere molto più “simile a sé” dell’apparenza.
  4. Consentire ai ragazzi FtM e alle ragazze MtF di avere determinati diritti (come l’accesso a un bagno o a uno spogliatoio privato) non significa che si stia riservando loro un trattamento speciale, o che godano di privilegi che il resto della scolaresca non ha. Al contrario: si sta riconoscendo che nella nostra società sono in una posizione svantaggiata, e che fino ad adesso le scuole hanno fatto poco e nulla per venire loro incontro e metterli in condizione di studiare in un ambiente confortevole, in cui possano sentirsi a proprio agio e rispettati, e nel quale possano allacciare rapporti interpersonali in tutta sicurezza. Allo stesso modo, protestare perché anche i propri figli (eterosessuali e cissessuali) abbiano un presunto “trattamento di favore” è una cosa molto immatura e poco percettiva da fare: se mi è concessa una provocazione usando un’immagine infantile, è un po’ come essere un ragazzino viziato che a Natale ha avuto cinque macchinine mentre un altro ragazzino ne ha avute solo due, e mettersi a frignare perché “non è giusto, lo favorite, ne voglio altre anche io” quando all’altro ragazzino ne sono regalate altre tre per arrivare allo stesso livello.
  5. È controproducente entrare nel panico e telefonare alla scuola per sfogare tutte le proprie preoccupazioni e la propria ira verso il tale professore o la talaltra vicepreside che hanno avuto l’ardire di proporre un documentario, un film o un cortometraggio a tematica transessuale alla classe dei propri figli. Non fa altro che confondere i propri figli, dare l’impressione che si voglia loro negare l’accesso a determinate informazioni e non consentire loro di crescere del tutto, far perdere loro fiducia nei genitori o nella scuola, far loro credere che debbano informarsi di nascosto per non incorrere nella disapprovazione dei genitori o che debbano “scegliere” se appoggiare la scuola o la propria famiglia. Li mette, in breve, in una posizione bruttissima, psicologicamente dolorosa e piena di incertezze e frustrazioni. C’è sempre da chiedersi quale sia il vero problema alla base della propria rabbia e della propria preoccupazione. Siamo così sicuri che quel film, quel documentario, quel cortometraggio siano tanto pericolosi? Perché non vederli di persona prima di giudicare? Non sarebbe meglio non lasciarsi fuorviare dal titolo o dall’argomento, saper andare oltre i propri pregiudizi, e verificare con i propri occhi il valore di qualcosa?
  6. Se la propria figlia o il proprio figlio fanno coming out come ragazza MtF o ragazzo FtM, non è “colpa” né della scuola, né della famiglia. Significa che ha avuto una presa di coscienza forte e incancellabile, che vuole rendere i genitori partecipi del proprio percorso interiore (e forse esteriore), e che ha ancora bisogno della guida degli adulti per barcamenarsi nella società con questa nuova consapevolezza. Significa che non esiste una colpa ma un merito, il merito di aver capito delle cose in più. Significa che ha avuto molto coraggio e che si conosce abbastanza a fondo. Certo, potrebbe conoscersi ancora più a fondo e tornare sui propri passi. Ma l’unico modo perché si chiarisca le idee una volta per tutte è lasciarla libera o lasciarlo libero di scoprire il mondo LGBT, invece di chiuderle o chiudergli la porta in faccia e credere imperterriti che sia colpa “della tv”, “della scuola”, “dei protocolli UNAR”, “della nostra società che non ha più valori” e così via.
  7. Senza una mano da parte dei genitori la scuola può fare passi avanti solo fino a un certo punto. In fondo nella vita non si finisce mai di imparare, no? Dunque, assieme alla crescita e alla maturazione dei propri figli, deve avvenire una crescita e una maturazione anche dei genitori attraverso l’informazione sulla comunità LGBT, sulla transessualità e così via. I genitori devono lasciarsi coinvolgere dai propri figli e dalla scuola, ascoltare e ricordare due mantra: “So di non sapere” e “Sapere è potere”. Perché solo con l’informazione si possono sconfiggere la paura, l’odio, l’ostilità, l’ignoranza, i cliché, i pregiudizi e i falsi miti da cui siamo attorniati. Solo con l’informazione possiamo imparare come si fa a sperimentare la vita, a sentire le persone e a connettersi con loro in maniera più completa. Solo con l’informazione possiamo abbracciare lo spettro intero dell’essere umano.

E quando si tratta di queste cose, direi proprio che il “fare proselitismo” e “la chiusura mentale derivata dall’ascoltare un unico punto di vista” sono gli ultimi pericoli di cui i genitori si devono preoccupare.

Commenti