"Se non avete né il tempo né la voglia di dedicare qualche minuto a leggere il mio articolo per intero, non vi preoccupate e fate un’altra cosa; penso che non ci sia nulla di più controproducente di una persona che è obbligata a informarsi quando si tratta dell’opportunità di farsi una cultura."
Soprattutto quando ti ritrovi a dover
scrivere un articolo su qualcosa che sta facendo morire di paura
tantissimi genitori in ansia per il benessere della loro prole.
Sapete, io li capisco. Quei genitori
che sono scesi in piazza a manifestare contro l’ideologia del
gender che temono per l’incolumità fisica e psichica dei loro
figli e di non poter avere parte attiva nella loro educazione, io li
capisco. Sono genitori che si sono ritrovati a vivere nella nostra
epoca, dove (all’incirca come nella Grecia ellenistica o nel
Seicento, come ho scritto sul mio blog) a causa di guerre di
vastissima portata che ci sono state o ci sono tuttora, a causa di
irrefrenabili cambiamenti sociali, culturali e tecnologici, in pochi
decenni il mondo è diventato completamente diverso da quello che
conoscevano quando erano loro ad essere bambini o ragazzi. Solo
all’inizio degli anni Novanta avere i genitori divorziati era
rarissimo rispetto ad oggi, i giovani non erano “oro blu”, venire
a contatto con così tante culture e così tanti punti di vista era
una cosa riservata a pochi intenditori, quelli che davvero volevano
affinare il proprio sapere viaggiando e non un’inevitabile realtà
che porta a non raccapezzarsi più nel proprio stesso Paese.
È più che normale, quando non sanno
tenere il passo con un mondo spietato che si trasforma a rotta di
collo e quando sono in crisi con se stessi e con quello con cui
devono fare i conti ogni giorno, che si guardino indietro, quando la
loro esistenza era più semplice, si affidino a qualche associazione
che a parole si preoccupi del benessere spirituale di chi la segue
(alias la Chiesa o chi per essa) e rifiutino in blocco qualsiasi
proposta ai loro occhi (di ignoranti) troppo estranea alla realtà in
cui sono nati e cresciuti possa avere un impatto sulle future
generazioni. L’esercito di quelli che si scagliano contro programmi
formativi come “Il gioco del Rispetto” (leggete
qui un assaggio delle calunnie che sono state scritte al riguardo)
al grido di
“Io ai miei figli inculcherò sani valori come
quelli che ho avuto io durante la crescita, non queste porcherie
imposte da un governo folle in un mondo folle, si stava meglio quando
si stava peggio, ma perché tanto clamore quando la vita si è sempre
vissuta senza problemi fino a questa legge assurda/questo decennio
maledetto/questo millennio tremendo?”
è vastissimo.
E lo ripeto, lo capisco; qualsiasi
genitrice o qualsiasi genitore abbia una coscienza e un amore per i
propri figli vorrebbe che crescessero sani e in grado di contribuire
alla società da persone responsabili ed equilibrate.
Ma qualsiasi sprazzo di
comprensione-mista-ad-indulgenza possa avere nei loro confronti viene
spazzato via davanti a una situazione del genere:
C’è un bambino che a occhio e
croce deve avere sette o otto anni nell’ufficio della Preside. È
grassottello, con i lineamenti un po’ più dolci e meno virili per
la sua età, ha i capelli scuri che gli arrivano alla nuca, e una
frangetta che gli disegna una grande virgola sulla fronte. E anche se
addosso ha una maglietta con su scritto “I’m a Playboy”, tra le
mani stringe nervoso un cappellino rosso con una ciliegia. I suoi
occhi sono grandi, e guardano ovunque e da nessuna parte mentre la
Preside, con tutta la calma che riesce a trovare perché le è stata
imposta questa seccatura quando invece voleva andare a casa presto,
seccatura che deve gestire bene o sennò ne andrà del prestigio
della scuola, gli chiede di raccontarle perché abbia dato uno
schiaffo a uno dei suoi compagni. Il bambino balbetta, arranca con le
parole e le dice in modo confuso che non ne può più di sentirsi
ripetere che è stupido, debole e – anche se non lo esprimerebbe in
questi termini – immeritevole di avere amicizie e oggi è scattato
contro quello che a conti fatti è il suo bullo. Che non capisce
perché non possa giocare con le bambole assieme alle sue compagne e
contemporaneamente avere degli amici maschi con cui giocare ai
videogiochi, e perché sia le bambine sia i bambini lo respingano, lo
spintonino, lo maltrattino e non lo invitino alle feste di
compleanno, anche se lui è gentile con tutti e non vede l’ora di
proteggere e prendersi cura di nuovi amici. Che non capisce perché
bambine e bambini debbano fare alcune cose separatamente, ma alle
feste di compleanno a cui non l’hanno mai invitato, né femmine né
maschi, c’erano bambine e bambini. Che ha provato a farsi accettare
quando ha capito che il rosa non gli poteva piacere e ha scelto un
cappello rosso, ma che non gli possono piacere neppure le ciliegie ed
è stanco di sentirsi ripetere che tutto quello che fa lo rende un
finocchio, anche se non ha idea di cosa significhi finocchio, e come
mai un bambino a cui piacciono le ciliegie sia un vegetale.
A queste parole la Preside serra le
labbra, livida, e pensa che affrontare un caso di bullismo contro
quella piccola checca sarebbe troppo faticoso, dispendioso e potrebbe
addirittura finire sui giornali, quindi passa alle maniere forti. Si
sporge verso di lui e gli spiega, con un tono che vorrebbe essere
premuroso ma a fatica trattiene lo sdegno, e che le piaccia o no il
bambino quello sdegno lo sente come se lei glielo stesse soffiando
addosso, e si nasconde incassando la testa tra le spalle ma sa che
non può scappare perché lei è un’adulta e agli adulti si deve
obbedire… che il suo compagno non l’ha preso in giro, stava
scherzando, voleva farlo reagire, voleva che il bambino tirasse fuori
le palle (no, questo termine non lo può usare di fronte a un minore,
quindi usa “tirare fuori il carattere”). È stato sciocchino lui
a non capire le sue intenzioni, che erano nel suo interesse. Che alla
sua età deve cominciare a crescere, ormai è a scuola, è un bambino
grande, e non può più permettersi di giocare con le bambole come
fanno le bambine. E quando lui le domanda “Perché?”, lei
risponde seccata “Perché tu sei un maschio e ai maschi quando si
fanno grandi le bambole non piacciono più”, e lui domanda di
nuovo, sempre più timido perché non vuole che la Preside racconti
ai suoi genitori che è stato maleducato, “Ma perché non posso
portare un cappello con le ciliegie se le ciliegie le mangiano anche
i maschi quando si fanno grandi?”, la Preside, che un po’ non sa
rispondere un po’ comincia a provare un’avversione per quella
stupida creaturina che da grande chissà come sarà, e che già
adesso non gli sembra né maschio né femmina ma una stupida virgola
nel mezzo come quella frangetta troppo da femminuccia che gli copre
la fronte, gli dice che sono cose troppo complicate da spiegare e che
deve cominciare a capirle, che deve osservare come si comportano gli
altri maschi della classe e non dargli più motivi per dirgli che
deve tirare fuori il carattere. “Sii come loro e non ti puoi
sbagliare”, sentenzia. “E non voglio più sentire che sei stato
troppo piccolo o troppo codardo da metterti a piangere. I maschi non
hanno paura di niente e non piangono. Si piange per le cose serie,
non per queste stupidaggini.”
Il bambino, che ormai ha
interiorizzato il fatto che è stupido e senza carattere e troppo
poco maturo per la sua età, evita di domandarle se si può piangere
quando quel compagno, prima che gli desse uno schiaffo, gli voleva
abbassare i pantaloni con la forza per vedere se aveva il pisellino o
se era proprio un finocchio, e anche se non conosce questa parola
essere un finocchio deve proprio essere una cosa tremenda, un essere
che non è nulla, più vegetale dei vegetali. Ma non sa che anche se
glielo domandasse e la Preside fosse obbligata a prendere
provvedimenti e a indagare finirebbe comunque nei guai, perché i
genitori del suo bullo negherebbero fino alla morte che il figlio
avrebbe mai potuto mettere le mani addosso a quel bambino con
tendenze strane e precocissime, il bullo sarebbe ancora più violento
e vendicativo perché “accusato ingiustamente”, e se gli capiterà
di difendersi di nuovo il bambino verrà allontanato dalla scuola e
messo sotto psicofarmaci perché ha problemi comportamentali.
Il bambino che ho descritto potrebbe
essere chiunque, da vostro figlio a un amico di vostra figlia.
Avrebbe potuto essere un vostro compagno di scuola, il compagno di
scuola di vostro padre, il figlio di una collega di vent’anni fa. È
un’immagine che trascende tempo e spazio e oggi come ieri, per lo
meno in Italia e in Occidente in generale, è davvero reale. È un
bambino che potrebbe avere una famiglia indissolubile o disastrata,
essere povero o benestante, figlio unico o con fratelli e sorelle,
con genitori distratti o premurosi. E non vi dirò neppure cosa lo
spinga a sentire, pensare e agire in un determinato modo; potrebbe
essere un bambino più remissivo degli altri e più vulnerabile di
fronte alla cattiveria imposta dai rigidi modelli a cui deve aderire
che da grande amerà le donne, un bambino che sia tutte queste cose
ma che da grande amerà gli uomini (o sia gli uomini sia le donne),
un bambino solo nel fisico perché nella mente e nell’anima è
sempre stato una bambina e si comporta come pensa che sia appropriato
per quello che sente di essere. A conti fatti le motivazioni sono
irrilevanti di fronte alle castrazioni psicologiche che subisce (e
che subirà se chi lo circonda non si farà una cultura) e all’odio
verso se stesso (o se stessa) che potrebbe sviluppare. Non importa
chi ami o chi sia, quello che ho appena descritto è comunque una
violenza che va prevenuta e condannata.
L’unica differenza è che al giorno
d’oggi, oltre a parlare di “famiglia assente”, “cattiva
educazione”, “cattive compagnie” e “traumi infantili” come
si è sempre fatto, il clima da caccia alle streghe che c’è nella
nostra società offre un comodo capro espiatorio: l’ideologia del
gender, che a quanto pare si sarebbe impossessata (o cercherebbe di
impossessarsi) del governo per convertire tutta la società a uno
stile di vita corrotto, immorale, perverso e promiscuo tipico di
persone gay, lesbiche, bisessuali e transgender.
E questo mi porta a rivelare una verità
più ovvia e più impenetrabile del mistero di Fatima: l’ideologia
del gender di cui si è tanto discusso e blaterato fino ad adesso NON
ESISTE. È uno spauracchio della Chiesa Cattolica per impedire
che un gruppo di persone oppresso da tempo immemore (ossia persone
gay, lesbiche, bisessuali o transgender) abbia alcuni diritti e più
voce in capitolo sulle loro vite perché per la religione Cattolica
sono peccatori da redimere o da cancellare prima che brucino
all’inferno. A testimonianza di ciò abbiate pure presente che
a) Le persone che la citano non sono
state in grado neppure di darle un nome preciso: “teoria
gender”, “ideologia del gender”, “teoria del gender”,
“ideologia gender”, o più semplicemente “il gender”, che non
si capisce se sia un oggetto, una persona o un mostro a tre teste
b) “Gender” di per sé è una
parola straniera e basta, priva di significato in italiano perché
non
è entrata nel vocabolario come “gay”, termine
conosciuto da quasi chiunque sia under 60. In italiano abbiamo il
“genere”, che viene usato per indicare i ruoli sociali dati al
maschile e al femminile, ma non è accidentale che per parlare di
questa (inesistente) ideologia si utilizzi lo stesso termine in
inglese: serve ad avvalorare la tesi che sia un’ideologia
importata dall’estero, un’imposizione dell’Europa, un effetto
collaterale della globalizzazione per distruggere le tradizioni
italiane, e così facendo si blocca qualsiasi proposta attuata da
stranieri possa avere un impatto positivo sulle nostre vite solo
perché è stata attuata da stranieri, o qualsiasi proposta per
rendere la vita delle persone LGBT (e anche se non sembra anche
alle persone eterosessuali e cissessuali che non si riconoscono in
alcuni stereotipi di genere che ingabbiano i loro comportamenti e il
loro naturale modo di essere e vorrebbero essere accettate per quelle
che sono davvero) più semplice perché adesso qualsiasi cosa le
riguardi è automaticamente “ideologia del gender” (Due ragazzi
si tengono per mano in strada come qualsiasi coppietta? Aiuto, il
Gender! Un’avvocatessa MtF va a fare la spesa come tutti gli altri?
Scappate, quella è il Gender! Due ragazze protestano perché sono
state cacciate ingiustamente dal cinema in quanto coppia lesbica? Che
schifo, ecco il Gender in azione! Un ragazzo FtM è protagonista di
un documentario sulla transessualità FtM in Italia? Odiosa
propaganda del Gender!)
c) Le uniche persone a tirarla in
mezzo sono quelle che ne sono terrorizzate, mentre se vi fate un
giro su qualsiasi sito lotti apertamente per i diritti LGBT non
troverete uno straccio di prova a sostegno di questa ideologia;
troverete solo frustrazione perché troppi ignoranti credono che
esista e articoli che si preoccupano di smentire tutte le cazzate che
sono state espresse da chi crede nell’esistenza di questa
ideologia.
Signore e signori, non esiste nessuna
ideologia del gender intrisa nei programmi ministeriali rivolti alla
scuola, in nessuna modifica della legge 164 per permettere a persone
transessuali di avere la rettifica anagrafica senza l’obbligo di
farsi sterilizzare e in nessun disegno di legge per permettere le
unioni civili anche a coppie omosessuali. Invece credere che un
ragazzo gay, un ragazzo FtM, una ragazza MtF, un* ragazz* queer, una
ragazza lesbica, un ragazzo bisessuale, un* ragazz* intersessuale sia
inferiore a chi è eterosessuale e cissessuale a prescindere perché
intrinsecamente malat*, pervers* e promiscu* è un’ideologia,
un’ideologia che ha pochissimi riscontri con la realtà, quando ci
si decide a documentarsi e a parlare con chi alcune discriminazioni
le sperimenta sulla propria pelle, a verificare da soli il valore o
il significato di qualcosa, a processare e a digerire le informazioni
anziché nasconderle sotto al tappeto perché sarebbero troppo
scomode per far quadrare un discorso – FtM Italia è un esempio
eccellente per farsi una cultura.
Ad esempio, se
guardate questo famosissimo spot di Provita e lo
fate da persone che si sono documentate, o sennò da persone con del
buonsenso, noterete che contiene un’accozzaglia di idiozie e
bugie da far paura.
“Hanno detto che dovrà scegliere
in futuro se essere uomo o donna, dipende da come si sente”: è
una cazzata, perché non si può scegliere di essere uomini o donne,
lo si è e basta. E come non mi stancherò mai di ripetere, spiegare
che alcuni ragazzini sono nati con un sesso biologico che non
combacia con la loro identità di genere (quindi ad esempio si
sentono ragazzini in un corpo di ragazzine) non toglie nulla a quelli
che sono perfettamente a posto nel loro sesso e nel loro genere. E’
solo cultura in più che può aiutare a fare chiarezza e a
districarsi in una giungla di definizioni. E proprio come non si può
imporre a una persona transessuale di ignorare la propria essenza o
di reprimersi, non si può imporre a chi non è transessuale di
esserlo e di andare contro se stessa – quindi quel “dovrà
scegliere” è una delle cazzate più grandi.
“Che è normale cambiare di
sesso”: nella nostra società non è assolutamente normale,
anzi, è visto come un’aberrazione dalla maggior parte delle
persone. Oltretutto “normale” è solo una parola a cui si
attribuiscono troppi significati. Se lo intendiamo come “è
giusto”, che mi sembra l’attribuzione più probabile in
questo contesto, può essere la scelta sbagliata per alcune persone e
la scelta giusta per altre persone (e dubito fortemente che a scuola
si potrebbe entrare nel merito del percorso di transizione a meno che
non ci siano alunni delle superiori che col consenso dei genitori lo
intraprendono). Si ritorna sempre al fatto che scoprire che
esistono anche altre realtà non cancella la propria. Quindi
pure questa è una cazzata.
“Che puoi essere quello che vuoi,
né uomo, né donna”: un’altra cazzata, dal momento che un
sacco di persone transgender che hanno sofferto di transfobia
interiorizzata si sono maledette per la propria identità e avrebbero
voluto nascere con il genere e il sesso allineati. NON si può
scegliere di essere uomini, donne o queer, si può solo fare finta
che una situazione non esista o affrontarla di petto, e soprattutto
NON si può obbligare qualcun* altr* a soffrire per la stessa cosa
che a se stessi darebbe la felicità. L’unica cosa che si può
scegliere è di vivere nella propria identità non scelta e
indissolubile in maniera più libera, senza preoccuparsi di rientrare
in uno stereotipo deciso arbitrariamente dagli altri, ma restando
sempre fedeli a noi stessi mentre cresciamo, allacciamo rapporti,
indaghiamo sul mondo che ci circonda e impariamo.
(Oltretutto quando si vuole
terrorizzare gli omofobi, i transfobi e i bifobi si tirano subito in
mezzo le persone queer, perché fanno molto più scandalo in una
società in cui non ci sono abbastanza informazioni su chi ha
un’identità non binaria, e non si spiega mai che sono solo una
parte della popolazione che non mira alla conquista dell’universo
ma solo a vivere la propria vita quotidiana in pace).
“Che qualsiasi orientamento
sessuale va bene”: vero, ma incompleto. Qualsiasi orientamento
sessuale va bene finché non si impone a chi non ce l’ha
(“Ti obbligo ad essere etero!” o “Ti obbligo ad essere
lesbica!” o “Ti obbligo ad essere gay!” o “Ti obbligo ad
essere pansessuale!” sono tutte violenze inenarrabili) e finché
non viene vissuto in maniera narcisistica, individualista e crudele
verso chi ne ha uno diverso – ossia quello che troppe persone
hanno fatto e fanno tuttora in un clima di inconsapevolezza e
sessuofobia.
“Che si può cominciare anche da
piccoli a fare sesso”: è una cazzata allucinante che mette a
nudo il pregiudizio radicato che chi è nel mondo LGBT sia per forza
pedofilo o pederasta, e che qualsiasi cosa sia collegata al mondo
LGBT abbia a che fare con un’attività sessuale compulsiva. Come se
chi è gay, lesbica, bisessuale o pansessuale non avesse una vita al
di fuori del sesso e lo vivesse sempre da sessodipendente. Come se
non fossero esseri umani che possono innamorarsi, avere amicizie,
avere dei valori e dei progetti per il futuro, ma solo un branco di
creature subumane inferiori e malate. Altri commenti sul video non
servono tranne uno, che non si è risparmiato neppure le solite
immagini del Pride, sempre quelle più provocanti ed “estreme”,
che ignorano chiunque ci vada in jeans e maglietta reggendo un
semplice striscione o che ignorano chiunque al Pride non ci
vada ma voglia avere lo stesso dei diritti.
E al di fuori di questo specifico spot
di questa specifica associazione, la disinformazione sta creando un
clima del terrore in senso più ampio.
Lo scopo di qualsiasi programma
formativo che si vuole attuare nelle scuole mirerebbe a
omosessualizzare la società, già tollerantissima di per sé verso
gay, lesbiche, bisessuali o transgender? Ditelo
al prossimo ragazzo etero che verrà mandato in coma dopo un
pestaggio da parte di sei persone perché era soprappensiero su un
autobus e gli è capitato di fissare l’omofobo sbagliato che ne ha
tratto conclusioni affrettate.
Lo scopo di spiegare a dei bambini
delle elementari che non importa se vivono con i nonni, con una mamma
e un papà, due mamme o due papà, una zia o uno zio, finché sono
amati, amano chi li accudisce e rispettano se stessi e il prossimo la
loro famiglia sarà sempre bellissima è di descrivere
graficamente i rapporti omosessuali per indurli ad essere preda di
pedofili? Ditelo alla prossima persona a cui verrà tappata la
bocca quando proverà a smentire
la circolare di Anna Maria Altieri, la Preside romana del liceo “Via
Micheli”, una bufala disgustosa che continua ad essere diffusa
impunemente e a cui troppi genitori hanno finito col credere,
o alla prossima persona che verrà accusata di essere “depravata”
e “di parte” perché ha
dato prova che la sua circolare fosse intrisa di bugie.
Lo scopo di spiegare a dei ragazzini
delle medie che è normale che si sentano spaesati di fronte a tutti
i cambiamenti della loro pubertà, che alcuni compagni e alcune
compagne sperimentano la disforia di genere, che c’è differenza
tra un disagio verso il proprio corpo e la disforia e che qualsiasi
sensazione nuova provino adesso è naturale e possono esprimere le
loro perplessità ad adulti competenti sapendo di trovare aiuto e
conforto sarebbe propaganda ideologica per cancellare le naturali
differenze tra uomini e donne? Ditelo
al prossimo adolescente che sarà spinto al suicidio per tutta la
violenza che ha dovuto sopportare con una scuola che gli diceva
costantemente, facendo orecchie da mercante, che se lo meritava
perché non era riuscito ad omologarsi e a cancellare la sua
natura. (Ho preso una notizia di diversi anni fa, prima che
scoppiasse l’ambaradan di falsità sulla teoria gender, ma volendo
ne
posso
trovare
tante
altre
più
recenti,
e non è un vanto per il nostro Paese)
Lo scopo di spiegare a dei ragazzi
delle superiori che va bene fare sesso finché rispettano i limiti
dell’altra persona e i propri, non corrono come se fosse una gara a
chi ha più partner e discutono della pressione del gruppo ad
ignorare i propri veri desideri, non discriminano gli adolescenti che
non corrispondono allo stereotipo del macho dongiovanni e le
adolescenti che non corrispondono allo stereotipo della pura finché
non trova l’uomo giusto e non si obbligano a recitare questi ruoli
se non li sentono come propri, non inorridiscono se alcune persone
sono gay o bisessuali anche se fossero le persone allo specchio, non
confondono le persone transessuali con chi è nel mercato del sesso e
non sono ignoranti quando si tratta di contraccettivi per la loro
sicurezza e quella di eventuali partner sarebbe spingerli a una
sessualizzazione precoce? Ditelo
alla prossima quindicenne incinta che verrà picchiata dal proprio
fidanzato perché hanno fatto sesso in modo irresponsabile,
inconsapevole e magari sotto coercizione e che sarà
etichettata come “una troia che ha rovinato l’esistenza a un
bravo ragazzo” dalla quasi totalità dei commentatori e delle
commentatrici dei social network, o alla
prossima ragazza MtF che, come Aurora Marchetti, non potrà uscire da
sola la sera senza essere aggredita da un gruppo di adolescenti
che credono che dal momento che è una ragazza MtF sia un giocattolo
sessuale da usare e di cui abusare.
Qualsiasi disegno di legge, qualsiasi
programma formativo, qualsiasi corso intensivo per gli insegnanti e
qualsiasi direttiva dell’Unione Europea, dell’Organizzazione
Mondiale della Sanità e del governo che si preoccupi di tematiche
relative al genere, alla sessualità e alla discriminazione spinta
da pregiudizi che spesso conducono alla violenza (dalla violenza
di genere ai protocolli per il percorso di transizione
all’autorizzazione dei registri delle unioni civili omosessuali
alla tutela legale per qualsiasi famiglia in cui non ci siano abusi
all’educazione sessuale o all’affettività nelle scuole alla
prevenzione del bullismo in ogni sua forma) sarebbero “cose da
grandi” che non dovrebbero toccare i bambini, i ragazzini e i
ragazzi al di sotto dei diciott’anni perché “devono giocare
in santa pace ed essere all’oscuro di queste realtà il più
possibile”, soprattutto perché “non è possibile che una
minoranza come le persone gay, lesbiche, bisessuali e transgender
pretenda di controllare tutto il resto della popolazione esercitando
diritti che sono solo un loro appannaggio e che a tante altre persone
non servono, specie a quelle così giovani”? Ditelo al
bambino che ho descritto più sopra, tutte le occasioni in cui
pensate che siano polemiche inutili, assurdità politicizzate e lotte
di una minoranza troppo lontana da voi. Quello non può essere
descritto come un caso estremo e isolato, è talmente comune che
forse l’avete visto stamattina.
Se siete arrivati fin qui, non
dimenticate che è stata una vostra scelta scoprire cosa pensassi
fino in fondo, non vi ho obbligati; non chiuderò la porta in faccia
a nessuno per quanto riguarda il dialogo (finché non cerca di
aggredirmi o di farmi il lavaggio del cervello, naturalmente), ma
è una porta che l’altra persona deve voler aprire, forte dello
stesso desiderio di cercare insieme una strada per rendere la nostra
vita sempre migliore.
Nostra. Non mia e di qualche fanatic*
stravagante e pericolos* che vuole convertire tutti al proprio stile
di vita. Nostra perché siamo tutti esseri umani. Perché tutti
meritiamo di essere noi stessi finché siamo felici e non facciamo
del male agli altri (allo stesso modo in cui non meritiamo di
chiedere scusa perché respiriamo). Perché tutti meritiamo di poter
fare del nostro meglio per rendere il mondo un po’ meno schifoso di
com’era prima che intervenissimo. Perché nessun bambino –
nessuno, a prescindere da quanto sia intelligente, discolo,
pettegolo, simpatico, burbero, affettuoso o quello che è – merita
una situazione come quella che ho appena descritto.
E finché quella che ho descritto sarà
un’esperienza fin troppo comune a tanti bambini, a tanti ragazzi, a
tanti adulti che ripeteranno la stessa cosa nei confronti di altri
bambini, ragazzi e adulti, io continuerò a scrivere che l’ideologia
del gender non esiste.
Esiste solo quello che ci hanno
insegnato a credere che sia sbagliato, anormale e pericoloso, (o
perché non l’abbiamo mai vissuto o perché l’abbiamo dimenticato
quando ci riguardava direttamente) e quello che possiamo fare al
riguardo.
Possiamo fare finta di informarci
leggendo e ascoltando quello che capita senza aprire occhi, cuore e
orecchie con l’idea che sono tutte stronzate dalla prima
all’ultima, che chiunque abbia un’esperienza diversa dalla nostra
sia sbagliato, che tutto quello che c’è oltre la porta di casa sia
male e che consentire a un’altra fetta di popolazione di avere gli
stessi diritti che noi già abbiamo sia un’invasione di spazio
intollerabile, un affronto al nostro modo di vivere o una violenza.
Possiamo compiere un percorso che ci
porta ad affrontare la nostra paura finché è la paura ad abbassare
lo sguardo per prima, avere la forza morale di dire “In effetti
questa ingiustizia non la conoscevo, è terribile che degli esseri
umani debbano soffrire così” e sapere di aver fatto attivamente
qualcosa per limitare le voci di corridoio e l’ignoranza.
O possiamo continuare a lagnarci perché
un gruppo di disgustosi pervertiti che una volta veniva mandato al
confino ma purtroppo al giorno d’oggi no ha deciso, perché vuole
fare le cose a modo suo anziché nel modo giusto, di sovvertire
l’ordine naturale delle cose, farci mancare il terreno sotto ai
piedi, renderci una società caotica destinata a distruzione e rovina
e farsi aiutare da tutta l’Europa ad organizzare un complotto ai
nostri danni di persone con una rettitudine e un equilibrio
infinitamente superiori – così rette ed equilibrate che ci
spaventa persino ammettere l’idea che una bambina da grande possa
diventare una scienziata e un bambino uno stilista senza che questo
pregiudichi la loro bontà, la loro umana decenza e il loro valore
come individui unici e irripetibili.
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