Sulla (inesistente) ideologia gender

Articolo di:  Silvia Selviero

 
"Se non avete né il tempo né la voglia di dedicare qualche minuto a leggere il mio articolo per intero, non vi preoccupate e fate un’altra cosa; penso che non ci sia nulla di più controproducente di una persona che è obbligata a informarsi quando si tratta dell’opportunità di farsi una cultura."

Soprattutto quando ti ritrovi a dover scrivere un articolo su qualcosa che sta facendo morire di paura tantissimi genitori in ansia per il benessere della loro prole.

Sapete, io li capisco. Quei genitori che sono scesi in piazza a manifestare contro l’ideologia del gender che temono per l’incolumità fisica e psichica dei loro figli e di non poter avere parte attiva nella loro educazione, io li capisco. Sono genitori che si sono ritrovati a vivere nella nostra epoca, dove (all’incirca come nella Grecia ellenistica o nel Seicento, come ho scritto sul mio blog) a causa di guerre di vastissima portata che ci sono state o ci sono tuttora, a causa di irrefrenabili cambiamenti sociali, culturali e tecnologici, in pochi decenni il mondo è diventato completamente diverso da quello che conoscevano quando erano loro ad essere bambini o ragazzi. Solo all’inizio degli anni Novanta avere i genitori divorziati era rarissimo rispetto ad oggi, i giovani non erano “oro blu”, venire a contatto con così tante culture e così tanti punti di vista era una cosa riservata a pochi intenditori, quelli che davvero volevano affinare il proprio sapere viaggiando e non un’inevitabile realtà che porta a non raccapezzarsi più nel proprio stesso Paese.
È più che normale, quando non sanno tenere il passo con un mondo spietato che si trasforma a rotta di collo e quando sono in crisi con se stessi e con quello con cui devono fare i conti ogni giorno, che si guardino indietro, quando la loro esistenza era più semplice, si affidino a qualche associazione che a parole si preoccupi del benessere spirituale di chi la segue (alias la Chiesa o chi per essa) e rifiutino in blocco qualsiasi proposta ai loro occhi (di ignoranti) troppo estranea alla realtà in cui sono nati e cresciuti possa avere un impatto sulle future generazioni. L’esercito di quelli che si scagliano contro programmi formativi come “Il gioco del Rispetto” (leggete qui un assaggio delle calunnie che sono state scritte al riguardo) al grido di

 “Io ai miei figli inculcherò sani valori come quelli che ho avuto io durante la crescita, non queste porcherie imposte da un governo folle in un mondo folle, si stava meglio quando si stava peggio, ma perché tanto clamore quando la vita si è sempre vissuta senza problemi fino a questa legge assurda/questo decennio maledetto/questo millennio tremendo?

è vastissimo.
E lo ripeto, lo capisco; qualsiasi genitrice o qualsiasi genitore abbia una coscienza e un amore per i propri figli vorrebbe che crescessero sani e in grado di contribuire alla società da persone responsabili ed equilibrate.

Ma qualsiasi sprazzo di comprensione-mista-ad-indulgenza possa avere nei loro confronti viene spazzato via davanti a una situazione del genere:



C’è un bambino che a occhio e croce deve avere sette o otto anni nell’ufficio della Preside. È grassottello, con i lineamenti un po’ più dolci e meno virili per la sua età, ha i capelli scuri che gli arrivano alla nuca, e una frangetta che gli disegna una grande virgola sulla fronte. E anche se addosso ha una maglietta con su scritto “I’m a Playboy”, tra le mani stringe nervoso un cappellino rosso con una ciliegia. I suoi occhi sono grandi, e guardano ovunque e da nessuna parte mentre la Preside, con tutta la calma che riesce a trovare perché le è stata imposta questa seccatura quando invece voleva andare a casa presto, seccatura che deve gestire bene o sennò ne andrà del prestigio della scuola, gli chiede di raccontarle perché abbia dato uno schiaffo a uno dei suoi compagni. Il bambino balbetta, arranca con le parole e le dice in modo confuso che non ne può più di sentirsi ripetere che è stupido, debole e – anche se non lo esprimerebbe in questi termini – immeritevole di avere amicizie e oggi è scattato contro quello che a conti fatti è il suo bullo. Che non capisce perché non possa giocare con le bambole assieme alle sue compagne e contemporaneamente avere degli amici maschi con cui giocare ai videogiochi, e perché sia le bambine sia i bambini lo respingano, lo spintonino, lo maltrattino e non lo invitino alle feste di compleanno, anche se lui è gentile con tutti e non vede l’ora di proteggere e prendersi cura di nuovi amici. Che non capisce perché bambine e bambini debbano fare alcune cose separatamente, ma alle feste di compleanno a cui non l’hanno mai invitato, né femmine né maschi, c’erano bambine e bambini. Che ha provato a farsi accettare quando ha capito che il rosa non gli poteva piacere e ha scelto un cappello rosso, ma che non gli possono piacere neppure le ciliegie ed è stanco di sentirsi ripetere che tutto quello che fa lo rende un finocchio, anche se non ha idea di cosa significhi finocchio, e come mai un bambino a cui piacciono le ciliegie sia un vegetale.
A queste parole la Preside serra le labbra, livida, e pensa che affrontare un caso di bullismo contro quella piccola checca sarebbe troppo faticoso, dispendioso e potrebbe addirittura finire sui giornali, quindi passa alle maniere forti. Si sporge verso di lui e gli spiega, con un tono che vorrebbe essere premuroso ma a fatica trattiene lo sdegno, e che le piaccia o no il bambino quello sdegno lo sente come se lei glielo stesse soffiando addosso, e si nasconde incassando la testa tra le spalle ma sa che non può scappare perché lei è un’adulta e agli adulti si deve obbedire… che il suo compagno non l’ha preso in giro, stava scherzando, voleva farlo reagire, voleva che il bambino tirasse fuori le palle (no, questo termine non lo può usare di fronte a un minore, quindi usa “tirare fuori il carattere”). È stato sciocchino lui a non capire le sue intenzioni, che erano nel suo interesse. Che alla sua età deve cominciare a crescere, ormai è a scuola, è un bambino grande, e non può più permettersi di giocare con le bambole come fanno le bambine. E quando lui le domanda “Perché?”, lei risponde seccata “Perché tu sei un maschio e ai maschi quando si fanno grandi le bambole non piacciono più”, e lui domanda di nuovo, sempre più timido perché non vuole che la Preside racconti ai suoi genitori che è stato maleducato, “Ma perché non posso portare un cappello con le ciliegie se le ciliegie le mangiano anche i maschi quando si fanno grandi?”, la Preside, che un po’ non sa rispondere un po’ comincia a provare un’avversione per quella stupida creaturina che da grande chissà come sarà, e che già adesso non gli sembra né maschio né femmina ma una stupida virgola nel mezzo come quella frangetta troppo da femminuccia che gli copre la fronte, gli dice che sono cose troppo complicate da spiegare e che deve cominciare a capirle, che deve osservare come si comportano gli altri maschi della classe e non dargli più motivi per dirgli che deve tirare fuori il carattere. “Sii come loro e non ti puoi sbagliare”, sentenzia. “E non voglio più sentire che sei stato troppo piccolo o troppo codardo da metterti a piangere. I maschi non hanno paura di niente e non piangono. Si piange per le cose serie, non per queste stupidaggini.”
Il bambino, che ormai ha interiorizzato il fatto che è stupido e senza carattere e troppo poco maturo per la sua età, evita di domandarle se si può piangere quando quel compagno, prima che gli desse uno schiaffo, gli voleva abbassare i pantaloni con la forza per vedere se aveva il pisellino o se era proprio un finocchio, e anche se non conosce questa parola essere un finocchio deve proprio essere una cosa tremenda, un essere che non è nulla, più vegetale dei vegetali. Ma non sa che anche se glielo domandasse e la Preside fosse obbligata a prendere provvedimenti e a indagare finirebbe comunque nei guai, perché i genitori del suo bullo negherebbero fino alla morte che il figlio avrebbe mai potuto mettere le mani addosso a quel bambino con tendenze strane e precocissime, il bullo sarebbe ancora più violento e vendicativo perché “accusato ingiustamente”, e se gli capiterà di difendersi di nuovo il bambino verrà allontanato dalla scuola e messo sotto psicofarmaci perché ha problemi comportamentali.

Il bambino che ho descritto potrebbe essere chiunque, da vostro figlio a un amico di vostra figlia. Avrebbe potuto essere un vostro compagno di scuola, il compagno di scuola di vostro padre, il figlio di una collega di vent’anni fa. È un’immagine che trascende tempo e spazio e oggi come ieri, per lo meno in Italia e in Occidente in generale, è davvero reale. È un bambino che potrebbe avere una famiglia indissolubile o disastrata, essere povero o benestante, figlio unico o con fratelli e sorelle, con genitori distratti o premurosi. E non vi dirò neppure cosa lo spinga a sentire, pensare e agire in un determinato modo; potrebbe essere un bambino più remissivo degli altri e più vulnerabile di fronte alla cattiveria imposta dai rigidi modelli a cui deve aderire che da grande amerà le donne, un bambino che sia tutte queste cose ma che da grande amerà gli uomini (o sia gli uomini sia le donne), un bambino solo nel fisico perché nella mente e nell’anima è sempre stato una bambina e si comporta come pensa che sia appropriato per quello che sente di essere. A conti fatti le motivazioni sono irrilevanti di fronte alle castrazioni psicologiche che subisce (e che subirà se chi lo circonda non si farà una cultura) e all’odio verso se stesso (o se stessa) che potrebbe sviluppare. Non importa chi ami o chi sia, quello che ho appena descritto è comunque una violenza che va prevenuta e condannata.

L’unica differenza è che al giorno d’oggi, oltre a parlare di “famiglia assente”, “cattiva educazione”, “cattive compagnie” e “traumi infantili” come si è sempre fatto, il clima da caccia alle streghe che c’è nella nostra società offre un comodo capro espiatorio: l’ideologia del gender, che a quanto pare si sarebbe impossessata (o cercherebbe di impossessarsi) del governo per convertire tutta la società a uno stile di vita corrotto, immorale, perverso e promiscuo tipico di persone gay, lesbiche, bisessuali e transgender.

E questo mi porta a rivelare una verità più ovvia e più impenetrabile del mistero di Fatima: l’ideologia del gender di cui si è tanto discusso e blaterato fino ad adesso NON ESISTE. È uno spauracchio della Chiesa Cattolica per impedire che un gruppo di persone oppresso da tempo immemore (ossia persone gay, lesbiche, bisessuali o transgender) abbia alcuni diritti e più voce in capitolo sulle loro vite perché per la religione Cattolica sono peccatori da redimere o da cancellare prima che brucino all’inferno. A testimonianza di ciò abbiate pure presente che

a) Le persone che la citano non sono state in grado neppure di darle un nome preciso: “teoria gender”, “ideologia del gender”, “teoria del gender”, “ideologia gender”, o più semplicemente “il gender”, che non si capisce se sia un oggetto, una persona o un mostro a tre teste

b) “Gender” di per sé è una parola straniera e basta, priva di significato in italiano perché non è entrata nel vocabolario come “gay”, termine conosciuto da quasi chiunque sia under 60. In italiano abbiamo il “genere”, che viene usato per indicare i ruoli sociali dati al maschile e al femminile, ma non è accidentale che per parlare di questa (inesistente) ideologia si utilizzi lo stesso termine in inglese: serve ad avvalorare la tesi che sia un’ideologia importata dall’estero, un’imposizione dell’Europa, un effetto collaterale della globalizzazione per distruggere le tradizioni italiane, e così facendo si blocca qualsiasi proposta attuata da stranieri possa avere un impatto positivo sulle nostre vite solo perché è stata attuata da stranieri, o qualsiasi proposta per rendere la vita delle persone LGBT (e anche se non sembra anche alle persone eterosessuali e cissessuali che non si riconoscono in alcuni stereotipi di genere che ingabbiano i loro comportamenti e il loro naturale modo di essere e vorrebbero essere accettate per quelle che sono davvero) più semplice perché adesso qualsiasi cosa le riguardi è automaticamente “ideologia del gender” (Due ragazzi si tengono per mano in strada come qualsiasi coppietta? Aiuto, il Gender! Un’avvocatessa MtF va a fare la spesa come tutti gli altri? Scappate, quella è il Gender! Due ragazze protestano perché sono state cacciate ingiustamente dal cinema in quanto coppia lesbica? Che schifo, ecco il Gender in azione! Un ragazzo FtM è protagonista di un documentario sulla transessualità FtM in Italia? Odiosa propaganda del Gender!)

c) Le uniche persone a tirarla in mezzo sono quelle che ne sono terrorizzate, mentre se vi fate un giro su qualsiasi sito lotti apertamente per i diritti LGBT non troverete uno straccio di prova a sostegno di questa ideologia; troverete solo frustrazione perché troppi ignoranti credono che esista e articoli che si preoccupano di smentire tutte le cazzate che sono state espresse da chi crede nell’esistenza di questa ideologia.

Signore e signori, non esiste nessuna ideologia del gender intrisa nei programmi ministeriali rivolti alla scuola, in nessuna modifica della legge 164 per permettere a persone transessuali di avere la rettifica anagrafica senza l’obbligo di farsi sterilizzare e in nessun disegno di legge per permettere le unioni civili anche a coppie omosessuali. Invece credere che un ragazzo gay, un ragazzo FtM, una ragazza MtF, un* ragazz* queer, una ragazza lesbica, un ragazzo bisessuale, un* ragazz* intersessuale sia inferiore a chi è eterosessuale e cissessuale a prescindere perché intrinsecamente malat*, pervers* e promiscu* è un’ideologia, un’ideologia che ha pochissimi riscontri con la realtà, quando ci si decide a documentarsi e a parlare con chi alcune discriminazioni le sperimenta sulla propria pelle, a verificare da soli il valore o il significato di qualcosa, a processare e a digerire le informazioni anziché nasconderle sotto al tappeto perché sarebbero troppo scomode per far quadrare un discorso – FtM Italia è un esempio eccellente per farsi una cultura.

Ad esempio, se guardate questo famosissimo spot di Provita e lo fate da persone che si sono documentate, o sennò da persone con del buonsenso, noterete che contiene un’accozzaglia di idiozie e bugie da far paura.

Hanno detto che dovrà scegliere in futuro se essere uomo o donna, dipende da come si sente”: è una cazzata, perché non si può scegliere di essere uomini o donne, lo si è e basta. E come non mi stancherò mai di ripetere, spiegare che alcuni ragazzini sono nati con un sesso biologico che non combacia con la loro identità di genere (quindi ad esempio si sentono ragazzini in un corpo di ragazzine) non toglie nulla a quelli che sono perfettamente a posto nel loro sesso e nel loro genere. E’ solo cultura in più che può aiutare a fare chiarezza e a districarsi in una giungla di definizioni. E proprio come non si può imporre a una persona transessuale di ignorare la propria essenza o di reprimersi, non si può imporre a chi non è transessuale di esserlo e di andare contro se stessa – quindi quel “dovrà scegliere” è una delle cazzate più grandi.

Che è normale cambiare di sesso”: nella nostra società non è assolutamente normale, anzi, è visto come un’aberrazione dalla maggior parte delle persone. Oltretutto “normale” è solo una parola a cui si attribuiscono troppi significati. Se lo intendiamo come “è giusto”, che mi sembra l’attribuzione più probabile in questo contesto, può essere la scelta sbagliata per alcune persone e la scelta giusta per altre persone (e dubito fortemente che a scuola si potrebbe entrare nel merito del percorso di transizione a meno che non ci siano alunni delle superiori che col consenso dei genitori lo intraprendono). Si ritorna sempre al fatto che scoprire che esistono anche altre realtà non cancella la propria. Quindi pure questa è una cazzata.

Che puoi essere quello che vuoi, né uomo, né donna”: un’altra cazzata, dal momento che un sacco di persone transgender che hanno sofferto di transfobia interiorizzata si sono maledette per la propria identità e avrebbero voluto nascere con il genere e il sesso allineati. NON si può scegliere di essere uomini, donne o queer, si può solo fare finta che una situazione non esista o affrontarla di petto, e soprattutto NON si può obbligare qualcun* altr* a soffrire per la stessa cosa che a se stessi darebbe la felicità. L’unica cosa che si può scegliere è di vivere nella propria identità non scelta e indissolubile in maniera più libera, senza preoccuparsi di rientrare in uno stereotipo deciso arbitrariamente dagli altri, ma restando sempre fedeli a noi stessi mentre cresciamo, allacciamo rapporti, indaghiamo sul mondo che ci circonda e impariamo.
(Oltretutto quando si vuole terrorizzare gli omofobi, i transfobi e i bifobi si tirano subito in mezzo le persone queer, perché fanno molto più scandalo in una società in cui non ci sono abbastanza informazioni su chi ha un’identità non binaria, e non si spiega mai che sono solo una parte della popolazione che non mira alla conquista dell’universo ma solo a vivere la propria vita quotidiana in pace).

Che qualsiasi orientamento sessuale va bene”: vero, ma incompleto. Qualsiasi orientamento sessuale va bene finché non si impone a chi non ce l’ha (“Ti obbligo ad essere etero!” o “Ti obbligo ad essere lesbica!” o “Ti obbligo ad essere gay!” o “Ti obbligo ad essere pansessuale!” sono tutte violenze inenarrabili) e finché non viene vissuto in maniera narcisistica, individualista e crudele verso chi ne ha uno diverso – ossia quello che troppe persone hanno fatto e fanno tuttora in un clima di inconsapevolezza e sessuofobia.

Che si può cominciare anche da piccoli a fare sesso”: è una cazzata allucinante che mette a nudo il pregiudizio radicato che chi è nel mondo LGBT sia per forza pedofilo o pederasta, e che qualsiasi cosa sia collegata al mondo LGBT abbia a che fare con un’attività sessuale compulsiva. Come se chi è gay, lesbica, bisessuale o pansessuale non avesse una vita al di fuori del sesso e lo vivesse sempre da sessodipendente. Come se non fossero esseri umani che possono innamorarsi, avere amicizie, avere dei valori e dei progetti per il futuro, ma solo un branco di creature subumane inferiori e malate. Altri commenti sul video non servono tranne uno, che non si è risparmiato neppure le solite immagini del Pride, sempre quelle più provocanti ed “estreme”, che ignorano chiunque ci vada in jeans e maglietta reggendo un semplice striscione o che ignorano chiunque al Pride non ci vada ma voglia avere lo stesso dei diritti.

E al di fuori di questo specifico spot di questa specifica associazione, la disinformazione sta creando un clima del terrore in senso più ampio.

Lo scopo di qualsiasi programma formativo che si vuole attuare nelle scuole mirerebbe a omosessualizzare la società, già tollerantissima di per sé verso gay, lesbiche, bisessuali o transgender? Ditelo al prossimo ragazzo etero che verrà mandato in coma dopo un pestaggio da parte di sei persone perché era soprappensiero su un autobus e gli è capitato di fissare l’omofobo sbagliato che ne ha tratto conclusioni affrettate.

Lo scopo di spiegare a dei bambini delle elementari che non importa se vivono con i nonni, con una mamma e un papà, due mamme o due papà, una zia o uno zio, finché sono amati, amano chi li accudisce e rispettano se stessi e il prossimo la loro famiglia sarà sempre bellissima è di descrivere graficamente i rapporti omosessuali per indurli ad essere preda di pedofili? Ditelo alla prossima persona a cui verrà tappata la bocca quando proverà a smentire la circolare di Anna Maria Altieri, la Preside romana del liceo “Via Micheli”, una bufala disgustosa che continua ad essere diffusa impunemente e a cui troppi genitori hanno finito col credere, o alla prossima persona che verrà accusata di essere “depravata” e “di parte” perché ha dato prova che la sua circolare fosse intrisa di bugie.

Lo scopo di spiegare a dei ragazzini delle medie che è normale che si sentano spaesati di fronte a tutti i cambiamenti della loro pubertà, che alcuni compagni e alcune compagne sperimentano la disforia di genere, che c’è differenza tra un disagio verso il proprio corpo e la disforia e che qualsiasi sensazione nuova provino adesso è naturale e possono esprimere le loro perplessità ad adulti competenti sapendo di trovare aiuto e conforto sarebbe propaganda ideologica per cancellare le naturali differenze tra uomini e donne? Ditelo al prossimo adolescente che sarà spinto al suicidio per tutta la violenza che ha dovuto sopportare con una scuola che gli diceva costantemente, facendo orecchie da mercante, che se lo meritava perché non era riuscito ad omologarsi e a cancellare la sua natura. (Ho preso una notizia di diversi anni fa, prima che scoppiasse l’ambaradan di falsità sulla teoria gender, ma volendo ne posso trovare tante altre più recenti, e non è un vanto per il nostro Paese)

Lo scopo di spiegare a dei ragazzi delle superiori che va bene fare sesso finché rispettano i limiti dell’altra persona e i propri, non corrono come se fosse una gara a chi ha più partner e discutono della pressione del gruppo ad ignorare i propri veri desideri, non discriminano gli adolescenti che non corrispondono allo stereotipo del macho dongiovanni e le adolescenti che non corrispondono allo stereotipo della pura finché non trova l’uomo giusto e non si obbligano a recitare questi ruoli se non li sentono come propri, non inorridiscono se alcune persone sono gay o bisessuali anche se fossero le persone allo specchio, non confondono le persone transessuali con chi è nel mercato del sesso e non sono ignoranti quando si tratta di contraccettivi per la loro sicurezza e quella di eventuali partner sarebbe spingerli a una sessualizzazione precoce? Ditelo alla prossima quindicenne incinta che verrà picchiata dal proprio fidanzato perché hanno fatto sesso in modo irresponsabile, inconsapevole e magari sotto coercizione e che sarà etichettata come “una troia che ha rovinato l’esistenza a un bravo ragazzo” dalla quasi totalità dei commentatori e delle commentatrici dei social network, o alla prossima ragazza MtF che, come Aurora Marchetti, non potrà uscire da sola la sera senza essere aggredita da un gruppo di adolescenti che credono che dal momento che è una ragazza MtF sia un giocattolo sessuale da usare e di cui abusare.

Qualsiasi disegno di legge, qualsiasi programma formativo, qualsiasi corso intensivo per gli insegnanti e qualsiasi direttiva dell’Unione Europea, dell’Organizzazione Mondiale della Sanità e del governo che si preoccupi di tematiche relative al genere, alla sessualità e alla discriminazione spinta da pregiudizi che spesso conducono alla violenza (dalla violenza di genere ai protocolli per il percorso di transizione all’autorizzazione dei registri delle unioni civili omosessuali alla tutela legale per qualsiasi famiglia in cui non ci siano abusi all’educazione sessuale o all’affettività nelle scuole alla prevenzione del bullismo in ogni sua forma) sarebbero “cose da grandi” che non dovrebbero toccare i bambini, i ragazzini e i ragazzi al di sotto dei diciott’anni perché “devono giocare in santa pace ed essere all’oscuro di queste realtà il più possibile”, soprattutto perché “non è possibile che una minoranza come le persone gay, lesbiche, bisessuali e transgender pretenda di controllare tutto il resto della popolazione esercitando diritti che sono solo un loro appannaggio e che a tante altre persone non servono, specie a quelle così giovani”? Ditelo al bambino che ho descritto più sopra, tutte le occasioni in cui pensate che siano polemiche inutili, assurdità politicizzate e lotte di una minoranza troppo lontana da voi. Quello non può essere descritto come un caso estremo e isolato, è talmente comune che forse l’avete visto stamattina.

Se siete arrivati fin qui, non dimenticate che è stata una vostra scelta scoprire cosa pensassi fino in fondo, non vi ho obbligati; non chiuderò la porta in faccia a nessuno per quanto riguarda il dialogo (finché non cerca di aggredirmi o di farmi il lavaggio del cervello, naturalmente), ma è una porta che l’altra persona deve voler aprire, forte dello stesso desiderio di cercare insieme una strada per rendere la nostra vita sempre migliore.
Nostra. Non mia e di qualche fanatic* stravagante e pericolos* che vuole convertire tutti al proprio stile di vita. Nostra perché siamo tutti esseri umani. Perché tutti meritiamo di essere noi stessi finché siamo felici e non facciamo del male agli altri (allo stesso modo in cui non meritiamo di chiedere scusa perché respiriamo). Perché tutti meritiamo di poter fare del nostro meglio per rendere il mondo un po’ meno schifoso di com’era prima che intervenissimo. Perché nessun bambino – nessuno, a prescindere da quanto sia intelligente, discolo, pettegolo, simpatico, burbero, affettuoso o quello che è – merita una situazione come quella che ho appena descritto.

E finché quella che ho descritto sarà un’esperienza fin troppo comune a tanti bambini, a tanti ragazzi, a tanti adulti che ripeteranno la stessa cosa nei confronti di altri bambini, ragazzi e adulti, io continuerò a scrivere che l’ideologia del gender non esiste.
Esiste solo quello che ci hanno insegnato a credere che sia sbagliato, anormale e pericoloso, (o perché non l’abbiamo mai vissuto o perché l’abbiamo dimenticato quando ci riguardava direttamente) e quello che possiamo fare al riguardo.

Possiamo fare finta di informarci leggendo e ascoltando quello che capita senza aprire occhi, cuore e orecchie con l’idea che sono tutte stronzate dalla prima all’ultima, che chiunque abbia un’esperienza diversa dalla nostra sia sbagliato, che tutto quello che c’è oltre la porta di casa sia male e che consentire a un’altra fetta di popolazione di avere gli stessi diritti che noi già abbiamo sia un’invasione di spazio intollerabile, un affronto al nostro modo di vivere o una violenza.

Possiamo compiere un percorso che ci porta ad affrontare la nostra paura finché è la paura ad abbassare lo sguardo per prima, avere la forza morale di dire “In effetti questa ingiustizia non la conoscevo, è terribile che degli esseri umani debbano soffrire così” e sapere di aver fatto attivamente qualcosa per limitare le voci di corridoio e l’ignoranza.

O possiamo continuare a lagnarci perché un gruppo di disgustosi pervertiti che una volta veniva mandato al confino ma purtroppo al giorno d’oggi no ha deciso, perché vuole fare le cose a modo suo anziché nel modo giusto, di sovvertire l’ordine naturale delle cose, farci mancare il terreno sotto ai piedi, renderci una società caotica destinata a distruzione e rovina e farsi aiutare da tutta l’Europa ad organizzare un complotto ai nostri danni di persone con una rettitudine e un equilibrio infinitamente superiori – così rette ed equilibrate che ci spaventa persino ammettere l’idea che una bambina da grande possa diventare una scienziata e un bambino uno stilista senza che questo pregiudichi la loro bontà, la loro umana decenza e il loro valore come individui unici e irripetibili.




Commenti