Transessualità e cinema

Chi finge e chi fa sul serio?

 

 

Articolo di: Silvia Selviero 

Da qualche giorno c’è fermento per “The Danish Girl”, film di Tom Hooper con Eddie Redmayne e trasposizione cinematografica della vera storia di Lili Elbe, la prima donna MtF ad aver cambiato sesso (me cojoni!). Vi confesso che anch’io, appena visto il trailer, l’ho considerato un film valido, uno di quelli che hanno il potenziale di diventare una pietra miliare del cinema trans (e con un regista di talento, che è stato delicato e introspettivo e capace di toccare attraverso i suoi film precedenti, secondo me sarà valido anche senza tirare in mezzo la transessualità), ma non mi voglio sbilanciare troppo e per adesso vi dico solo che sono curiosissima di vederlo – ma la mia curiosità deve attendere fino al 4 febbraio, data di uscita italiana nelle sale, a meno che non decidano di rimandarlo ancora...
Tutta questa premessa per dirvi che, naturalmente, come succede per quasi tutti i film a tematica trans, si sono sollevate delle controversie per la scelta della protagonista, interpretata – come succede quasi sempre – da un attore cissessuale. Ed è su questo che voglio dire la mia.
Per chi fosse a digiuno della questione, vi faccio un riassunto lampo. Solo di recente la comunità transgender ha ottenuto più visibilità nei media, e c’è un rinnovato interesse per le tematiche relative all’identità di genere e alla disforia che sperimentano alcune persone che non si riconoscono nel loro sesso biologico. Questo si ripercuote anche sulla cultura di massa, ed ecco che più storie, testimonianze di persone transessuali davvero esistite o esistenti (o personaggi di fantasia nella narrativa e sul grande o sul piccolo schermo) cominciano ad essere raccontate e conosciute anche da un pubblico più ampio. Fino a pochi anni fa, fateci caso bene, quali erano le uniche storie di transessuali ad essere raccontate al cinema?
  • Quanto le persone transessuali (soprattutto le donne, perché i ragazzi FtM fino a pochissimo tempo fa erano quasi invisibili) fossero stravaganti, eccentriche, anormali, sgraziate, checche isteriche e macchiette su cui farsi grasse risate;
  • Quanto le persone transessuali fossero depresse, infelici, insoddisfatte, anormali, problematiche, destinate a un’esistenza di disperazione, spinte al suicidio o vittime di abusi e crimini d’odio;
E non credo ci sia bisogno di dirvi che una cosa del genere è una pessima, pessima pubblicità per la categoria. Non è bello sapere, quando vivi in un mondo transfobico dove meno ti fai vedere e meglio è, di essere usati solo come l’ultima battuta di una barzelletta o come una vittima su cui versare lacrime di coccodrillo, e non è bello sapere che comunque vada sarai sempre anormale – inteso nell’accezione di “sbagliato”, “da evitare”, “da riconvertire alla normalità” o “da eliminare”.
Quindi i risultati raggiunti da alcuni anni da attivisti e attiviste che hanno fatto luce su questa realtà e si sono fatte e fatti ascoltare sono meravigliosi. Ecco che si comincerà a raccontare qualcos’altro al cinema, e con più competenza! Fantastico, no?
Non proprio.
Perché adesso come allora rimane l’abitudine di scegliere nove volte su dieci attori e attrici che non sono transessuali per interpretare personaggi transessuali. E su questo la comunità transgender ha opinioni contrastanti che tenterò di sintetizzare.
Le persone più “battagliere” sostengono che sia offensivo, dopo essere state sfruttate, ridicolizzate, usate e abusate da tempo immemore, sapere che se Hollywood o chi per essa si interessa a questa tematica chi la vive sulla propria pelle avrà scarsissime chance di poter dimostrare il proprio valore recitativo e umano. Hollywood è piena di attori e attrici cissessuali, perché quando si decide a raccontare anche la storia di chi non lo è gli attori e le attrici transessuali che stanno cercando di farsi conoscere, fare carriera, magari usare il loro talento e il loro esempio per ispirare altre persone transessuali che non hanno modelli da seguire della loro stessa identità di genere sono quasi sempre scartat* a prescindere a favore di una maggioranza privilegiata? Quasi sicuramente è transfobia pure questa. Scrivere di una minoranza storicamente oppressa comporta una buona dose di responsabilità, e serve molta sensibilità per essere realistici e rispettosi nel rappresentarla, cosa che non tutti quelli che non hanno sperimentato la disforia di genere possiedono. Ogni tanto ci riescono e decidono di documentarsi a fondo e non ascoltando due o tre persone transessuali per poi fare a modo loro, ma spesso si rigirano le cose come preferiscono solo per rendere più figo il loro film, per attirare più pubblico, e rappresentano comunque in maniera macchiettistica e caricaturale personaggi che ancora al giorno d’oggi devono subire molte discriminazioni (Rayon di “Dallas Buyers Club” è un esempio eccellente di questo, come ho scritto pure sul mio blog).
Le persone più “moderate”, invece, sostengono che non tutti i film per essere di qualità devono essere militanti, che ci sono state persone cissessuali che hanno interpretato transessuali in maniera commovente, impegnandosi, documentandosi e anche grazie a questo ruolo sono diventate attiviste (si veda Hilary Swank nei panni di Brandon Teena in “Boys Don’t Cry”, e il modo in cui il ruolo l’ha influenzata rendendola molto impegnata civilmente per le persone LGBT). Che interpretare soltanto “chi è come me” rifiutando di capire un personaggio, immedesimarsi, trovare cose in comune e cercare di diventare quel personaggio sullo schermo anche se è “diverso da me” è la morte della recitazione. Che non c’è scritto da nessuna parte che una persona cissessuale non possa dimostrare empatia, sensibilità e umanità e non decida di raccogliere quante più testimonianze possibili o restare nei panni del loro personaggio anche al di fuori dal set per avere un assaggio delle discriminazioni transfobe (Hilary Swank l’ha fatto) solo perché nel mondo in cui viviamo chi è cissessuale è privilegiat* rispetto a chi è transessuale. Che forse, prendendo attori e attrici famosi, un pubblico generico e ignorante si recherà al cinema, la tematica del film avrà ancora più visibilità e forse, lentamente, attori e attrici transessuali saranno più inclini ad ottenere delle parti perché l’interesse per loro crescerà.
E poi ci sono io, che ho deciso di esporre qui le mie riflessioni al riguardo.
Per molto tempo ho empatizzato con chi si vedeva zittire al grido di “I registi e le registe possono fare quello che cazzo gli pare, smettetela di limitare la loro libertà d’espressione” (e chi zittiva era quasi sempre una persona cissessuale che non capiva cosa significasse sentirsi inferiori e mal rappresentati) e mi sono innervosita quando quelle stesse persone vedevano come impossibile che una persona cissessuale con un talento recitativo potesse comprendere la loro frustrazione, informarsi e interpretare in maniera magistrale un personaggio trans solo perché non era transgender. E anche al di fuori dell’ambito cinematografico, quando ho scritto che non serve far parte di una minoranza per sapere cosa siano l’empatia e conoscere il vero significato della parola Humanitas – che secondo Cicerone vuol dire rispettare l’essere umano in quanto tale, e secondo Terenzio vuol dire non considerare estraneo da sé nulla di umano – ho trovato spesso scetticismo e l’implicita accusa di “farla troppo facile perché sono una privilegiata”, ma non mi voglio addentrare in questo.
Per fortuna, partecipando a tante discussioni con tanti ragazzi FtM e tante ragazze MtF, sono riuscita a trovare un equilibrio tra queste due posizioni, un mio “Eureka!”, e un’opinione ragionata e digerita.
Chi ha il diritto/dovere di interpretare personaggi transessuali?
Secondo me chi ha una predisposizione per il ruolo.
È vero, ci sono tanti attori cissessuali che non sono davvero portati per la parte e recitano prendendola sottogamba, per farsi vedere nei panni di un personaggio “trasgressivo” e senza assumersi la responsabilità di appropriarsi di qualcosa che non hanno mai vissuto – o facendosi schiacciare dalle esigenze dei registi e facendo a pene di segugio quando la loro testa suggeriva il contrario. Ma siamo così sicuri che una persona transessuale sia automaticamente più adatta?
Al di là del talento, che può esistere sia in chi è transessuale sia in chi non lo è, se si deve raccontare la storia di un ragazzo FtM in pre-T, e gli attori trans che si sono presentati al casting sono già in transizione o l’hanno completata, davvero non sarebbe più adatta una ragazza cissessuale? Se si deve parlare di Lili Elbe, che è vissuta in un’epoca dove non esistevano né la terapia ormonale sostitutiva né il percorso di transizione come lo conosciamo noi oggi, davvero non sarebbe meglio prendere qualcuno che abbia la sua stessa conformazione fisica, anche se non ha la sua stessa identità di genere? Se la storia ruota attorno a una persona transessuale che ha subito discriminazioni fortissime e traumi (ad esempio è stata obbligata a denudarsi ed è stata esposta alla pubblica gogna, oppure è stata addirittura violentata), davvero tutte le persone transessuali saranno così equilibrate da andare contro la loro disforia e farsi fare sulla propria pelle (più e più volte a seconda dei ciack) qualcosa che potrebbero aver vissuto o di cui potrebbero avere una paura fottuta, e uscirne psicologicamente intatte rispetto a persone cissessuali che si devono immedesimare in qualcosa che non gli appartiene e potrebbero mantenere più distanza, e non sentirsi violentate di nuovo? Se il protagonista è un ragazzo FtM che sperimenta col genere e non insegue una virilità molto caricata, davvero una ragazza cissessuale che ha un’antipatia per i ruoli di genere ed è molto poco convenzionalmente femminile sarebbe da scartare in favore di un ragazzo FtM molto virile e molto attaccato alla mascolinità, e non avrebbe la benché minima idea di cosa si prova ad essere fisicamente androgini, o delle discriminazioni che derivano da questa androginia? Se si deve raccontare la storia di una ragazza MtF che ha scoperto di essere una donna dopo un’esperienza da Drag Queen, e il viaggio interiore ed esteriore che compirà sullo schermo vede la sua esperienza come centrale, davvero un uomo gay cissessuale che ha fatto la Drag Queen sarà meno in grado di calarsi nel personaggio di una vera ragazza MtF che ha avuto un percorso di vita completamente diverso ed è estranea a questo ambiente?
Davvero tutti gli attori e tutte le attrici cissessuali lo farebbero solo “per farsi notare”, per vanità e per soldi, e tutti gli attori e le attrici transessali lo farebbero come gesto politico e come rivendicazione?
La mia opinione è che si dovrebbe smettere di dividere le persone cissessuali di qua e le persone transessuali di là, e si dovrebbe vedere chi ha la sensibilità adatta per comprendere e rendere l’essere umano che dovrà essere portato sullo schermo. Chi prenderà sul serio quell’essere umano e cercherà di conoscerlo. Chi non avrà paura di andare contro la propria esperienza di vita per mettersi una maschera, e (come dice Oscar Wilde), usare quella maschera per dire la verità. O chi è una persona in grado di sgusciare fuori dal proprio io per trovare mille modi di essere, tutti da rispettare, e tornare nel proprio io rafforzata, migliorata.
E come non mi stancherò mai di ripetere, usare l’arte per abbracciare lo spettro intero dell’umanità.



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