Il coming out con dei bambini piccoli

E dire sempre e comunque la verità

Articolo di: Silvia Selviero 
 
Di recente ho avuto l’opportunità di scambiare qualche parola con una mamma coraggiosa di un ragazzo FtM che ha chiesto suggerimenti a FtM Italia per aiutare il figlio a fare coming out con le sue cuginette, e anche se io non le sapevo proporre dei testi adatti, le ho dato i suggerimenti che mi sentivo di darle, e la sua reazione entusiasta mi ha scaldato dentro e convinto che sia un argomento che potrebbe interessare anche a voi carciofini. (Non approfondisco i messaggi di quella mamma, che spero non sia risentita perché l’ho menzionata pubblicamente: a lei e alla sua famiglia va tutta la mia ammirazione e a suo figlio tutto il mio incoraggiamento!)
Si sente spesso parlare di come fare coming out con la propria famiglia, ma dal momento che la transessualità FtM è un argomento venuto alla luce da pochissimo, quasi tutti gli articoli al riguardo intendono un coming out rivolto ai genitori, a persone adulte che si sono prese cura – o se ne prendono tuttora – dei ragazzi FtM in questione. E quando il discorso deve includere anche eventuali fratellini o sorelline, cuginetti o nipotini? A meno che non vogliate interpellare Egon Botteghi (che ha dovuto fare coming out ai suoi figli ed è al giorno d’oggi uno dei massimi esperti italiani sull’argomento “genitori transessuali”), o Daniela Lourdes Falanga, presidentessa di Vesuvio Rainbow che ha spiegato della transizione alla sua nipotina, vi potrebbe aiutare leggere qui sotto:
  1. Evitate qualsiasi giro di parole per non dire “trans” e “ragazzo FtM”. Se voi stessi avete superato la fase in cui vi suonavano strane, aliene e orribili e avete imparato a usarle per descrivervi, usatele anche con loro, senza timore di scioccarli o scandalizzarli, perché le cose vanno chiamate col loro nome, soprattutto quando vogliamo contribuire a spogliarle da qualsiasi significato negativo attribuito dall’esterno. Nessuna delle etichette che sono state appiccicate da altri a questa parte di voi riuscirà a catturare la vostra complessità come esseri umani, ad ingabbiarvi, a sminuirvi, e per ripulire la vostra identità dai falsi miti, è importante dire “transessuale”, “FtM” e “transgender” anche in contesti familiari, affettivi, intimi, privati. Ossia il genere di contesto che dovrebbe esistere tra di voi e i bambini piccoli che informate di quest’altra parte di voi. Perché se imparate a dire la verità anche con la terminologia, sarete un po’ più vicini a smettere di farle percepire come insulti o imprecazioni.
  2. Allo stesso tempo, evitate di comportarvi come cambiare sesso fosse una cosa che capita tutti i giorni. Sappiamo bene che nel mondo in cui viviamo la transessualità suscita scalpore perché è una realtà che la maggior parte delle persone non ha mai conosciuto, e per far vivere il vostro coming out ai bambini piccoli nel migliore dei modi, non sminuite il loro smarrimento e la loro perplessità, siate sensibili, non perdete la pazienza e mettetevi a disposizione per qualsiasi domanda, anche quelle che alle vostre orecchie di persone informate suonano molto sciocche. Cercate di ricordare com’eravate voi quando vi dovevate districare in una giungla di definizioni (specie quando avevate la loro età) e di ripercorrere la vostra consapevolezza a ritroso, per acquisire l’empatia necessaria a impedirvi di pronunciare stronzate come “Che c’è di strano?” o “Non farla così lunga!”. Perché anche se non c’è nulla di male nel volervi riappropriare di voi stessi, non c’è nulla di male neppure ad ammettere che buona parte della popolazione non sia fatta di persone transessuali. E non confondete mai il vostro comprensibilissimo desiderio di non volervi più sentire “l’anomalia di turno” con le persone che amate con il desiderio che chi non ha sperimentato la vostra realtà chiuda immediatamente gli occhi di fronte all’evidenza di una situazione meno comune di altre, a meno di non voler incorrere nel vostro fastidio e nel vostro senso di esclusione e rifiuto. Quello che potete dire è che “Molte persone non sono transessuali, ma alcune sì”; e finché non collegate un giudizio di valore a questa frase, non c’è davvero nulla di strano. I bambini sanno che non siamo tutti uguali e finché una differenza rispetto alla loro situazione non viene presentata come strana, inferiore o da nascondere non si creano problemi.
  3. Se loro stessi usano la parola “strano” per descrivervi, non vi scoraggiate: è esattamente il motivo per cui avete avuto questa conversazione. Anzi, abbiate ancora più sensibilità verso di loro e arrivate all’essenza delle cose prima che ci arrivino i giudizi imposti dall’esterno. Cercate di mettervi sul loro stesso livello, apritevi, raccontate di voi, cercate esperienze simili alle loro nel vostro vissuto. Fate loro capire che non è una cosa strana, è soltanto differente dalla loro esperienza, e che non vi preclude la possibilità di intendervi sotto altri aspetti. Abbiate presente che anche i momenti di smarrimento e confusione, per essere superati, vanno abbracciati, assaporati e vissuti insieme… finché non si trasformeranno in momenti di vicinanza e complicità che rinsalderanno il vostro affetto e per cui sarete grati di aver fatto coming out.
  4. Non vi posso suggerire le parole adatte da usare, ma vi posso suggerire cosa non fare, ossia far loro credere che sia una realtà che li toccherà direttamente. Chiarite che questa è la vostra situazione, e che nessun* li obbligherà a intraprendere il percorso contro la loro volontà (francamente dubito che dei bambini si creerebbero mai questo problema, ma nel caso servisse ad adulti obiettori di coscienza e nel remotissimo caso in cui ve lo chiedano loro, impedirà a chi urla alla teoria gender di accusarvi di averli traviati o influenzati profondamente). Ma state attenti a non guastare tutto il lavoro che avete fatto per non fargli percepire la transessualità come strana facendo intendere che siete voi che avete un problema e che andate “tollerati”. Usate un tono calmo, disponibile, gentile, partecipe, non allegrissimo ma neppure greve. E soprattutto siate sempre onesti, perché più si è onesti e diretti con i bambini e più è facile arrivare a loro.
  5. Non c’è bisogno di entrare nel merito della transizione, per lo meno non dal punto di vista “tecnico”, parlando di terapia ormonale, interventi chirurgici, avvocati e tribunali. Prima di tutto perché anche se glielo spiegaste in termini semplici è difficile che vi seguirebbero, e poi perché, come non mi stancherò mai di ripetere, è molto più importante concentrarsi sulla componente umana alla base del percorso. Limitatevi a dire che essere dei maschi in un corpo di femmine vi fa stare molto male ma che per fortuna farete delle cure che vi porteranno a sentirvi meglio, che queste cure richiedono tempo ma che vi renderanno più felici, e che ogni tanto sarà necessario il loro incoraggiamento e il loro appoggio. In fin dei conti, se analizzate la situazione, è solo la verità.
  6. Non guastate tutto il lavoro che avete fatto con bugie stupide quando non avete idea di come affrontare una domanda. Non potete raccontare tutto, specie gli aspetti più privati, quelli legati alla disforia, ad alcuni problemi con la sessualità, ad eventuali ricordi dolorosi, insomma, tematiche meno alla loro portata, ma non fateli neppure insospettire quando il discorso accidentalmente sterza in quella direzione. Ancora una volta, anche se non potete approfondire, dite loro la verità. Se vi chiedono di raccontare loro alcuni episodi molto dolorosi legati al sentirvi intrappolati in un corpo femminile per compenetrarsi meglio nella vostra realtà di disforia di genere, rispondete finché ve la sentite con esempi che potrebbero ricordare perché vi hanno assistito – e in quell’occasione spiegate anche cosa c’era dietro le vostre reazioni – o perché hanno sperimentato situazioni simili – e in quell’occasione riallacciatevi al discorso dell’essere simili sotto tanti aspetti. Se vi chiedono perché per voi fosse così difficile fare amicizia con gli altri, rispondete che l’idea di non riuscire a mostrarvi per come siete realmente vi ha bloccato, reso tristi e che adesso non potete più fare finta di nulla, che volete diventare più autentici e avere tutti gli amici che prima non siete riusciti ad avere. Se vi chiedono cose a cui proprio non potete rispondere perché sono argomenti troppo “adulti” per loro o troppo intimi per voi, rispondete: “Mi dispiace, questo non te lo posso dire. Devi aspettare un altro po’ perché non sono abbastanza bravo a trovare le parole. Forse quando sarai più grande ci riuscirò.” E così, ammettendo apertamente di non poterglielo spiegare, avete detto ancora una volta la verità.
  7. Fate del vostro meglio per rassicurarli sul fatto che non stanno “perdendo” una persona cara. È comunissimo che quando un ragazzo FtM (ma anche una ragazza MtF, una persona queer, una ragazza lesbica, un ragazzo gay, una ragazza bisessuale, un ragazzo bisessuale, un ragazzo demisessuale, un ragazzo asessuale, un ragazzo pansessuale, una ragazza pansessuale ecc. ecc.) fa coming out con i propri genitori, i suoi genitori, oltre a domandarsi “dove abbiano sbagliato”, credano che la loro figlia sia in grande pericolo e che siano vicinissimi a perderla. Ed è compito vostro rassicurarli che si sbagliano, allo stesso modo in cui dovete rassicurare dei bambini di questo fatto. Vi suggerisco di specificare che ci sarete sempre nella loro vita, ma invece di avere una cugina, una sorella o una zia, avranno un cugino, un fratello o uno zio. E che il vostro rapporto sarà sempre lo stesso: continuerete a ridere e scherzare, a litigare e a riappacificarvi, a combinare marachelle e a porre rimedio, a raccontarvi i segreti e a giocare, a farvi i dispetti e a farvi regali, ad essere complici, a imparare insieme e a volervi bene come avete sempre fatto.  

    Col vantaggio che adesso voi sarete più felici… e sarete molto più inclini ad abbracciarli, a mostrare il vostro affetto, a sorridere e a stare insieme a loro come le persone complete che siete!

 

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