Transessualità nel mondo del lavoro (parte 2)



Articolo di: Silvia Salviero

Quello che funziona e quello che potreste fare


Ben ritrovati, carciofini!
Come quasi tutti quelli che seguono FtM Italia sapranno, uno degli argomenti su cui ci fate più domande è il mondo del lavoro quando sei una persona transessuale. Abbiamo cercato di soddisfare un briciolo la vostra (comprensibile) esigenza con questo articolo, ma non abbiamo mai dato veri e propri suggerimenti su come agire perché… siamo sulla stessa barca. Qui dentro c’è chi ha avuto la fortuna di farsi assumere in un’azienda di famiglia, chi studia e per un tot di tempo ha rimandato l’aver a che fare con eventuali datori di lavoro transfobi, chi si è fatto assumere da stealth (ossia presentandosi direttamente al maschile senza fare coming out) e chi ha avuto fregature, rifiuti e licenziamenti anche a causa della propria identità di genere.
Quindi come intervenire nello specifico, se i primi a farsi le stesse domande erano le persone che avevano creato FtM Italia??
Quindi ho preso la decisione di raccogliere io tutti i suggerimenti che ho formulato dopo anni di analisi sulla transessualità nel mondo del lavoro (anche osservando le esperienze dei ragazzi FtM che conosco) per cercare in qualche modo di riempire il vuoto sul blog ;) Vi chiedo soltanto di leggere la prima parte prima di allacciare le cinture e partire, e di ricordare che anche se mi rivolgo a ragazzi FtM, alcune delle informazioni qui sotto si potrebbero applicare anche per le ragazze MtF e alle persone queer.


Cominciamo!


Step 1: Quando il lavoro non ce l’avete e lo state cercando

1.     1)Preparate, per qualsiasi evenienza, un cv al maschile e uno al femminile. Non conosco il percorso di formazione e lavorativo di ognuno di voi, ma con la crisi economica che c’è in giro al giorno d’oggi e l’opportunità di fare esperienze molto differenti tra di loro a causa dei tanti viaggi in Italia e all’estero che quasi tutti, giovani e meno giovani, affrontano in un mondo e in un mercato del lavoro globalizzato, vi potrebbero capitare colloqui altrettanto differenti. Siate pronti a stringere mani, sedervi e parlare di voi davanti ai datori e alle datrici di lavoro più variati che esistano, ma allo stesso tempo, non dimenticate mai che questi due cv non devono rappresentare il giorno e la notte, bensì la stessa identica persona con le stesse identiche esperienze, di cui cambiano solo qualche pronome e il nome all’anagrafe se il percorso di transizione non l’avete completato. 
Questo vi servirà per due motivazioni: la prima, di carattere pratico, perché qualora incontraste datrici e datori di lavoro quando siete in pre-T/ai quali vi presentate al femminile se avete cominciato la TOS da pochissimo, che in un secondo momento dovrete informare della vostra identità di genere, loro potrebbero aggiornare i vostri dati di dipendenti con più facilità, e avrebbero delle chance in più di capire che il vostro rapporto interpersonale non si trasformerà di una virgola, proprio come avrebbero delle chance in più di comprendere che avete detto la verità sulla vostra formazione e sui vostri impieghi dall’inizio alla fine. La seconda motivazione per cui ve lo suggerisco è di carattere più psicologico e riguarda voi stessi: cercate di stamparvi nel cervello che, anche se state scalpitando per poter completare il percorso di transizione ma siete obbligati dalle circostanze a mandare un cv al femminile e la disforia di genere vi fa soffrire enormemente, poter avere le stesse cose al maschile è meno difficile di quello che sembra. E che allo stato attuale siete meno lontani dal raggiungere il vostro equilibrio psicofisico di quello che sembra. A molte persone questi escamotage servono, le spronano a lavorare offrendo il meglio di sé, e se rientrate tra di esse avrete ben più di qualche vantaggio pratico – come l’essersi tolti la fatica di creare un cv al maschile più tardi, quando se volete potrete mantenere il più stretto riserbo sulla vostra transessualità.
2.     2) Quando dovete decidere se mandare cv al maschile o al femminile, come regola generale, mandateli al maschile. Lo so che questo suggerimento è più soggettivo degli altri, e che ci saranno delle opportunità lavorative in cui presentarvi come ragazze è meglio, ma ve lo scrivo perché ho scoperto che vi conviene. Prima di tutto, con un cv al maschile vi evitate, in una società sessista che tratta le donne come oggetti del desiderio, buona parte dei lavori in cui una “bella presenza” è richiesta anche in maniera implicita alle ragazze ma è meno fondamentale per i ragazzi. Non voglio suggerire che siate tutti brutti, eh, chiariamoci! ;) Ma che sotto certi aspetti la “bella presenza” è una gran bella limitazione, con standard quasi impossibili da accontentare universalmente e che dà una pressione pazzesca e ingiusta a tante persone, anche a quelle più competenti per un determinato impiego!
Oltretutto, come molti carciofini vi possono raccontare, spesso i ragazzi FtM che si presentano al maschile sono più accettati di quelli che si presentano come ragazze, poi fanno coming out e chiedono a tutti di adeguarsi alla loro identità di genere, e sono più accettati anche da chi di transessualità ne sa poco e nulla. Presentarsi direttamente per come siamo, farci conoscere per come siamo, e spiegare un dettaglio di sé che nulla toglie alla persona che chi di dovere ha conosciuto, è molto differente di primo acchito di una persona che si presenta in un modo, poi in un altro e agli occhi degli ignoranti “obbliga” a ripensarla e a rivalutarla daccapo dopo una “rivelazione” un po’ scioccante e/o un po’ scocciante. Non sottovalutate mai l’effetto che queste piccolezze possono avere, soprattutto quando i colloqui e la lettura dei cv durano quasi sempre pochi minuti e in quei pochi minuti dovete condensare la maggior parte delle informazioni su di voi.
3.      3)Non dite bugie grosse come una casa nel vostro curriculum vitae e, soprattutto, non omettete campi fondamentali. Magari se nel modello di cv anziché “Sesso: femmina” scrivete “Genere: maschile” non succede nulla, anzi, crea meno confusione, ma evitate di nascondere la vostra transessualità correndo il rischio di farvi smascherare quando vi hanno già assunto. E, per carità divina, non mettete foto di voi che non vi corrispondono perché sono supermodificate o siete irriconoscibili o non sono affatto vostre (se strabuzzate gli occhi, complimenti, avete più buonsenso di qualche anima pia che me l’ha domandato!), e se volete andare sul sicuro fate come si suggerisce a chiunque, pure alle vostre coetanee e ai vostri coetanei cissessuali: niente foto tristi e serissime da fototessera, di quelle che al TG utilizzano per i pregiudicati, ma sì a foto in cui sorridete (ci sono degli studi che dimostrano che gli esseri umani hanno bisogno di vedere il sorriso sulla bocca degli estranei per potersi fidare, e che i cv con foto sorridenti sono meno scartati) e avete un’immagine sobria e professionale. L’esperienza mi ha insegnato che la strategia migliore se avete paura di dare un’informazione necessaria su di voi è di non nasconderla mai, ma senza tornarci ogni cinque minuti a sviscerarla, di scriverla ma di rispondere al riguardo solo se interpellati. Con naturalezza. Con correttezza. E senza mai chinare la testa come se foste inferiori.
4.      4)Riallacciandoci al punto di prima, abbiate sempre presente che il percorso di transizione non è contro la legge, e che non dovete nascondere un segreto osceno. Come potete vedere nel video di Jacopo in cui si menziona la legge 164 e la sua legittimità costituzionale, nell’articolo 3 della Costituzione Italiana e negli articoli 15 e 18 del titolo II dello Statuto dei lavoratori, ci sono dei passaggi a cui vi potete appellare anche se in Italia non abbiamo provvedimenti specifici contro la transfobia. Forse non saranno delle tutele vere e proprie, ma non dimenticate che c’è un margine di discriminazione oltre il quale chi vi deve valutare non si può spingere, sennò passerebbe automaticamente dalla parte del torto, non importa quanto un sistema transfobo l* potrebbe proteggere o giustificare. Oltretutto, per avere addirittura meno grane, come suggerisce anche parzialmente questo video di Massimo, e come suggeriscono anche tanti medici di Sportello Gender, è buona norma farvi rilasciare un foglio dal/la vostr* psicoterapeuta che attesti la vostra disforia di genere, in modo da fugare ogni dubbio a chi vi deve assumere; mettetelo come allegato al cv, e se riuscite ad avere un colloquio, portate questa documentazione stampata.

Step 2: In fase di colloquio
1.      1)Se vi aiuta, conducetelo come se aveste già completato il percorso di transizione, o come se foste uomini cissessuali, per lo meno finché non si tirano in mezzo i documenti difformi. È quasi inevitabile dover spiegare di essere transgender in fase di colloquio, se avete seguito i suggerimenti che vi ho dato; come?? Mantenete il contatto visivo, una postura rilassata (non molle, non stravaccata, ma non fate le corde di violino) e parlate con un tono di voce normale, perché, come non mi stancherò mai di ripetere, non state confessando nulla di mostruoso. Se fino a un attimo prima stavate ridendo, forse potete diventare un po’ più seri (non grevi, seri come quando dovete fare una confidenza di carattere un pochino più intimo), e se fino a un attimo prima eravate seri e concentrati, continuate su questa scia. In questo modo non vi potranno mai accusare di aver mentito sulla vostra identità di genere, e se più tardi vi creassero dei problemi, avete la certezza di poter dire che siete stati corretti, sinceri e disponibili al dialogo fin da subito.
Se chi di dovere è molto ignorante, abbiate pazienza e comportatevi come in qualsiasi altro coming out, rispondendo alle sue domande e dandole il genere di rassicurazioni che vorrebbero le persone che vi devono assumere. Spiegate che non state domandando un “trattamento di favore” e che vorreste soltanto essere trattati con il rispetto che si dedica a ogni dipendente, non accampate immediatamente pretese (come che usino il maschile finché siete in pre-T) e informatevi sulle politiche dell’azienda riguardo ai bagni delle sottoposte e dei sottoposti, o agli altri aspetti che vi interessano a seconda dell’impiego. Le uniche richieste che mi sento di suggerirvi di fare sono di trovare insieme una soluzione per rispettare la vostra privacy con i colleghi (se non volete fare coming out pure con loro immediatamente), dalle targhette con i nomi scelti anziché con i nomi all’anagrafe se il lavoro li include, e di essere sempre informati se ai vostri datori e alle vostre datrici di lavoro sorgessero ulteriori perplessità su questo lato di voi. In fin dei conti è vero: essere transessuali non vi esonererebbe da nessuna mansione rispetto agli altri (se le mansioni non sono strapparvi di dosso una t-shirt quando non avete fatto la mastectomia per fare Mister Maglietta Bagnata, naturalmente), e se vi siete candidati per quell’offerta di lavoro significa che, con dati alla mano nel vostro cv, siete in grado di svolgerla.
Se poi vi rifiutassero non perché non siate adatti ma per transfobia, non è un problema vostro, nel senso che non è una vostra responsabilità, ma soltanto un problema di chi non vi ha voluto dare fiducia. Ma sono convinta che se vi comportate in maniera corretta, alcune persone riuscirete a convincerle a darvi una chance di dimostrare il vostro valore; mi è già capitato di accorgermi che succede e che funziona!
2.      2)Avete il diritto di rifiutarvi di rispondere ad alcune domande, come tutte le persone che cercano lavoro. Anche qui mi sembra che la regola classica di ogni coming out – ossia una situazione che penso abbiate conosciuto in altri aspetti della vostra vita – sia eccellente, con pochissime variazioni: va bene rispondere a domande relative all’iter burocratico, legale e medico del percorso di transizione (specie se toccasse le vostre ferie), ma non va bene rispondere a domande che denotano curiosità morbosa, ossia quelle sui vostri genitali, sulla vostra vita sessuale e sul preconcetto secondo cui essere transgender significa per forza aver conosciuto la realtà della prostituzione. Al limite, se tirano in mezzo la storia del volersi accertare che non siate invischiati in traffici poco puliti, dite che “Non tutte le persone transessuali hanno esperienza di prostituzione o svolgono attività illegali, malgrado io sia consapevole che l’immagine distorta che danno i mass media incoraggi chi è disinformat* a crederlo” e che ciò che avete riportato nel vostro curriculum combacia a tutti gli effetti con la verità, e poi chiudete la parentesi.
Se ci ritornano in maniera illogica, circolare e morbosa, stanno approfittando della vostra disponibilità per soddisfare curiosità illegittime e disumanizzanti, non vi stanno rispettando e li potete senza dubbio mandare a quel paese. (Ma qui conviene a me aprire una parentesi: se siete davvero persone transessuali che hanno fatto esperienza di prostituzione, non è mia intenzione giudicarvi, demonizzarvi o dare per scontate alcune cose di voi come esseri umani. Semplicemente vi servirebbero suggerimenti di persone più qualificate di me, e che siano più competenti per fronteggiare le discriminazioni di chi lavora o ha lavorato nel mercato del sesso e sta pensando di uscirne con un nuovo impiego).
Oltretutto, tra dipendenti e superiori c’è un rapporto di lavoro, e questo significa pure che, per lo meno nei primi tempi, quando non c’è la confidenza di un’amicizia, vi potete permettere il lusso di non rispondere anche a domande come “Perché hai scelto questo nome??”, “Quando l’hai capito??”, “La tua famiglia lo sa??”, ossia curiosità legittime e innocenti che non sempre siete pronti a soddisfare all’inizio, senza dover dare troppe spiegazioni.

Step 3: Se siete stati assunti
Dal momento che siete dipendenti come tutti gli altri, cercate di farvi conoscere per come siete. In caso di mobbing vi conviene farvi una cultura al riguardo, perché ci sarà sempre un lato di questo fenomeno orrendo da analizzare, e i link che vi potrei mettere qui non sarebbero sufficienti. Ma contemporaneamente non vi comportate come se foste manchevoli a causa della vostra transessualità, perché non lo siete.
Non tutti i rapporti interpersonali con i colleghi sfociano in amicizie, ma non precludetevi alcune occasioni di averne per paura di non essere all’altezza. Gli esseri umani vi possono comunque meravigliare, e persone che vi accettano e rispettano le potreste trovare. Quando vi sentirete pronti a fare coming out, nessuno vi vieta di farlo con le persone che preferite, e nessuno vi vieta di non farlo se l’idea non vi piace. Vi suggerisco soltanto di non scartare l’opzione a prescindere, perché se ogni azienda è fatta di esseri umani, anche se non vi andasse bene quando parlate con i grandi gruppi, vi può andare bene quando parlare con i singoli individui, e vi ci rapportate come le persone complete che siete.
Buona fortuna

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