Ossia il potere di
essere dei maggiorenni
Ecco
una tematica che interessa a moltissimi carciofini ma che né io né Massimo (né
gli altri ragazzi tramite qualche video) abbiamo mai preso, nel mio caso perché..
non posso parlare con cognizione di causa. Dopo il liceo mi sono fermata e ho
fatto un percorso di studi che non includeva l’università, quindi mi ritrovo a
non avere neppure una laurea triennale. Ma siccome sappiamo che nel mondo in
cui viviamo ci si aspetta, soprattutto in Italia, una laurea un po’ come se
fosse la terza media (mi è capitato di leggere, e non scherzo, un annuncio di
lavoro per un’acchiappina dalle parti
del Colosseo in cui volevano tre lauree
in tre lingue straniere – e naturalmente essendo donna chiedevano pure che
fosse giovane e di bella presenza, da bravi sessisti!), che il mercato del
lavoro è sempre più competitivo e che l’università è un’esperienza in qualche
modo “emancipatoria” e il primo vero assaggio di un posto dove ti trattano da
persona adulta, non vorrei che qualche carciofino se la precludesse senza
sapere come funziona esattamente.
Quindi,
cari miei, vediamo quali sono i miti da sfatare sulle persone transessuali
all’università!
Transessualità, bullismo e violenza da
adolescenti: all’università sarebbe la stessa cosa??
Molti
ragazzi FtM (ma all’incirca moltissime persone transgender in generale) che
magari sarebbero incuriositi e interessati, da maggiorenni, ad esplorare questo
ambiente, vuoi perché ne vogliono approfittare appena preso il diploma, vuoi
perché dopo anni e anni in cui magari hanno solo lavorato sentono il bisogno di
rimettersi sui libri per “riprendere in mano le redini della propria vita”,
talvolta vengono frenati dalla paura
che sia un ambiente omobitransfobo proprio come a scuola.
Non
è raro che molti di essi a scuola siano stati vittime di bullismo (come ho
scritto pure in Quattro cose
meravigliose dell’essere ragazzi FtM e Transessualità a
scuola),
e che gli anni della scuola siano stati quelli in cui hanno riportato profonde
ferite per l’indifferenza, la paura, l’ignoranza e l’ostilità degli altri,
adulti e coetanei con meno apertura mentale di loro. Vi confesso che anche se
non ho mai sperimentato la disforia di genere sulla mia pelle io rientro nella
percentuale di persone che è già tanto se non hanno tentato il suicidio da
adolescenti – ecco perché ringrazio anche Massimo di aver preso l’argomento nel
terzultimo articolo, e ho partecipato alla discussione del Mario Mieli del TDOR
2016 con passione – e che ha evitato l’università perché dopo le superiori si è
presa un break che è stato un lunghissimo lavorare su se stessa per leccarsi le
ferite e ripartire da zero, frequentare gli altri e aprirsi alla vita.
Ma
quando sai che, per citare qualche statistica internettiana straniera e italiana, c’è un enorme
biasimo collettivo sia per le persone transgender sia per chi vittima di
violenza prova a chiedere aiuto e/o dopo tenta di togliersi la vita, e che
spesso le scuole fanno orecchie da mercante davanti a studentesse e studenti
visti come “diversi” che vengono umiliati ed emarginati, che le persone
transgender, come gli adolescenti LGBT in generale, hanno il 40% di chance in
più di subire violenza e discriminazione e di provare a uccidersi, che in
Italia come nel mondo c’è un tasso di abbandono scolastico elevatissimo tra le
persone transgender, che in Italia non c’è una prevenzione efficace del
bullismo e che qualsiasi programma formativo di educazione all’affettività
viene bocciato come “propaganda gender”, beh, si può immaginare come mai ci
siano alcune persone transessuali che credono che sorbire anche l’università
dopo sia come entrare consapevolmente nella fossa dei leoni e ricominciare
tutto daccapo. Un’altra discriminazione, altre persone che devono valutare,
scrutinare, dire “tu non vai bene”. Sono sentimenti umanissimi e comprensibili
che non vanno assolutamente sminuiti.
E
tuttavia..
Il potere dell’essere maggiorenni
Prima
di tutto all’università i ragazzi sono più grandi, meno inclini a prendersi
gioco degli altri perché meno insicuri e con un’autostima bassa
dell’adolescenza, ci sono anche un sacco di adulti che hanno ripreso gli studi
che quella fase teoricamente e spesso praticamente se la sono lasciata alle
spalle, e purtroppo (visto che riverbera di quella forma di discriminazione che
in inglese è definita “agesim”) è l’unico momento in cui chi di dovere
veramente comincia ad ascoltare le esigenze, i problemi e le difficoltà degli
iscritti, visto che la loro opinione e la
loro voce acquistano rispetto.
Mentre
non è raro che si sminuiscano i problemi dei minorenni come dei capricci o
delle seghe mentali, a prescindere da quanto i problemi siano pervasivi,
tremendi e dolorosi, alcuni episodi di violenza di cui la nostra società è
intrisa, proprio come la discriminazione verso una persona di più di diciotto
anni (che nelle coscienze di chi è molto superficiale passa da un giorno
all’altro dallo status di “bambina/ragazzina” allo status di “adulta”), nella
realtà in un ateneo vengono presi seriamente e possono dar luogo anche a
dibattiti molto interessanti, progetti del corpo studentesco, assemblee in cui
si invitano professori e relatori esperti, e perché no, può diventare materiale
per una tesi di laurea.
Non sottovalutate mai il potere derivato
dall’essere percepiti come adulti quando decidete il corso del vostro destino
anche accademico.
Secondariamente,
visto che crolla il mito dei minorenni/bambini come “fragili creaturine da
proteggere e che non comprendono nulla di vita vera”, ci sono molte più chance
anche di sentir parlare di identità di genere, orientamento sessuale, mondo
LGBTQIAA+, sessualità, disparità di genere, femminicidio, femminismo senza che
ci sia un accanimento feroce di genitori spaventatissimi dalla cosiddetta
teoria gender che vorrebbero impedire che “certe realtà disgustose” arrivino
alle delicate orecchie della loro prole, che magari in quelle realtà disgustose
ci si riconosce proprio.
Non
avete la più pallida idea di quanti ragazzi italiani e quante ragazze italiane
ci scrivono privatamente di aver scoperto dell’esistenza della transessualità
FtM come studenti e studentesse universitari*
di sociologia/psicologia/scienze della comunicazione/quello che preferite,
dicendo che finalmente a loro si era
aperto un mondo, che gli sarebbe servito da morire negli anni della scuola, ma che erano felici che, anche se in
ritardo, ci erano arrivati.
Spaziando
da chi si identificava come persona transgender e all’università aveva avuto
una presa di consapevolezza a chi semplicemente era una persona curiosa e
volenterosa di farsi una cultura, dimostra soltanto che l’interesse per questa
tematica e per l’affrontarla in maniera accademica, delicata, rispettosa e
intimista è profondo e reale, ed è un interesse che appunto trova terreno
fertile proprio in questi anni, negli atenei.
Detto banalmente: ciò che si dovrebbe fare
come percorso formativo negli anni della scuola, in termini di transessualità,
umanità e non solo, in Italia viene fatto più spesso che no all’università.
In
fin dei conti, lo sappiamo che il nostro Paese è schiavo della
televisione
e che lì la maggior parte delle notizie sono censurate, e che la televisione
continua ad avere la meglio sul mondo della rete, da sempre molto più liberale
anche come filosofia del piccolo schermo. Se poi ci aggiungiamo pure l’essere tra
i primi in Europa per analfabetismo
funzionale,
la scarsa conoscenza
dell’inglese
che dilaga pure tra alcuni giovani, la disinformazione da “Aiuto, il Gender!” e
il disinteresse
verso ciò che all’apparenza “non ci riguarda”, non si può sperare che tutti i
carciofini italiani abbiano compreso se stessi grazie a Tumblr, YouTube e i
blogger transgender che ne parlano alla stregua dei carciofini anglosassoni, in
cui l’età media di presa di consapevolezza si abbassa notevolmente rispetto
agli italiani.
E passando
anche al mondo anglosassone rapportato alle tematiche LGBT in ambiente
universitario, sentite un po’ cos’ha da dire Dan Savage, autore insieme al
marito Terry Miller di “It Gets Better/Le cose cambiano” alle pagine 12, 13 e
15:
.. riflettevo su quanto spesso sono chiamato a parlare nelle università. Mi rivolgo a ragazzi omosessuali e a ragazzi eterosessuali e spesso affronto i temi dell’omofobia, dei diritti e della tolleranza. Ma non vengo invitato negli istituti superiori o nelle scuole medie, i luoghi dove l’omofobia fa i danni maggiori. A quell’età, spesso ci si sente in trappola e sarebbe utile sentir parlare di queste cose da adulti LGBT, molte vite potrebbero essere salvate. Ma pochissime scuole medie e superiori inviterebbero un adulto gay a parlare di questi argomenti con i ragazzi. Prendere atto dell’esistenza delle persone LGBT, persino quando si parla di educazione sessuale, continua a essere problematico. Un preside che faccia una cosa del genere senza che ci sia una crisi a giustificarlo – che un ragazzo vittima di bullismo si tolga la vita, per esempio – verrebbe immediatamente attaccato da genitori omofobi e organizzazioni “cristiane” intolleranti.
La società di solito offriva questo patto alle persone gay,
lesbiche, bisessuali e transgender: possiamo torturarti fino a quando compirai
diciotto anni. Fino a quel momento verrai tormentato e insultato a scuola, a
casa e in chiesa. Dopo potrai fare quello che vuoi. Puoi dire a tutti che sei
gay, puoi trasferirti altrove, e, forse, se i danni che ti abbiamo fatto non
sono troppo gravi, puoi riprenderti e crearti una vita tua. C'è solo una cosa
che non puoi fare dopo: parlare ai ragazzi che stiamo ancora tormentando, quei
ragazzi aggrediti emotivamente, fisicamente e spiritualmente nelle stesse
città, scuole e comunità religiose da cui sei scappato. E, se ci provi,
metteremo in dubbio le tue intenzioni, ti accuseremo di essere un pedofilo, un
pervertito, diremo che stai cercando di convincere i ragazzi ad adottare
"lo stile di vita dei gay".
Ma c’è ateneo e ateneo: quale scegliere??
In
questo ci è venuto in soccorso un carciofino (TI RINGRAZIO MOLTISSIMO, YVAN!!)
presidente di Arcigay Varese e senatore accademico eletto presso il suo ateneo
che ha compreso le esigenze di una persona transgender all’università, prima
fra tutte l’opportunità di avere un doppio libretto includendo anche il suo
nome scelto, non soltanto quello all’anagrafe, durante il percorso di transizione.
Di
seguito troverete due elenchi di università; il primo riguarda gli atenei che
non solo concedono l'opportunità ai propri
studenti in transizione di usufruire di doppi documenti, ma ne parlano anche
sui loro siti internet; il secondo tratta delle università che sicuramente
garantiscono la possibilità di ottenere il doppio documento, ma il cui regolamento
in questo senso non è riuscito a rintracciare online (mi sono permessa anche di
aggiungerne un paio che non aveva trovato):
PRIMO ELENCO
a) UNIVERSITA' DI TRENTO http://infostudenti.unitn.it/it/gestione-identit%C3%A0-alias-studenti-transgender
c) UNIVERSITA' DI PADOVA http://www.unipd.it/ilbo/content/dal-senato-accademico-si-al-doppio-libretto-i-transgender
d) UNIVERSITA' DI TORINO http://www.unito.it/avvisi/unito-tutela-i-soggetti-transizione-di-genere-con-il-regolamento-la-gestione-di-una-carriera (IN QUESTA PAGINA FIGURA ANCHE IL REGOLAMENTO PER RICHIEDERE
L'ALIAS!)
e) UNIVERSITA' DI MESSINA http://comunicatistampa.unime.it/2015/06/01/doppio-libretto-universitario-approvato-il-rilascio/
f) UNIVERSITA' DI FIRENZE http://www.unifi.it/not-5185-rilascio-del-doppio-libretto-universitario-le-decisioni-del-senato-accademico.html
g) UNIVERSITA' DI FERRARA http://www.unife.it/progetto/equality-and-diversity/organi/delibere/delibere-ateneo/carriere-alias (FIGURANO DETTAGLI MOLTO INTERESSANTI SULLA MODALITA' DEL
RILASCIO DEI DOPPI DOCUMENTI)
SECONDO ELENCO
1) Università di Genova http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/05/13/genova-il-doppio-libretto-per-studenti-transgender-arriva-allateneo-di-genova/1680775/
2) Università di Urbino Carlo Bo http://www.datamanager.it/2014/07/universita-urbino-libretto-per-gli-studenti-transgender/
3) Università degli studi di Milano e di Milano
Bicocca http://milano.corriere.it/notizie/cronaca/16_gennaio_27/statale-bicocca-universita-diritti-transgender-sesso-libretto-5cbd629c-c53f-11e5-9850-7f16b4fde305.shtml
4) Università di Bergamo http://www.bergamonews.it/2015/07/14/universita-tesserino-doppioagli-studenti-transper-non-imbarazzarli/206168/
5) Università di Catania http://catania.meridionews.it/articolo/12220/unict-riconosce-lalias-per-studenti-trans-un-elemento-di-civilta-in-piu-nellateneo/
6) Università di Perugia http://www.perugiatoday.it/cronaca/unipg-approva-doppio-libretto-studenti-trans-transgender.html
7) Università di Cagliari http://www.unionedegliuniversitari.it/cagliari-senato-approva-doppio-badge-per-gli-studenti-e-le-studentesse-transgender-e-transessuali-unica-2-0-grande-passo-avanti-per-i-diritti-di-tutti/
8) Università di Bari http://www.retedellaconoscenza.it/blog/2014/10/19/bari-istituito-il-doppio-libretto-alluniba/
9)
Università di Udine http://messaggeroveneto.gelocal.it/tempo-libero/2016/11/29/news/un-doppio-libretto-all-ateneo-di-udine-per-chi-cambia-sesso-1.14487930
Oltretutto,
per altre due città molto popolose..
1) A
Roma grazie all’impegno di Beyond Differences ONLUS, assieme alla
collaborazione del professor Roberto Baiocco (collaboratore di AGEDO Roma e Libellula), si sta cercando di sensibilizzare La Sapienza in modo da avere un doppio libretto per chi ne fa
richiesta, e si spera che dopo di essa si abbia una reazione a catena anche per
Roma Tre e Torvergata.
2) Alla
Federico II di Napoli, grazie al professor
Paolo Valerio (presidente dell’associazione Genere Identità Cultura e direttore della Scuola di
Specializzazione in Psicologia Clinica dell’Università Federico II di Napoli),
è possibile richiedere in segreteria un’identità alias tramite la quale
student* transgender e gender non conforming, ma anche docenti (!), possono
veder rispettata la loro identità di genere. Napoli è l’unica a concederlo al
personale docente assieme a Verona.
In conclusione
Non
vi posso garantire che troverete sempre inclusione e rispetto come studenti
universitari.
Ho
un enorme rispetto e un’enorme comprensione per chi dopo la scuola si mette a
lavorare o, come me, sceglie vie traverse per continuare gli studi, perché nel
suo percorso interiore ed esteriore per riappropriarsi di sé in seguito a una
vita di vessazioni ha dovuto/voluto fare così. C’è anche chi davvero vuole
rimboccarsi le maniche lavorando, ha una carriera garantita e crede che
l’università non gli/le servirebbe a nulla, e allora tanto di cappello, anche
il lavoro quando si ha questa consapevolezza nella maggiore età è ammirevole.
Ma
se invece c’è qualcosa che vi piace, vi appassiona e credete sia costruttivo
per la vostra carriera lavorativa e per voi come esseri umani, non rinunciateci
per paura di tornare a soffrire proprio quando avevate ricominciato a respirare
normalmente. La situazione descritta da Yvan nei due elenchi, e le realtà come
SINAPSI a Napoli, stanno diventando sempre più un ordinamento nazionale.
E
comunque, essendo l’università un ambiente dove siete “il capo di voi stessi”
nel bene e nel male, potete anche scegliere, se la disforia di genere è troppa
e l’ambiente tra i vostri pari e i professori vi sembra ignorante o opprimente,
di non frequentare affatto studiando per
conto vostro, visto che come dice la YouTuber Tia Taylor (americana
trapiantata a Milano) “In Italia ciò che conta è la tua performance all’esame.”
Sperimentate
questo ambiente e dategli una chance consapevoli che sarà molto meno rigido
della scuola.
E
anche se io odio le generalizzazioni e il prendere la propria esperienza come
universale, dopo secoli in cui mi sono sentita ripetere da adulti che mi
circondavano che “Quando terminerai la scuola sarà solo peggio” (la cosa più
tremenda che si possa dire a un* adolescente depress*, vittima di bullismo e a
rischio suicidio) permettetemi di dire una cosa che va contro questo pensiero e
riprende la mia esperienza personale e quella di molt* altr* ragazz*: la vita vera comincia dopo il liceo.
E
adesso sta davvero a voi diventare artefici del vostro destino, in qualsiasi
maniera vogliate farlo, e scrivere come volete diventare tra le pagine della
vostra esistenza, pure se fossero quelle di un doppio libretto universitario.
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