Agli addetti ai lavori

Articolo di: Silvia Selviero



Ebbene sì, questa sera mi rivolgo agli "addetti ai lavori", transgender oppure no, che sono attivist* come noi.
A scanso di equivoci, un* attivista è "una persona che agisce sulla spinta di idee che ritiene giuste per produrre un cambiamento per sé e per gli altri". Quindi, a prescindere dalla vostra posizione in un'assemblea, associazione, collettivo, redazione, se quella definizione fa per voi, leggete quanto segue!



1- Siate umili. Il fatto che siate molto informat* su un argomento non fa di voi luminari su qualsiasi altra cosa, e ci sarà sempre qualche diramazione di un concetto che non conoscete, qualche sfumatura di un pensiero di un'autrice o di una filosofia di un counselor che vi è oscura. E' lì che dovete intervenire, da autodidatt* e prendendo esempio da chi ne sa più di voi, da chi c'era da prima di voi (ma sempre senza disturbare troppo, tramite l'osservazione diretta e domande molto mirate). E mai credere di essere "già arrivat*" quando vi accorgete che le persone attorno a voi sono in media meno preparate: è la via più facile per dare le cose per scontate, smettere di avere una crescita individuale e collettiva e non essere più una risorsa. Lì, naturalmente, sta a voi: se credete che il vostro impegno per una causa abbia già fatto il suo corso e vi sta bene così, amen, ma se volete continuare il vostro percorso dovete rimanere costantemente aggiornat*.
2- Abbiate pazienza. Lo so, talvolta avrete a che fare con persone veramente ottuse o stupide o superficiali, vi ritroverete a dover rispondere per la centesima volta alla stessa domanda e a dare informazioni perfettamente reperibili perché sotto gli occhi di chiunque a persone che scalpitano per avere attenzioni. Oppure fronteggerete ogni giorno gli stessi preconcetti, gli/le stess* "collegh*" sfuggenti/super impegnat*/arroganti. Ma nel caso del "pubblico" non dimenticate che anche voi eravate così una volta (e se ad alcuni abissi di ignoranza non siete mai sces*, non date per scontato che la vostra esperienza sia universale o che chi invece ci è sces* non sia stat* migliore di voi in altri ambiti) e che se non aveste avuto fonti informative accurate, affidabili e disponibili (sia che fossero persone sia che fossero siti, blog, brochure, libri o comunque non "entità fisiche") non sareste le persone che siete oggi. Inoltre, sono convinta che una certa dose di gentilezza non vada negata, soprattutto quando ciò che conta di più nell'attivismo è trovare una soluzione per aiutare il maggior numero di persone oppresse. Nel caso di "collegh*", invece, provate a circondarvi di persone non tossiche che abbiano un reale interesse per la causa e stringete i denti quando dovete per forza interagire con quelle che non reggete; serve moltissimo non dimenticare mai lo scopo originario per cui lo state facendo, e comprendere che in alcuni ambienti va a simpatie politiche, stagionali e scambi di favori, perché su larga scala è così che va il mondo.


3- Non confondete mai la compassione con l'empatia
La prima vi servirà sempre nell'attivismo, anche nei casi in cui si sfocia nel volontariato (Telefono Amico e sportelli di accoglienza/informativi legati all'associazionismo. ad esempio), mentre la seconda è molto più personale, è più adatta a contesti meno frontali e più individuali come blogging, performance stile It's pronounced metrosexual e vblogging su YouTube.. ossia quelli in cui "chi siete voi" con il vostro cervello, la vostra esperienza e la vostra interiorità non sono da mettere da parte per concentrarsi esclusivamente sulle persone che volete aiutare. Se confondete i due piani sarà il primo passo falso per sviluppare il burnout (fermo restando che alcun* sono più soggett* di altr* al burnout).
4- Non dimenticate mai lo scopo originario per cui siete qui, a fare ciò che fate. Idealmente, in un contesto di giustizia sociale, lotta contro la discriminazione ed educazione alla parità non dovrebbe essere il mettervi in mostra, ma se riuscite a farlo senza ferire altre persone, senza farvi trascinare dall'ego e rimanendo comunque una risorsa, amen (nel caso ditemi come si fa, per me è un concetto alieno ma non voglio credere che la mia esperienza sia universale). Penso che la motivazione migliore, per chi sente un'esigenza per l'impegno, sia quello di essere consapevoli del fatto che c'è una maniera differente di vivere la stessa vita, e di voler rendere nota questa consapevolezza anche ad altr* che invece stanno ancora lottando e soffrendo, barcamenandosi in un mare di ignoranza e preconcetti. Ma qualunque sia la cosa che vi spinge a farlo, stampatevela, ingranatevela nel cervello, e prendetela seriamente. Fatelo perché volete riscattarvi, perché volete dimostrare a voi stessi che potete cambiare il corso del vostro destino ed esserne soprattutto artefici, perché volete cambiare il mondo, perché avete un enorme senso di giustizia e non volete che in futuro il vostro dolore e il vostro senso di esclusione siano il trascorso di altri individui, quello che preferite.. ma non prendete alla leggera la motivazione per cui lo fate, e ogni occasione in cui vi sembra di perdere la bussola fatevi indirizzare da quella.
5- Imparate ad accettare le critiche, e a distinguerle sempre da attacchi, insulti e tentativi di screditare il vostro lavoro da parte di chi vuole "farvi fuori" per avvantaggiare se stess*. Lo ripeto: è un mondo duro. Ma non mettetevi mai di traverso in stile "io contro tutti", è una cosa molto immatura e poco percettiva da fare. Non siete le uniche persone sane di mente in un mondo di idiot* e sarebbe meglio, per il vostro bene, che ve ne facciate una ragione ed impariate che laddove potete migliorare vi conviene ascoltare con attenzione. Domandatevi sempre chi è che ve la sta muovendo, quale sia la sua cultura, cosa conosca di voi, quanti scambi abbiate avuto, cosa l* spinga a dirlo, le modalità con cui lo fa (ma attenzione: cercate di domare l'abitudine comune a moltissimi esseri umani di giudicare modi e tempi di un'azione) e se sta criticando più voi come persona o più un concetto. E' la differenza che passa tra litigio e dibattito filosofico: in un litigio si cerca di vedere "chi" ha ragione, in un dibattito filosofico "dove stia" la ragione. Non vi si chiede di essere d'accordo con ogni critica, ma per lo meno di rispettarla e di prendere nota, vagliando le informazioni e domandandovi quanto siano vere. E nel caso in cui ci siano situazioni ibride tra critica e insulto, o non comprendiate bene perché vi sentite a disagio o non rispettat*, beh, fidatevi del vostro istinto e del vostro personalissimo senso critico. Ma SOLO, soltanto in quella circostanza. Come regola generale, siate apert* alle critiche sempre e comunque.
6- Avete il sacrosanto diritto di riposare, di staccare, di mollare tutto quando proprio non ce la fate e vi dovete rimettere da una situazione di stress durata mesi o anni. Avete il diritto di ridurre al minimo il tempo in cui rispondete agli altri, di non rispondere affatto e di non dare troppe spiegazioni. Avete il diritto di mandare a fare in culo, per lo meno nella vostra testa, chi non reggete, cosa non reggete, di criticare ogni concetto basilare, di interrogarvi su cosa stiate facendo, di mettere in discussione ogni idee appresa e ogni vostro idolo (anzi: più abbattete gli idoli, meglio è). Avete il diritto di "indulgere" nei vostri "guilty pleasures", di ricordarvi che CONTATE a prescindere dalle vostre qualifiche e dal feedback ricevuto, di avere autocompassione e domandarvi cosa potete fare per rendere felici voi stess*. Avete il diritto di prendervi un break e di ricordarvi che ci siete ANCHE E SOPRATTUTTO VOI, e che avere una passione va bene, ma non deve diventare la vostra vita. Non siete dei martiri, siete persone, e talvolta la vostra felicità, serenità, il vostro benessere psicofisico devono venire al primo posto. Perché si corre spesso il rischio nell'attivismo di dimenticarci di noi stess*. Perché anche se può risultare divertente, produttivo, leggero negli spazi dedicati allo svago e ad attività ricreative, perdere contatto con se stess* è quanto di peggio si possa fare per una causa e per il proprio sé. Lavorate su voi stess* prima di trasformare le cose all'esterno, sennò non riuscirete a combinare nulla o quasi nulla, e non sarà mai altrettanto autentico di quando c'è un equilibrio psicofisico.

E' dura esserlo, lo capisco perfettamente.. ma nessun* ha detto che sarebbe stato facile. :) Anzi: ogni volta che pensi che sia facile, lo stai facendo male. 


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