Articolo di: Silvia Selviero
Rowling
scrive (in maniera alquanto vittimista, a parer mio) che si aspettava
l’odio, gli insulti e le minacce ricevute (e anche qui, mi ricorda
le TERF quando dicono “Siamo abituate in quanto donne a coloro che
vogliono tapparci la bocca grazie al sessismo e all’oppressione
patriarcale”, ignorando bellamente che vittime costanti del
patriarcato lo siano anche le donne trans) quando aveva cominciato a
supportare Maya. Scrive di essersi allontanata da Twitter perché
tutto quell’odio era nocivo per la sua salute mentale (e come darle
torto? I social purtroppo hanno fallito l’intento originario,
propositivo e ottimista di connettere gli altri e sono diventati una
colata di negatività e supponenza ai danni spesso di persone
indifese, come, per esempio, chi è trans…). Scrive anche di essere
rimasta sorpresa dal ricevere moltissime lettere di solidarietà da
parte di persone trans o che lavoravano con persone trans,
preoccupate dalla deriva della politica, delle pratiche mediche e
della cultura a causa di “un
concetto socio-politico”.
Non si capisce se tale concetto sociopolitico sia quello del genere
(nel qual caso è un costrutto sociale, e persino le TERF che
vorrebbero abbatterlo lo riconoscono) o quello dell’esistenza delle
persone transgender (nel qual caso devo deluderla: sono sempre
esistite e non sono affatto una deriva moderna, e anche se il
personale può essere sempre politico, secondo il femminismo, questa
è una scelta individuale consapevole a prescindere dall’identità
di genere). Rowling scrive che tali mittenti sono preoccupate del
fatto che i diritti di ragazze e donne, incluse quelle omosessuali, o
delle nuove generazioni di giovani, possano essere lesi da questo
misterioso concetto sociopolitico. E scrive che sono proprio le
persone trans stesse a rimetterci. Vedremo come a poco a poco, perché
a questo punto spiega qualcos’altro.
Sono
passate due settimane da quando ho letto il saggio di J. K. Rowling
sulla sua posizione sulla identità di genere. Ho riflettuto a lungo
su come rispondere. Il tono da usare, i sentimenti da lasciar
trasparire, e a quali dare più importanza, oltre pulsioni ed
emozioni. Quindi spero che questo mio tentativo arrivi come
ragionato, digerito e abbastanza informato da non sembrare di pancia:
sarebbe la reazione peggiore per una persona che chiede empatia, e ha
un ampio pubblico che allo stesso tempo l’ascolta,
è dubbioso, sta definendo la propria stessa posizione in merito, e
vuole vederci più chiaro.
Qualche
premessa, prima di cominciare a dissezionare la sua risposta:
- Farò riferimento, visto che parliamo italiano, alla traduzione su Portkey.it, ma è giusto che sappiate che l’ho letta anche in inglese, per essere sicura che certe cose non fossero state mal tradotte.
- Per chi avesse perso qualche puntata, questo articolo riassume due anni e passa di controversie della Rowling sulla questione transgender, dalle primissime alle più recenti. Imprescindibile per capirci, anche perché lo citerò.
- Sono una fan di Harry Potter da quand’ero piccola, e sebbene l’abbia ridimensionato con l’andare del tempo dedicandomi a letture migliori, mai negherò ciò che ha rappresentato per me e quanto sia stato fondamentale per la formazione dei miei valori, del mio sguardo sul mondo. Di Joanne Murray-Rowling ho avuto un’alta opinione perché per molti ragazzini della mia generazione rappresentava una donna che s’era fatta da sola, toccando il fondo e risalendo, e senza mai perdere contatto con l’amore e l’inclusività di cui tutta la saga è intrisa, e coronando un sogno sulla scrittura che entrambe condividiamo. Sono stata la prima a sostenere certe sue scelte, a prenderla a modello, a voler essere come lei quand’ero ragazzina, e a ritenerla intelligente, spiritosa ed empatica malgrado tutto ciò che aveva vissuto, o forse proprio per quello. Di conseguenza, nulla di ciò che dirò proviene da una posizione di astio, scherno o disprezzo per le sue opere o per lei come persona. Perché, come ha fatto notare anche un’ottima BookTuber prima di me (e ben prima di questo colpo di grazia transfobo), la Rowling è passata da “persona che avrei voluto emulare” a “persona a cui sono grata di non assomigliare”; non posso che prenderne atto, conservare nel cuore ciò che di buono ha apportato alla mia infanzia e adolescenza, e parlare del perché le sue dichiarazioni mi abbiano fatto venire il mal di stomaco.
*
All’inizio
del saggio, J. K. Rowling assicura di non voler fomentare la
tossicità che circonda l’argomento. Mi
dispiace molto che invece l’abbia fatto,
perché voglio credere nonostante tutto alla sua buona fede.
Sicuramente una delle cose che non le fanno onore è stata il falsare
la realtà con una retorica che dipinge ogni TERF (Trans Excludent
Radical Feminist, femminista radicale trans escludente) come “una
voce solitaria che grida la verità, costretta a sopportare ridicolo
e calunnie” (citazione necessaria: e non me ne voglia la
Gazzetta del Profeta,
quando ha detto la stessa cosa dopo mesi di calunnie su Harry
Potter!).
È
così fin da quando cita Maya Forstater, che dipinge come “un’esperta
di fiscalità”
(quindi, una persona autorevole dal punto di vista delle competenze
lavorative) che “ha
perso il lavoro”
(quindi, è stata privata di qualcosa, le hanno tolto la possibilità
di esercitare le sue competenze, mettersi in gioco come individuo) “a
causa di tweet che erano stati definiti ‘transfobici’.”
Già solo mettere tra virgolette un’accusa tanto tosta quale è
quella della transfobia ne nega in parte la validità, ma quale
sarebbe la ragione del licenziamento di Forstater, secondo Rowling?
L’aver detto che “il sesso sia determinato dalla biologia” e il poter essere protetta dalla legge per questo.
Peccato che, come vedrà chiunque provi a leggere l’articolo che ho citato nella premessa numero due, Maya Forstater non si era limitata a dire che il sesso sia determinato dalla biologia (chi mai le darebbe torto per questo? Suvvia!), ma “l’aveva usato come punto di partenza per negare l’identità di genere delle persone trans e non binarie (a fare le spese della sua ristrettezza di vedute c’era all’epoca Gregor Murray), ponendole in una condizione umiliante e degradante.” Per Forstater, l’identità di genere (ossia sentire di appartenere al genere di donna, uomo, o entrambi/nessuno dei due, diritto inalienabile di ogni essere umano quali che siano i genitali che si ritrova tra le gambe) non esiste, è una fantasia di chi è trans, o quantomeno conta quanto una cicca di gomma da masticare sotto le scarpe: è per questo che dice che “il signor Murray ha tutto il diritto di ritenere di non essere un uomo, ma non può obbligare gli altri a crederci. Donne e ragazze in particolare non dovrebbero essere forzate a mentire sul sesso di qualcuno, quindi mi riservo il diritto di dargli del lui come farei per tutti i maschi.” Durante il processo, è apparso chiaro che Forstater non voleva cambiare idea (J. K. Rowling la chiamerà sempre Maya, proprio a sottolineare la vicinanza emotiva con lei), che era ferrea sulle sue posizioni, e si appellava alla scienza per cancellare un concetto che
L’aver detto che “il sesso sia determinato dalla biologia” e il poter essere protetta dalla legge per questo.
Peccato che, come vedrà chiunque provi a leggere l’articolo che ho citato nella premessa numero due, Maya Forstater non si era limitata a dire che il sesso sia determinato dalla biologia (chi mai le darebbe torto per questo? Suvvia!), ma “l’aveva usato come punto di partenza per negare l’identità di genere delle persone trans e non binarie (a fare le spese della sua ristrettezza di vedute c’era all’epoca Gregor Murray), ponendole in una condizione umiliante e degradante.” Per Forstater, l’identità di genere (ossia sentire di appartenere al genere di donna, uomo, o entrambi/nessuno dei due, diritto inalienabile di ogni essere umano quali che siano i genitali che si ritrova tra le gambe) non esiste, è una fantasia di chi è trans, o quantomeno conta quanto una cicca di gomma da masticare sotto le scarpe: è per questo che dice che “il signor Murray ha tutto il diritto di ritenere di non essere un uomo, ma non può obbligare gli altri a crederci. Donne e ragazze in particolare non dovrebbero essere forzate a mentire sul sesso di qualcuno, quindi mi riservo il diritto di dargli del lui come farei per tutti i maschi.” Durante il processo, è apparso chiaro che Forstater non voleva cambiare idea (J. K. Rowling la chiamerà sempre Maya, proprio a sottolineare la vicinanza emotiva con lei), che era ferrea sulle sue posizioni, e si appellava alla scienza per cancellare un concetto che
- È squisitamente sociologico, visto che gli studi di genere proprio in ambito sociologico ed accademico sono nati, e non hanno mai negato che il sesso biologico sia reale. Semplicemente indagano ciò che una determinata cultura e una determinata epoca storica bollano come proprio “degli uomini”, “delle donne” o “di entrambi”, visto che tale concetto non è né universale né eterno, e le conseguenze anche profonde che questo costrutto sociale abbia sulle vite delle persone. Parafrasando Sam Killermann, “Se un essere umano nasce col pene diamo per scontato che sia un lui, con tutto il corollario di comportamenti che esserlo comporta per noi, e lo cresceremo perché sia un lui. Se un essere umano nasce con la vagina diamo per scontato che sia una lei, con tutto il corollario di comportamenti che esserlo comporta per noi, e la cresceremo perché sia una lei. E quando siamo indecisi, nel caso delle persone intersessuali, tiriamo a sorte per decidere se castrarle nella casella del lui o della lei in base a ciò che ci fa più comodo. E come spero abbiate cominciato a capire, questi stereotipi non fanno del male solo a chi è intersessuale.”
- Non ha nulla a che fare col rispetto e la decenza che si devono ad altri esseri umani che chiedono di essere trattati da pari a pari in un mondo discriminatorio che vorrebbe che non esistessero, e che nulla avrebbero tolto a lei in quanto essere umano.
- È accettato anche dalla scienza! Ultimamente ci si sta rendendo conto di quanto posizioni assolutistiche in merito al sesso anatomico siano scorrette, sia perché cancellano l’esistenza delle persone intersessuali (o le riducono a “persone malate con gravissimi problemi di ritardo mentale e fisico”, “argomento scabroso” ed “errori durante la meiosi”, come gentilmente faceva notare il mio libro di testo delle superiori…), sia perché, come potrete leggere anche qui, i diversi ambienti in cui anche persone nate XX e persone nate XY sono immerse portano a delle differenze sostanziali, anche tra femmina e femmina e tra maschio e maschio. Di conseguenza, è inutile fingere di non vedere che il contesto giochi un ruolo cruciale nel rafforzamento di stereotipi percepiti come “naturali”. Se fosse così naturale per una bambina preferire il rosa e le bambole, e per un bambino preferire l’azzurro e i soldatini, perché il condizionamento inizia fin da quando sono neonati? Se fosse così naturale per una donna essere accudente, come ci hanno insegnato in Occidente, perché gli uomini della tribù Mosuo in Cina sono accudenti senza che questo determini alcuna spaccatura con il loro sentirsi uomini? Se le gonne gridano “sono una donna” a tutto spiano e il trucco pure a meno che non sia per il teatro o per i cantanti, come mai non si mette in dubbio la virilità degli uomini scozzesi perché indossano il kilt, degli Antichi Romani per il gonnellino, o degli uomini indiani quando mettono il kajal? Se l’aggressività è una caratteristica virile e nelle donne dovrebbe essere tenuta sotto controllo, concetto avvalorato dal ruolo che le donne dovrebbero avere nelle religioni abramitiche “in quanto è così che Dio ha voluto”, e anche da un ampio filone di spiritualità extra monoteismo, come mai nelle antiche religioni si trovano a bizzeffe divinità, Kalì in testa, che rappresentano la potenza bellicosa, aggressiva del femminile, e non “delle dee con un lato maschile che non hanno tenuto abbastanza sotto controllo”? Il genere ci plasma ben più delle differenze sessuali anatomiche. Non è trasversale ad ogni cultura, e anche nella stessa può variare col passare dei secoli. Il genere, e un approccio che ne riconosca gli stereotipi nocivi, merita la preminenza in questi discorsi.
Stante
tutte queste cose, J. K. Rowling avrebbe potuto evitare di nascondere
le reali dichiarazioni di Maya Forstater o di twittare che era
ingiusto che “una
donna fosse stata forzata a perdere il lavoro per aver affermato che
il sesso è una cosa reale”,
ma sappiamo che presentarla come una vittima faceva parte della
retorica pro TERF.
Quel
che è peggio è che Rowling subito dopo cerca di presentarsi come
una
persona esperta sulle tematiche inerenti al transgenderismo:
“Ho
incontrato persone trans, ho letto svariati libri, blog e articoli
scritti da persone trans, da specialisti del genere, da persone
intersex, psicologi, esperti di tutela, assistenti sociali e dottori,
e ho seguito la discussione online e sui media tradizionali”, sia
per la serie di romanzi gialli che stava scrivendo sia per ragioni
personali. E dice anche che per tutto il tempo in cui “ha
compiuto ricerche e si è informata”
(di nuovo, rafforzando la sua rappresentazione in qualità di persona
preparata) sia stata subissata da accuse e minacce di attivisti pro
transgender a cominciare da un like messo alla TERF sbagliata (quella
che dichiarava che le donne trans fossero “uomini col vestito che
si prendevano lo spazio dedicato alle donne nei comizi, venendo
ascoltati più di loro”). Rowling scrive nel suo saggio che invece
di screenshottare il tweet in questione si fosse limitata per errore
a mettere un like, che a quel punto “è
diventato la prova di un presunto pensiero sbagliato”
che ha “iniziato
un costante sottofondo di vessazioni online.”
Rowling
si sta definendo una
persona vessata per un errore dovuto alla distrazione, ma evita di
menzionare che prima di allora sia stata invitata più volte a
chiarire l’equivoco e che avrebbe potuto tranquillamente farlo,
eppure è rimasta in silenzio per due anni a partire dal 2018.
La sua portavoce si
è limitata a dire a PinkNews
che lei aveva avuto “un momento di sbadataggine da donna di mezza
età” che non sapeva usare bene il telefono, e lei non è mai
intervenuta prima di adesso. Viste le controversie ben peggiori che
s’erano scatenate dopo,
cosa le sarebbe costato dire subito “volevo screenshottarlo ma ho
messo un like per sbaglio, sto conducendo delle ricerche approfondite
in merito all’identità di genere sia come scrittrice sia come
persona”?
I suoi fan ne sarebbero stati lieti e sollevati, lei avrebbe
probabilmente reintegrato la sua reputazione già da allora, e
avrebbe avuto accesso a un sacco di materiale in più, proveniente da
diversi punti di vista, col rischio di diventare davvero una persona
colta. Io
credo che questo silenzio di due anni non sia casuale:
credo derivasse dal fatto che lei aveva già un
pensiero preciso sulla faccenda,
pensiero che la
retorica femminista radicale trans escludente ha contribuito a
rafforzare,
e mentre ricercava tra sé e sé quello che glielo confermava
nell’oceano di Internet non
volesse avere nessuna smentita.
Effetto Dunning Kruger in agguato e come vedremo più avanti bias
cognitivi per i suoi traumi. Del resto, come
dice una ragazza che ha avuto un’educazione ben poco aperta a punti
di vista diversi,
e
che ho avuto il privilegio di tradurre,
“Il
nostro modo di pensare ci sembra così giusto e autoevidente che
spesso non riusciamo proprio a concepire come si possa credere o si
possano vedere le cose in maniera differente. Talvolta (come nel mio
caso) è perché siamo stati così protetti dagli altri punti di
vista che non abbiamo davvero idea di cosa parlino e cosa abbraccino.
Alcuni di noi hanno accesso a queste informazioni, ma sono così
timorosi e paranoici (ma ricordate: noi non crediamo di essere
timorosi e paranoici; crediamo di essere accorti e cauti) e/o sono
così persuasi che le proprie idee e maniere siano corrette e/o hanno
così paura di essere convertiti al lato oscuro che non permetteranno
a se stessi di processare e digerire le informazioni in modo
adeguato.
E allora iniziamo a dire a gran voce che siano Loro quelli chiusi di mente, e ci crediamo con tutto il cuore, perché non abbiamo idea di quanto non abbiamo idea.”
E allora iniziamo a dire a gran voce che siano Loro quelli chiusi di mente, e ci crediamo con tutto il cuore, perché non abbiamo idea di quanto non abbiamo idea.”
A
questo punto, Rowling dice che le accuse e minacce online siano
peggiorate quando ha cominciato a supportare Magdalen Burns, che
presenta sia con toni lusinghieri (“una
giovane femminista lesbica enormemente coraggiosa”,
“una
strenua sostenitrice dell’importanza del sesso biologico”,
“credeva
che le lesbiche non dovessero essere chiamate bigotte per non voler
frequentare sentimentalmente le donne trans con il pene”)
sia compassionevoli (“stava
morendo di una forma aggressiva di tumore al cervello”).
Verrebbe quasi da ammirare la scrittrice per aver voluto contattare
comunque questa incredibilmente coraggiosa giovane donna sul letto di
morte, o quantomeno lasciarla fare… se
non si sapesse che Magdalen Burns ha detto questo delle donne trans:
“Siete
solo dei fottuti attori che fanno la blackface. Non siete donne.
Siete uomini che si arrapano ad essere trattati come delle donne.
Vaffanculo a voi e alle vostre nauseanti cazzo di perversioni. La
vostra oppressione non è un feticcio sessuale, patetici malati di
merda.”
E questo è solo un tweet tra i tanti che Andrew
James Carter ha provveduto a riesumare
per l’occasione. Pregasi notare che gli attori bianchi che nel
secolo scorso si dipingevano la faccia di nero a scopo ludico a
teatro per impersonare delle persone nere sono molto osteggiati al
giorno d’oggi perché quella loro recita aveva del
grottesco, del macchiettistico, dell’innaturale, oltreché
ovviamente del razzista.
Paragonando a loro le donne trans, Magdalen
Burns ha detto che sono attori che possono solo imitare in maniera
disgustosa e grottesca ciò che non saranno mai, che sono misogine e
che questa loro (inesistente) perversione sessuale riflette
l’oppressione degli uomini sulle donne.
Qualora non fosse chiaro, nessuna identità di genere è un
feticismo. Nessun essere umano merita di vedersi descrivere in questo
modo, e se Burns lo credeva, era molto violenta verso le donne trans.
Andrew
James Carter fa notare inoltre che è un
classico anche usare le lesbiche come lasciapassare per dichiarazioni
transfobe
(incluse le incessanti lagne perché “oh
no, vogliono obbligarmi a fare sesso con le donne col pene, mi sento
violentata, vogliono togliermi la libertà di scelta!!”,
cosa del tutto fasulla che non riflette minimamente il
riconoscere l’oppressione misogina delle donne transgender a
prescindere dal fatto di poterla trovare una potenziale partner
oppure no!).
Raccomanda di seguire su Twitter l’account di Bella Rizinti per
scoprire cosa pensi la maggioranza delle lesbiche cisgender riguardo
alle persone trans, e io raccomando di studiarsi la controversia di
Arcilesbica, lasciata
sempre più sola dalle altre associazioni femministe e LGBT
e ormai
supportata da – udite udite! – quasi solo frange cattoliche
notoriamente molto poco benevole nei confronti dell’omosessualità.
Sembra un paradosso, ma è così, e proprio le posizioni definite
“gender critical – critiche verso il concetto del genere” o le
mistificazioni
come
quelle riferite
su
Abbatto I Muri
di
qualche anno fa,
incluse
quelle su Marina Terragni
e Luisa
Muraro,
o l’intera
retorica de “Nel Mulino Che Vorrei, il Genere Abbatterei/Il Diavolo
Veste TERF” denunciata da Nathan Bonnì su Progetto Genderqueer,
sono valse la nascita di collettivi e associazioni come Lesbix, che
vogliono discostarsi dalla legge
escludente, obsoleta, del pugno di ferro promossa da Arcilesbica, e
preferiscono aprirsi a una maggiore comprensione ed inclusività
delle donne tutte.
Rowling
si lamenta del termine TERF, che
di per sé non ha nulla di offensivo
(cosa ci sarà mai di offensivo nel rimarcare che qualcuna è
femminista, radicale ed esclude chi è trans, visto che di solito non
ha problemi ad affermarlo già da sé?), ma
che riconosco possa essere usato con disprezzo
da coloro che sostengono che le persone transgender siano parte
integrante delle istanze femministe e non vogliono che vengano
escluse. Rowling dice che sono state accusate di essere TERF,
indiscriminatamente e senza cognizione di causa, anche madri che
temevano che il figlio gay volesse fare il percorso di transizione
per sfuggire all’omofobia (non avendo portato alcun link al
riguardo devo basarmi solo sulle sue parole: non so se ritenere
sbagliato che questa madre sia definita tale, non conosco le sue
posizioni sul transgenderismo, e per quello che ne so potrebbe
benissimo essere transfoba ma non omofoba, o ritenere valide solo le
persone gay cisgender). O signore anziane che a causa dei camerini
aperti sia a donne cis sia a donne trans non avrebbero più voluto
mettere piede nei negozi di Marks & Spencer. Questa non è una
novità, dal momento che le stesse grida di orrore si levano anche
per la possibilità di bagni di genere neutro, destinati agli esseri
umani tutti e non suddivisi “per uomini” o “per donne”. Non
so se questa signora anziana faccia le stesse storie per tutti i
ristoranti, le case o gli uffici dove c’è un bagno/camerino solo e
lo usano indistintamente tutte le persone all’interno. Non conosco
neppure la sua prossimità o lontananza dalle istanze femministe.
Ancora una volta, credo a J. K. Rowling sulla parola.
Ma
non posso assolutamente essere d’accordo con la sua pessima
dichiarazione seguente: “Ironicamente,
le femministe radicali non sono propriamente “trans-escludenti”,
perché includono i trans f-to-m nel
loro femminismo siccome sono nati femmine.”
Come
sa OGNI UOMO E RAGAZZO FTM E/O TRANS CHE CI SEGUA, o anche NON
BINARIO, quasi sempre se si è tali si viene INVISIBILIZZATI. Il
dibattito pubblico si concentra quasi esclusivamente se non
totalmente sulle donne transgender, cancellandoli, dimenticandoli o
relegandoli ad una cultura già più avanzata sul mondo trans, quello
che prende in esame anche la transmascolinità e che non crede che
“trans” sia “un uomo che vuol farsi crescere le tette”. Gli
uomini trans e non binari che smettono col percorso di transizione e
non abbandonano gli ambienti lesbici femministi vengono definiti “le
sopravvissute” e si prova a convincerli che siano solo “donne che
non accettano di vivere in un mondo misogino e sessista, e cercavano
una via di fuga accaparrandosi i privilegi maschili.” Essere messi
a tacere, ignorati, veder negato il proprio diritto di essere
autentici, assimilando la propria prospettiva identitaria a quella di
una donna cisgender “che ha problemi con la femminilità”, NON è
e non sarà MAI ACCETTAZIONE O INCLUSIONE DI UOMINI TRANS E NON
BINARY NEGLI SPAZI FEMMINISTI. Proprio come non sarà mai rispettoso
essere uomini trans e constatare che la loro vagina conta più della
loro identità, agli occhi delle TERF.
E
lo grassetto e sottolineo perché non si ripeterà mai abbastanza.
Nel
saggio, Rowling sostiene che l’accusa di essere TERF ha ridotto al
silenzio un sacco di persone. Ammetto che a questo punto mi
abbia ricordato coloro che vanno al Family Day e le associazioni come
Pro Vita
che durante l’isteria collettiva per l’ideologia del gender (ma
per la verità ancora adesso) gridavano “ormai
la propaganda omosessualista vuole tapparci la bocca quando facciamo
notare che certe cose perverse sono pericolose per i nostri figli!!”,
riferendosi alle linee guida dell’OMS per una corretta informazione
sulla comunità LGBT nelle scuole durante i programmi di educazione
all’affettività. Ho trattato in maniera approfondita la questione,
su più fronti, in
questo articolo.
Rowling
dichiara (sempre dipingendosi come una vittima che rifiuta di essere
piegata) di avere cinque ragioni per non lasciarsi “intimidire”
e “non
fare le sue ricerche in silenzio, a testa bassa”.
La prima di esse è che possegga un ente benefico in Scozia (Lumos,
in precedenza Children’s High Level Group) che vuole alleviare la
miseria di donne e bambini in particolare, anche delle vittime di
abusi sessuali nella sfera domestica o in carcere. Dice che tutto il
suo impegno per combattere anche la sclerosi multipla (malattia che
ha ucciso sua madre, Anne Volant, quando Joanne era ancora molto
giovane, NDR) la rende al corrente di quanto questa malattia si
manifesti in modo diverso a seconda del sesso di appartenenza.
Scrive: “Mi
è chiaro, da tempo, che il nuovo attivismo trans sta avendo (o avrà,
se tutte le richieste verranno accolte) un impatto significativo su
molte cause che sostengo, perché spinge verso la riduzione della
definizione legale di sesso, rimpiazzandolo con genere.”
Ed
io, in tutta onestà, mi
chiedo come.
Anche
le donne trans sono vittime di violenza domestica
e la
situazione nelle carceri ai loro danni è disumana,
specie quando le si assegna alle carceri maschili dando preminenza al
sesso anatomico anziché alla loro identità di genere. Non
vedo come la loro realtà possa cancellare le ricerche che si
occupano nello specifico di altre donne, quelle cis, perché non vedo
come riconoscere che ci siano ulteriori ricerche da fare, o che
esistano altre identità di genere, possa cancellare le proprie
ricerche o la propria
identità di genere.
L’assimilazione
e il rimpiazzo di cui la scrittrice parla non è diverso, ancora una
volta, dai genitori apprensivi che gridavano che apprendere delle
persone LGBT avrebbe fatto il lavaggio del cervello alla loro prole o
avrebbe spinto chiunque ad ignorare dell’esistenza di chi è
eterosessuale e cisgender. Perché
spingere per le ricerche della violenza sul genere femminile (o sui
bambini anche transgender e gender variant) dovrebbe avere effetti
perniciosi sulle donne cisgender e sui bambini cisgender? Perché
fare anche ricerche sulla sclerosi multipla e sugli effetti che ha
sui corpi transgender, pre-transizione, durante la transizione o dopo
la transizione, o anche sui corpi intersessuali, sempre lasciati
fuori dal discorso purtroppo, dovrebbe in qualche modo inficiare le
ricerche che questa terribile malattia abbia sui corpi di donne e
uomini cisgender? Perché dovrebbe essere una cosa negativa il
puntare per una maggiore comprensione del genere affiancando
all’ottimo lavoro già svolto anche quello su altre vittime? Non
togliere nulla, ma aggiungere soltanto, è sempre una ricchezza,
offre sempre sfumature di compenetrazione della realtà ulteriori.
“La
seconda ragione è che sono una ex insegnante e
fondatrice di un ente benefico per bambini, il che significa che mi
interessano sia l’educazione che la tutela dei diritti. Come tanti
altri, anche io sono preoccupata degli effetti che il movimento sui
diritti dei trans stanno avendo su entrambi.” A questo punto
dell’articolo, l’autrice non approfondisce la questione, ma lo
farà in seguito.
“La terza
ragione è che, come autrice che spesso è stata
messa al bando, sono interessata alla libertà di parola e l’ho
difesa pubblicamente, persino nel caso di Donald Trump.”
Davvero ironico che abbia messo le critiche per le sue posizioni
sulle persone transgender sullo stesso piano della censura adoperata
da Trump. In effetti, l’amministrazione
di Donald Trump non
c’è certo andata leggera, in
questi anni, sui
diritti delle persone transgender, come
potete vedere in
tutti questi link che
vi sto portando. Accostarli suggerendo subdolamente
che le une equivalgano alle altre è un atto davvero offensivo, per
non dire ignorante, e c’entra come i cavoli a merenda.
La quarta ragione,
dice, è dove le cose si fanno ancora più personali. Dice di essere
preoccupata del crescente numero di “giovani donne che vogliono
effettuare la transizione” (in realtà si riferisce alle
persone nate anatomicamente femmine, nate con cromosomi che vanno in
XX) e che alcune di loro si sono pentite di aver assunto ormoni o
essersi sottoposte a interventi chirurgici che le hanno
“irrimediabilmente private della fertilità”. Le persone
che si pentono della transizione e le cause che portano a tutto ciò
fanno parte di un argomento che ho affrontato già qui,
avvalendomi di uno dei tanti studi al riguardo di quella che, per
inciso, è un’avvocata e un’attivista transgender. Dunque le
righe seguenti del suo discorso (confusione tra omosessualità e
transgenderismo, il fulmine a ciel sereno di non poter più
procreare) non sono nulla che le persone transgender – o le persone
nell’attivismo che si occupano di diritti e corretta informazione
sulle persone transgender – abbiano mai nascosto o evitato di
affrontare.
Rowling però dice
anche: “Molti probabilmente non sanno – io certamente non lo
sapevo finché non mi sono messa a indagare in maniera adeguata –
che dieci anni fa la maggior parte delle persone che volevano
effettuare la transizione verso il sesso opposto erano uomini. Ora
questa casistica è opposta. Nel Regno Unito c’è stata una
crescita del 4400% nelle donne che hanno richiesto di effettuare la
transizione. Le ragazze autistiche hanno una presenza enorme in
questi numeri.
Lo stesso fenomeno è stato osservato negli Stati Uniti. Nel 2018, la dottoressa e ricercatrice americana Lisa Littman ha deciso di indagare questa cosa. In un’intervista, ha detto: “I genitori online hanno descritto un pattern molto inconsueto di identificazione transgender, nella quale molti amici e addirittura interi gruppi di amici si sono identificati in un altro sesso allo stesso tempo. Sarei stata negligente se non avessi tenuto in considerazione il contagio sociale e l’influenza di gruppo come potenziali fattori”.
La Littman ha citato Tumblr, Reddit, Instagram e YouTube come fattori che possono aver contribuito alla Rapida Insorgenza di Disforia di Genere, nella quale crede che nell’ambito dell’identificazione transgender “i giovani hanno creato particolari casse di risonanza di natura insulare”.
Il suo studio ha generato un putiferio. È stata accusata di parzialità e di diffusione di disinformazione sulle persone transgender, è stata sottoposta a uno tsunami di abusi e di tentativi di screditare lei e il suo lavoro. La rivista ha cancellato il suo studio e lo ha rivisto prima di ripubblicarlo. La sua carriera ha subito un colpo simile a quello sofferto da Maya Forstater.”
Lo stesso fenomeno è stato osservato negli Stati Uniti. Nel 2018, la dottoressa e ricercatrice americana Lisa Littman ha deciso di indagare questa cosa. In un’intervista, ha detto: “I genitori online hanno descritto un pattern molto inconsueto di identificazione transgender, nella quale molti amici e addirittura interi gruppi di amici si sono identificati in un altro sesso allo stesso tempo. Sarei stata negligente se non avessi tenuto in considerazione il contagio sociale e l’influenza di gruppo come potenziali fattori”.
La Littman ha citato Tumblr, Reddit, Instagram e YouTube come fattori che possono aver contribuito alla Rapida Insorgenza di Disforia di Genere, nella quale crede che nell’ambito dell’identificazione transgender “i giovani hanno creato particolari casse di risonanza di natura insulare”.
Il suo studio ha generato un putiferio. È stata accusata di parzialità e di diffusione di disinformazione sulle persone transgender, è stata sottoposta a uno tsunami di abusi e di tentativi di screditare lei e il suo lavoro. La rivista ha cancellato il suo studio e lo ha rivisto prima di ripubblicarlo. La sua carriera ha subito un colpo simile a quello sofferto da Maya Forstater.”
In
breve, Rowling sostiene la narrativa che presenta le
persone transmascoline come una nuova generazione di donne che, di
nuovo, soffre di misoginia interiorizzata, e che rifugge dal busto
troppo stretto della femminilità cercando di accaparrarsi i
privilegi degli uomini attraverso il percorso di transizione.
È la stessa narrativa patologizzante che le linee guida del WPATH
(World Professional Association for Transgender Healthcare) hanno
cercato di mettere in discussione promuovendo l’autodeterminazione
di chi è trans.
Rowling
attraverso Littman confonde la causa con l’effetto, sostenendo che
Internet abbia promosso tale “fuga dalla realtà” nelle “giovani
donne” (in realtà uomini transgender e non binari) agendo come
cassa di risonanza e cattivo maestro. L’attivismo di e per gli
uomini transmascolini è in crescita negli ultimi anni proprio grazie
a Internet, è vero, ma è anche e soprattutto perché per decenni è
stato assimilato alla condizione delle donne lesbiche cisgender, non
c’erano abbastanza studi in merito, ed era assai difficile reperire
informazioni adeguate. Anche il canale di FtM
Italia/Voloversolavita2012 è stato uno dei primi in Italia, giusto
per chiarire quanto fosse necessario mettersi davanti a una
telecamera raccontando la propria esperienza ad altri ragazzi,
dimostrare che questa via era possibile, che questo “diario di
bordo” poteva avvicinare e umanizzare. Nei
primissimi anni Duemila c’era solo Boys
Don’t Cry
come film che parlava di un uomo trans (purtroppo brutalmente
violentato e ucciso in un crimine d’odio, giusto per rimarcare
quale narrativa pietista fosse predominante), e una puntata di CSI
con un serial killer di nome Paul, che era nato Pauline.
Sulle donne transfemminili invece esisteva molto di più, cosa che
giustamente spingeva al percorso di transizione numeri maggiori di
loro. E di attivisti trans italiani, dunque non solo Buck Angel, Chaz
Bono, Dhillon Khosla e pochi altri stranieri? Che io ricordi, si
potevano racimolare a malapena Miki Formisano, conosciuto anche da
Vladimir Luxuria, e Gabriele Dario Belli in seguito alla sua
partecipazione all’edizione 2009 del Grande
Fratello.
Insomma, esisteva un
vero e proprio mondo sommerso
da rivelare e un gap da colmare. Gli stessi mezzi che Littman dipinge
come “la causa scatenante” sono stati proprio lo strumento adatto
per rendere gli uomini trans più consapevoli e sicuri di sé, per
farli uscire dall’ombra – perché intendiamoci, non è che prima
non esistessero, è che si
erano adeguati a spazi e definizioni che non sentivano propri non
conoscendo altro.
Come ulteriore testimonianza in merito consiglio anche i libri
Camminavo
rasente i muri: autobiografia tascabile di un transessuale di
Massimo D’Aquino e Met(àMor)fosi
di
David Barzelatto, che giovanissimi non sono, eppure hanno solo
giovato della divulgazione tramite Internet che è cresciuta in
questi ultimi anni, prendendo decisioni salvavita anche per se stessi
in età più avanzata.
Sebbene
sia del tutto verosimile farsi contagiare dal proprio gruppo di amici
facendo anche cose che non sono adatte a sé, con un adeguato
sostegno è facilissimo accorgersene. Questo
percorso non è una passeggiata, checché ne dicano le persone che
non ci sono passate e che se ne escono con frasi come “quelli si
svegliano una mattina e decidono di cambiare sesso”, bisogna
essere sottoposti a scrutini e valutazioni che generano uno stress
non indifferente,
e il “contagio nel gruppo dei pari” è potenzialmente valido per
qualunque fenomeno, e non dovrebbe essere presentato come una
caratteristica intrinseca alla transmascolinità.
C’è anche da dire che le persone transgender tendono a fare gruppo
tra di loro e anche prima di avere piena consapevolezza di sé
frequentano persone LGBT. Non ho studi sottomano che lo dimostrino,
ma basta chiedere a qualunque ragazzo trans quali fossero le sue
compagnie preferite per buona parte della sua vita, da chi si
sentisse più accettato per “le sue stranezze”. Di conseguenza, è
del tutto verosimile che spargano la voce e capiscano di essere tutti
toccati personalmente dalla faccenda, o che il simile attragga il
simile.
Infine,
non ritengo casuale che Rowling abbia specificato che “le
ragazze”
autistiche siano una grande porzione di questi numeri. Non
solo gli studi sulle ragazze autistiche sono pochissimi, essendo
diagnosticate in misura assai minore dei ragazzi, e non solo combacia
con la narrativa pietista e patologizzante che la scrittrice ha
adottato per parlare delle persone trans in generale
(persone trans e persone neurodiverse hanno in comune l’essere
dipinte come malate, sfortunate, problematiche e infelici per la loro
condizione, e non perché vivano in un mondo discriminatorio fatto su
misura delle persone cisgender e neurotipiche). Essendo
l’identità transgender e il percorso di transizione, in
particolare per gli uomini trans e non binari, entrambi argomenti “di
nicchia”, non c’è da stupirsi che ad informarsi ritrovandosi con
una qual certa preparazione in merito siano persone già più
consapevoli di tematiche inerenti psicoanalisi, medicina, sociologia,
antropologia, che abbiano sviluppato o siano inclini a sviluppare una
cultura delle diversità, e tra queste è impossibile non trovare
anche persone che ricadono nello spettro della neurodiversità.
Non mettere in conto anche questo, come non mettere in conto che i
Millennials siano in media più colti, percettivi e tolleranti delle
generazioni precedenti verso le minoranze oppresse, è creare una
retorica falsata e piena di bias cognitivi, se non proprio in
malafede.
“Lisa
Littman aveva osato mettere in discussione uno dei principi
dell’attivismo trans, e cioè che l’identità di genere di una
persona è innata, come l’orientamento sessuale. Nessuno,
insistevano gli attivisti, può essere convinto a “diventare”
trans da qualcun altro.” Rimando
di nuovo al mio articolo precedentemente linkato sul perché alcune
persone si pentano della transizione. C’è anche un’ampia
letteratura che, benché sia divisa su quanto ci sia di innato e
quanto di appreso nell’essere trans, dimostra che il benessere
delle persone LGBT incrementa in modo esponenziale quando sono in un
ambiente sereno, che le accetta e le fa sentire accolte per come
sentono di essere. Ampia letteratura del tutto accessibile con una
veloce ricerca su Google, ma cito giusto due fonti che si sono
occupate di fare ricerche su questo in passato: il centro SInAPsi e
la Fondazione Genere Identità Cultura, come molti degli studi che il
professor Paolo Valerio ha condotto per oltre vent’anni.
“L’argomento
di molti attuali attivisti trans è che se non permetti a un teenager
con disforia di genere di effettuare la transizione, questi si
suiciderà. In un articolo in cui spiegava perché si è dimesso dal
Tavistock (una clinica del gender (sic) dell’istituto
nazionale di sanità inglese) lo psichiatra Marcus Evans ha scritto
che le affermazioni sul fatto che i bambini si suicideranno se non
verrà loro permesso di effettuare la transizione non “si
allineano, nella sostanza, ad alcun dato o studio in quest’area. E
corrispondono ai casi che ho visto in decenni di lavoro nel campo
della psicoterapia”.” Mi dispiace veramente di dover
smentire Marcus Evans, che mi domando se si sia dimesso perché le
sue tesi erano inaccettabili per la clinica per cui lavorava. Perché
anche qui, basta
fare qualche
ricerca per
scoprire che
è un attimo confutarlo sugli
effetti nefasti e
talvolta mortali dell’impedire
agli adolescenti trans e non binary di avere accesso
almeno ai bloccanti ormonali. E uscendo dallo stretto ambito dei
minorenni, anche i casi di David Reimer e John/Joan dimostrano
che cambiare il genere d’elezione di una persona sia praticamente
impossibile, per quanto il tentato condizionamento possa essere
pesante. Anche in questo caso, ne sanno qualcosa le quasi sempre
invisibili persone intersex (che, ironia della sorte, spesso alla
nascita subiscono mutilazioni, come abbiamo già visto, contro il
loro consenso perché siano cresciute come un lui o una lei, le
stesse che sono oggetto di controversie quando una persona trans
nell’età della ragione vuole intraprenderle di sua spontanea
volontà). Persone intersex che talvolta decidono di correggere
la mutilazione con un percorso di transizione ancora troppo poco
trattato poiché diverso da quello per chi è XX o XY, e che ha a che
fare con corpi già chirurgicamente alterati prima che avessero la
possibilità di capirlo o scoprirlo, visto che non è raro che
vengano a conoscenza di essere intersessuali da adulti. Per farli
ricadere nel binario che vede solo le opzioni di uomo-maschio e
donna-femmina come valide e possibili, dunque, si commette una
violenza inenarrabile ai loro danni.
Ma torniamo agli
adolescenti transmascolini. J. K. Rowling descrive i loro scritti
come “sensibili e intelligenti”, e si identifica fin
troppo nelle loro descrizioni degli effetti nefasti della disforia di
genere (= odio e malessere per il genere assegnato alla nascita dagli
altri, desiderio di essere riconosciuti nel genere d’elezione, e
desiderio a volte di non esistere). Si identifica così tanto, in
effetti, che confonde di nuovo tali effetti come la causa scatenante
del percorso di transizione che poi hanno intrapreso. Altrimenti
non direbbe che ansia e dissociazione, disturbi alimentari, odio di
sé e autolesionismo l’abbiano portata a chiedersi se, qualora
fosse nata trent’anni dopo, non avrebbe desiderato transizionare
per essere riconosciuta come un uomo a pieno titolo anche lei.
“Il fascino di fuggire dal mio essere donna sarebbe stato
enorme. Da adolescente soffrivo di un fortissimo disturbo ossessivo
compulsivo. Se avessi trovato online quella compagnia o empatia che
non riuscivo a trovare nell’ambiente che mi circondava, credo che
avrei convinto me stessa a diventare il figlio che mio padre aveva
apertamente detto che avrebbe preferito.
Quando leggo della teoria dell’identità di genere, ricordo quanto mi sentissi mentalmente priva di sesso da giovane. Ricordo la descrizione di se stessa di Colette come “mentalmente ermafrodita”, e le parole di Simone de Beauvoir: “È perfettamente naturale per la donna del futuro sentirsi indignata nei confronti dei limiti posti dal suo stesso sesso. La vera domanda non è se dovrebbe rifiutarli: il problema, semmai, è capire perché li accetti”.
Negli anni ottanta non avevo realisticamente la possibilità di diventare un uomo: furono i libri e la musica che mi fecero affrontare i miei problemi mentali e lo scrutinio e il giudizio sessualizzato che mettono in guerra così tante ragazze contro il loro corpo durante l’adolescenza. Fortunatamente per me, sono riuscita a scoprire che il mio senso di diversità e la mia ambivalenza nell’essere una donna si riflettevano nei libri delle scrittrici e delle musiciste che mi rassicuravano sul fatto che, nonostante tutto ciò che un mondo sessista scaraventa contro chi ha il corpo di una donna, va benissimo non sentirsi tutta rosa, frivola e conforme nella propria testa. È OK sentirsi confusa, dark, sia sessuale che non-sessuale, insicura di cosa o chi tu sia.”
Quando leggo della teoria dell’identità di genere, ricordo quanto mi sentissi mentalmente priva di sesso da giovane. Ricordo la descrizione di se stessa di Colette come “mentalmente ermafrodita”, e le parole di Simone de Beauvoir: “È perfettamente naturale per la donna del futuro sentirsi indignata nei confronti dei limiti posti dal suo stesso sesso. La vera domanda non è se dovrebbe rifiutarli: il problema, semmai, è capire perché li accetti”.
Negli anni ottanta non avevo realisticamente la possibilità di diventare un uomo: furono i libri e la musica che mi fecero affrontare i miei problemi mentali e lo scrutinio e il giudizio sessualizzato che mettono in guerra così tante ragazze contro il loro corpo durante l’adolescenza. Fortunatamente per me, sono riuscita a scoprire che il mio senso di diversità e la mia ambivalenza nell’essere una donna si riflettevano nei libri delle scrittrici e delle musiciste che mi rassicuravano sul fatto che, nonostante tutto ciò che un mondo sessista scaraventa contro chi ha il corpo di una donna, va benissimo non sentirsi tutta rosa, frivola e conforme nella propria testa. È OK sentirsi confusa, dark, sia sessuale che non-sessuale, insicura di cosa o chi tu sia.”
Come potete vedere
anche qui
e qui
è tipico delle persone cisgender quello di appropriarsi delle
esperienze delle persone transgender senza capirle davvero,
modellandole sulle proprie, o decretando dalla propria prospettiva
inconsapevole chi dovrebbe avere l’autorizzazione a intraprendere
questo percorso e chi no. Rowling in questo non è diversa, e benché
io riconosca come valida la sua esperienza, e sia felice che abbia
raggiunto un equilibrio in questo, ritengo fallace assurgerla come
esempio di ciò che funziona per una persona che la sua stessa
identità di genere non ce l’ha. Finché non ci si distacca
dalla propria visione parziale, e finché si ritiene che un uomo
transgender sia “una donna che vuole diventare/si sente uomo”
anziché “un uomo a cui è stato assegnato il genere femminile alla
nascita”, è quasi impossibile comprendere appieno quale sia la
differenza e perché quella degli uomini trans non sia ascrivibile
alla misoginia interiorizzata in un mondo sessista. Certo,
l’autrice ammette di sapere che intraprendere questo percorso sia
stata la soluzione ideale per molte persone, e si pone per la terza
volta come persona esperta, che non ha evitato il dialogo con chi è
transgender. Non posso fare a meno di chiedermi quanto fosse filtrato
dai suoi bias cognitivi, mentre la mia traduzione da Springhole.net
di cui ho messo un link sopra mi rintrona nella testa. Tra queste
persone con cui ha dialogato cita dei giovani che ha trovato
“adorabili” e “una meravigliosa donna transessuale
più grande di lei che non ha mai nascosto il suo passato da uomo gay
e solo da adulta però ha attraversato un rigoroso percorso di
valutazione, psicoterapia e trasformazione assistita.” Quindi,
le persone transgender vanno bene e sono valide, e hanno il diritto
di transizionare, ma solo dopo che sono state passate al setaccio
dall’entourage medico, endocrinologico e psicologico per
interrogarle rigorosamente sulla loro concreta volontà di passare
questo strazio, strazio documentato in modo accurato dal sito
Genderlens, anche questo tra i link precedenti. In particolare, vanno
bene le donne trans che non nascondono il proprio passato da “uomini
gay” (passato che neppure hanno tutte) e che dunque rendono noto
esplicitamente di non essere “sempre state donne vere” – frase
nella quale io non credo, ma che traspare dal discorso di Rowling.
Sempre nei link precedenti ho opportunamente documentato quanto
doversi sempre spiegare, dichiarare, dimostrare, perché persone che
transgender non sono possano sentenziare della propria esistenza, sia
pernicioso per la salute mentale delle persone transgender. Anche
l’avvocata e attivista Cathy
La Torre durante i suoi
processi insiste per evitare le lungaggini burocratiche che
affliggono le persone trans, con tanto di giudici molto poco
preparati e nomine di CTU che a volte conducono a una snervante
attesa dalle ampie ricadute psicologiche che durano anche anni.
Dopo aver parlato di
cose molto giuste, come l’ondata di recrudescenza che le donne
stanno ricevendo riguardo ai loro diritti nell’epoca di Trump, del
#metoo, degli incel, e accostando ancora una volta in maniera fallace
e offensiva tutte queste cose a coloro che osteggiano le TERF (e per
presentarle come ugualmente violente, citando solo le persone più
aggressive, meno propense al confronto onesto e pacifico: quelle che
si sono macchiate di dichiarazioni quali “dobbiamo prendere a pugni
le TERF”), J. K. Rowling scrive: “È
anche chiaro che uno degli obiettivi della negazione dell’importanza
del sesso è anche l’erodere ciò che alcuni sembrano vedere come
un’idea crudelmente segregazionista che le donne abbiano una realtà
biologica propria o una altrettanto pericolosa realtà unificante che
le rende una classe politica coesa.”
Mi
tocca citare Dana Alya Levinson,
una fan di Harry Potter transgender, che tra le altre cose è anche
artista e attivista per la causa:
“Sì,
le donne trans e le donne cis sono diverse, ma nessuna ti togliendo
nulla. Riconoscere la validità delle donne trans non toglie nulla a
te. Modificare il linguaggio per essere più inclusiva verso le donne
trans non toglie nulla a te. Le tue esperienze come donna cis restano
tali, proprio allo stesso modo in cui le mie esperienze come donna
trans restano tali. Non saranno uguali, ma quelle dell’una non
invalidano quelle dell’altra.
Ricordo il mio
coming out a una donna cis che amavo. Una delle cose che mi disse fu
che aveva sopportato così tanto sessismo in vita sua che era un
boccone amarissimo che io stessi “rivendicando di essere donna.”
Ritengo questo sentimento assai comune tra molte donne cis che non
capiscono l’identità trans. Lenta e sicura, lei ne è venuta fuori
e ha imparato, e adesso è una grande supporter della comunità
trans. Credo ancora che possa imparare e crescere anche tu. Devo
crederci. Non voglio credere diversamente.
Il fatto è che
le donne trans e le donne cis sperimentano entrambe violenza di
genere. Il bullismo senza sosta che io ho sperimentato da piccola ERA
violenza di genere. Aveva solo un aspetto diverso da quello che
devono sopportare le donne cis. Ho avuto un modico, minuscolo
ammontare di privilegio maschile prima di transizionare? Quanto
quello che poteva avere una persona che sprizzava femminilità da
tutti i pori a cui hanno assegnato il genere maschile alla nascita.
L’ho avuto con un estremo ammontare di dolore? Sì. Ma tu hai avuto
il privilegio di avere il tuo genere riconosciuto per tutta la vita,
di non aver mai dovuto lottare perché anche gli altri riconoscessero
la validità della tua esistenza. Di nuovo, l’oppressione e il
dolore non sono, o almeno non dovrebbero essere, delle gare. Sono
solo avvenuti in forma diversa.”
La sua
testimonianza, come
quella di altre donne trans,
è la chiave per comprendere la questione. Non togliere nulla, ma
aggiungere le esperienze di altre donne al discorso che riguarda il
sessismo, può solo portare a dei guadagni. Credere
che la propria realtà identitaria sia annullata solo perché al
tavolo della conversazione chiedono di partecipare altre donne è una
menzogna dettata dalla paura e dall’ignoranza. A
questo punto, trovo davvero ironico che J. K. Rowling spieghi che
l’essere donna non sia un costume da indossare o un ruolo da
recitare, che non sia l’amore per Jimmy Choo, un cervello rosa o la
macchinazione nella testa di un uomo. Proprio
per questo
la inviterei a non decretare (o
sperare che venga decretato dall’entourage medico cisgender
seguendo talvolta test psicologici assai datati come criteri di
valutazione, ad esempio l’MMPI2)
quali donne trans possano essere classificabili come reali e valide e
quali no, sulla base di stereotipi. Ma sotto sotto, ritengo molto
indicativo che abbia detto che l’essere donna non sia “un’idea
nella testa di un uomo”.
Temo sia caduta in maniera neppure troppo sottile nella retorica TERF
secondo cui come abbiamo già avuto modo di constatare le donne trans
imitano in maniera grottesca ciò che non potranno mai avere “per
biologia”. Del resto, la sostenevano sia Maya Forstater sia
Magdalen Burns, e lei le ha accreditate come vittime coraggiose di un
mondo infame.
Una volta appurato
che J. K. Rowling ritenga offensivo, disumano chiamare le persone
nate anatomicamente femmine “persone con il mestruo” o
“vaginomunite” nel tentativo di includere anche gli uomini
transgender e non binari nel discorso, perché sono gli stessi
insulti che molte donne cis hanno ricevuto dagli uomini sessisti per
una parte del loro corpo feticizzata (e la capisco benissimo, lo
confesso; non per questo ritengo che non si possa discuterne insieme
trovando una soluzione migliore), si arriva alla
parte più esplosiva del saggio.
Quella che è stata citata anche in vari titoli successivi, la più
divisiva. Quella che, secondo molte persone che hanno letto senza
abbandonare il proprio senso critico, non sia stata messa alla fine a
casaccio, ma proprio per chiudere in “bellezza” (?).
La quinta
ragione
che Rowling adduce per essere preoccupata dall’attivismo per i
diritti transgender è l’essere sopravvissuta alla violenza
domestica da parte del suo primo marito Jorge Arantes (e, come
dichiarerà in seguito, di essere stata anche stuprata quando era a
malapena ventenne, in un momento assai difficile della sua vita).
Dopo essersi consultata con la figlia ha scelto di parlarne
pubblicamente: descrive la speranza che le figlie non debbano
sobbalzare per rumori improvvisi o gente che arriva loro alle spalle
come accade a lei, chiede empatia per le donne (ovviamente cis) che
non vogliono uomini negli spazi riservati alle sole donne (e qui
lascia a mio avviso volutamente ambigua la faccenda: non si sa se
parli delle donne trans, di solito definite “un uomo col vestito”
da parte anche dei suoi riferimenti TERF, o degli uomini che si
spacciano per trans).
Malgrado sia
preoccupata per le istanze transgender che porterebbero a delle
modifiche alla legge per la transizione in tempi recenti, in realtà
Rowling non dice nulla di nuovo, giacché questa
è la stessa ragione
per cui il Michigan
Womyn’s Music Festival
è accusato
da oltre quarant’anni di essere transfobo,
e si difende con le stesse identiche motivazioni da lei addotte:
“Siccome
le donne trans sono state cresciute da maschi non hanno sofferto le
stesse discriminazioni patriarcali come le ‘donne nate donne’
(sic); hanno esperienza di privilegi maschili; noi siamo un gruppo
oppresso e abbiamo il diritto di organizzare festival che accolgano
chi ci pare; le ‘donne nate donne’ che sono state molestate o
stuprate da uomini cisgender potrebbero spaventarsi vedendo ‘donne
nate uomini’ (sic) al festival; in questo modo anche gli uomini cis
si metteranno un vestito fingendosi trans per entrare a spiarci”.
Rowling presenta
queste stesse argomentazioni come un’ovvietà derivante dalla piega
(pardon, la
deriva)
che l’attivismo sta prendendo in tempi recenti, quello secondo cui
se permetti a una persona transgender di vivere secondo il genere che
sente suo anche senza bisogno dell’immensa trafila che porta
all’approvazione del suo essere attraverso ormoni e interventi
chirurgici, “stai
aprendo la porta di camerini e bagni femminili anche a qualunque uomo
creda o si senta una donna”.
E,
sempre secondo la retorica TERF, se hai un pene sei un potenziale
stupratore esibizionista e se hai una vagina senza se nè ma una
potenziale vittima inerme.
Non è un caso infatti se Rowling non menziona minimamente gli uomini
transgender che vogliono accedere ai bagni maschili come qualunque
altro uomo, e si concentra solo su ragazze e donne cis in pericolo.
Eppure basterebbe
così poco, come ha già dimostrato Nathan Bonnì su Progetto
Genderqueer in uno dei link precedenti, come il fatto che non
esista alcuna statistica di donne trans che abbiano violentato donne
cis una volta avuto l’accesso a spogliatoi e bagni femminili, o del
fatto che non ci sia mai stato un uomo cisgender sessista e
stupratore che abbia provato a spacciarsi per una donna
(creatura che voleva degradare, creatura in cui non si sarebbe mai
sognato di immedesimarsi) per
intrufolarsi dove avrebbe potuto avere delle prede.
Questa non è altro che una paranoia – e non uso questa parola a
casaccio, perché l’ipervigilanza assume i contorni della paranoia
più spesso che no – delle attiviste TERF e di parecchie donne cis
impressionabili, ma che A CONTI FATTI non trova riscontro con la
realtà.
Visto che il governo
scozzese sta cercando di snellire le sfibranti procedure burocratiche
per dichiararsi appartenenti al genere d’elezione quando sei trans,
Rowling dichiara col vittimismo che contraddistingue molti passaggi
del suo saggio: “Sabato
mattina ho letto che il governo scozzese sta portando avanti la sua
controversa legge sul riconoscimento dell’identità di genere, una
legge per cui a tutti gli effetti a un uomo basterà dire di essere
una donna per “diventare una donna”. Questo mi ha fatto scattare.
Depressa dagli attacchi degli attivisti trans sui social media,
quando ero lì solo per parlare con i bambini dei disegni che avevano
realizzato per il mio libro durante il lockdown”. Evita
però di menzionare per l’ennesima volta che tali attacchi non
fossero piovuti a casaccio dal vaso di Pandora che lei ritiene essere
buona parte dell’attivismo trans. Evita di menzionare che fossero
stati scatenati da un errore commesso da lei stessa:
come potete leggere qui,
Rowling stava ringraziando una bambina di nove anni che aveva
disegnato la creatura di The
Ickabog,
e senza alcuna soluzione di continuità ha scritto: “In
tribunale, Wolf ha dichiarato che il post di Facebook in cui diceva
di voler ‘mandare a farsi fottere alcune TERF’ fosse solo
‘sbruffoneria’.”
Era un copincolla che per errore ha inviato nel tweet sbagliato, ma
sicuramente usare un linguaggio così scurrile per rispondere a una
bimba ha fatto scattare parecchie persone transgender e non solo.
L’autrice si è naturalmente scusata per le parolacce, ma non per
il contenuto – l’ennesimo post vittimizzante di una TERF, che
presentava al maschile una donna trans che aveva dichiarato di voler
picchiare le TERF ed era finita in tribunale per aver sferrato un
pugno. L’ennesimo
linguaggio disumanizzante che assurgeva ad esempio lampante
dell’attivismo trans una esaltata dalla quale la stessa comunità
transgender si era in larga parte discostata.
Mi
si potrebbe dire che se le mele marce stanno dappertutto, allora
anche le TERF non sono brutte come le si dipinge. Peccato
che non bisogna dimenticare che Rowling abbia sostenuto e presentato
assai bene due TERF, Maya Forstater e Magdalen Burns, le cui parole
verso le persone transgender sono state QUANTO DI PEGGIO POTESSE
ESISTERE.
Se questi per lei sono gli esempi virtuosi, Abbatto i Muri e non solo
ha provveduto a smontarne la facciata che Rowling sta costruendo per
loro. Basta tornare all’inizio del mio articolo per rinfrescarsi la
memoria. Basta fare davvero poco per mettere in prospettiva.
Come ciliegina sulla
torta, J. K. Rowling dichiara in questo passaggio che “Moltissime
donne sono giustamente terrorizzate dagli attivisti trans, lo so
perché così tante di loro mi hanno scritto le loro storie. Hanno
paura del doxing,
di perdere il lavoro o i mezzi di sussistenza, e della violenza.”
Per chi non lo sapesse, il doxing è la pratica di diffondere online
informazioni private e dati sensibili di una persona, allo scopo di
mettere a repentaglio la sua sicurezza. Vogliamo parlare del fatto
che sostenere che gli attivisti trans possano in massa fare doxing
alle donne cisgender violente nei loro confronti sia un’idiozia,
visto che nel mondo in cui viviamo sono le prime vittime di doxing
e di outing forzati che spesso e volentieri significano decretare la
loro morte letterale in un mondo transfobo, dunque è
ragionevolissimo dire che siano ancora più in pericolo delle TERF se
i loro dati sensibili subissero la stessa sorte? No, non parliamone.
La montagna di idiozie e la ferita che hanno scatenato sono già
abbastanza estese e purulente.
La
scrittrice descrive gli insulti che ha ricevuto, senza ombra di
dubbio pessimi: Voldemort, stronza, meritava la cancellazione, i
pugni e la morte. Benché io abbia solidarietà umana per le
scudisciate virtuali che ha ricevuto, visto che la violenza verbale
non serve mai a nulla, e non conduce a nulla di positivo, non credo
che definirla transfobica e TERF fosse sbagliato a questo punto, e
credo comunque che le sue posizioni siano inaccettabili. Benché
io abbia il massimo rispetto per gli abusi che ha subìto, e stia
dalla sua parte quando chiede empatia per questo, non posso cedere
alla sua percezione falsata della realtà, poiché filtrata
attraverso lenti parziali e con un atteggiamento che nasconde ciò
che non è utile per confermare la narrativa delle povere donne
cisgender vittime di immeritato odio, e presenta l’attivismo trans
degli ultimi anni come pericoloso e fuori controllo.
Rowling invita a non essere conformista, a non chinare la testa, e
per farsi forza ricorda “le
donne e gli uomini coraggiosi, gay, etero, trans, che vogliono
combattere per la libertà di parola e di pensiero e per i diritti e
la sicurezza delle categorie più deboli e vulnerabili della nostra
società: i giovani gay, gli adolescenti fragili, e le donne che
fanno affidamento sugli spazi dedicati al loro sesso e che desiderano
mantenerli tali”.
Non è una novità neppure che ci siano persone transgender
conservatrici e scarsamente preparate, di solito soubrette o YouTuber
o persone che sono vissute in un contesto altamente ovattato e
privilegiato. Efe Bal, Caitlyn Jenner e Blaire White, che immagino
Rowling addurrebbe come tra le poche persone trans ancora
ragionevoli, non sono diverse dalle tante Costanza Miriano che
avvalorano tesi sessiste e scrivono (ipocritamente se si pensa alla
loro vita privata) libri come Sposati
e sii sottomessa,
cercando di spacciarlo alle donne cis come il loro destino naturale.
Sorvolerò
su quanto Rowling sostenga le TERF che, la rincuora, dica abbiano la
possibilità di organizzarsi e far sentire la sua voce, e rendendomi
indecisa tra il ridere e il piangere dice che nessuna di loro odia le
persone transgender. Mi auguro di non dover ripetere come mai sia
falso. Dopo aver detto di non aver scritto nulla di tutto ciò per
essere compatita, chiude con: “Tutto ciò che
chiedo – tutto ciò che desidero – è che lo stesso tipo di
empatia, di comprensione, venga estesa alle milioni di donne il cui
unico crimine è desiderare che le loro preoccupazioni vengano
ascoltate senza per questo ricevere minacce e abusi.”
Ammetto di avere
empatia per lei. Capisco come possa sentirsi e so che è
terrorizzata. La vedo come una sopravvissuta depressa e spaventata,
segnata dagli abusi subìti, che è troppo congelata dall’orrore
per processare e digerire le informazioni sulle persone trans, e si
aggrappa a ciò che le è più familiare (esperienze parziali di
donne cis che le dicono che vada bene giudicare pericoloso chiunque
abbia il pene e dichiari di essere donna) per trovare delle
coordinate in un mondo che proprio non riesce a comprendere. Se penso
a cosa possa aver vissuto mi verrebbe voglia di esprimerle la mia
vicinanza emotiva, e spero e credo che abbia avuto moltissime persone
nel corso degli anni che siano state in grado di sussurrarle una
semplice, potente verità: nulla
di ciò che le è successo era colpa sua, non avrebbe dovuto fare
nulla di diverso per prevenirlo, e ha diritto ad una vita serena con
lo stesso marito che la ama e la famiglia che la sostiene.
Tuttavia, non
posso dimenticare la mia empatia per le centinaia di persone trans
fan di Harry Potter che sono agghiacciate dal suo saggio, e che sono
vittime anch’esse, spesso, di abusi inenarrabili. Persone
transgender e non binarie che come Dana Alya Levinson si sono
riconosciute nelle lotte di Harry Potter e dei suoi amici, hanno
elaborato i lutti attraverso i suoi lutti, si sono sentite
legittimare dal messaggio di amore, accoglienza, magia al di là del
cupo e grigio mondo Babbano, si sono convinte che fosse possibile
trovare un mondo che le accoglieva e degli amici veri che sarebbero
stati sempre al loro fianco, e hanno fantasticato su una lettera da
Hogwarts. I fan transgender e non binari che hanno aspettato il conto
alla rovescia di mezzanotte per fiondarsi in libreria quando usciva
l’ultimo libro della saga e hanno affollato le prime
cinematografiche e teatrali dei nuovi film e spettacoli ispirati al
mondo magico. I fan transgender e non binari che hanno gestito per
anni gdr a tema potteriano, che facevano cosplay dei personaggi di J.
K. Rowling a ogni fiera che lo permetteva. I fan transgender e non
binari che hanno accettato se stessi immedesimandosi nelle
interpretazioni queer di alcuni personaggi della saga anche se non
erano del tutto “canonici” né approvati dall’autrice stessa. I
fan transgender e non binari che avevano abbracciato il messaggio
secondo cui una razza magica pura non esiste, che anche le persone
figlie di Babbani sono vere streghe o veri maghi, e in un inferno di
bullismo transfobico si erano aggrappate all’universo fantastico
creato dalla saga Potteriana, saga che spesso li ha letteralmente
tenuti in vita quando non avevano accesso agli stessi canali YouTube
e linee guida rispettose che Rowling e Littman osteggiano.
I fan
transgender e non binari che non hanno una piattaforma altrettanto
grande di J. K. Rowling né una risonanza così vasta da poter
piangere per i loro traumi chiedendo empatia e sfogare le proprie
preoccupazioni su una tematica che non conoscono bene, ma che va a
danneggiare una minoranza oppressa anche più delle donne cisgender.
I fan che hanno vomitato, pianto, sofferto, hanno avuto attacchi di
panico, sono stati profondamente delusi, si sono sentiti ferire a
morte, e coi quali mi sono confrontata dopo l’uscita del saggio,
vedendosi disconoscere così dall’autrice che aveva insegnato loro
che esiste un potere che uno stregone razzista come Voldemort non
conosce. Un potere più meraviglioso e più terribile della morte,
dell’intelligenza umana e della natura, forse il più misterioso
dei molti soggetti studiati nell’Ufficio Misteri. I fan che si sono
sentiti rassicurati, in un mare di odio transfobo a loro rivolto,
dall’affermazione di Rowling secondo cui i razzisti come Voldemort
non hanno mai afferrato la verità che tutti hanno un potere che
appartiene a chiunque e va oltre il suo, fuori dalla portata di
qualunque magia: l’amore. Molti
di loro avevano evitato il suicidio durante l’adolescenza, e si
erano dati una possibilità di intraprendere il percorso (Dana Alya
Levinson in testa) anche perché avevano provato grande ispirazione
nel leggere di questo ragazzino occhialuto, mingherlino, orfano,
maltrattato dagli zii e a scuola, che è un mago senza sapere di
esserlo, ma deve scoprirlo presto, perché il mondo ha bisogno di
lui.
La psicoanalisi
freudiana dice che il contrario dell’amore non è l’odio, ma la
paura. E J. K. Rowling ha dimostrato di avere tanta paura di ciò che
non conosce, malgrado abbia fatto di tutto per rappresentarsi in
quanto persona coltissima in materia, cosa che rende ancora peggiori
le sue dichiarazioni. Questo
fa di lei a tutti gli effetti una persona che soffre di transfobia.
Una persona transfoba che appoggia il femminismo radicale trans
escludente.
Dopo averle augurato di essere trattata sempre con rispetto, empatia
e accoglienza dalle persone che le sono più vicine, non posso che
augurarle di lavorare sui suoi traumi con un’adeguata assistenza
psicologica (se l’ha già avuta, evidentemente non era abbastanza),
in modo da smettere di sentirsi minacciata da ogni persona che abbia
il pene anche se si sente donna come lei, o di sentire che sia il
caso di assimilare alle proprie le esperienze di ogni persona che
abbia la vagina anche se si sente uomo a differenza di lei. Perché
francamente le persone transgender e non binarie meritano più di
questo. Meritano di vivere appieno anziché sopravvivere e basta,
innanzitutto. E io sto sempre dalla parte di chi rimette di più
dalla propaganda che lei ha scelto di appoggiare con una buona dose
di vittimismo, cherry picking e preconcetti terribili.
Commenti
Posta un commento